Appunti a margine di un dibattito
Mercoledì 15 Novembre, si è tenuto un dibattito online tra Doc(k)s, Demetrio Marra di lay0ut magazine e Christian Nirvana Damato di Inactual su editoria, riviste indipendenti, web, social e forme di resistenza. Tutte questioni che meriterebbero molto più tempo ed attenzione. Nell'articolo di oggi, a cura di Doc(k)s, sono appuntati i nodi principali di questa ricca conversazione con la promessa non solo di approfondirli in futuro ma anche di scioglierli sperimentando qualche soluzione pratica.
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Il mercato editoriale ha visto esplodere il fenomeno delle riviste indipendenti anche grazie all’abbattimento dei costi di produzione e di distribuzione consentito dalla digitalizzazione. L’online ha offerto più o meno a chiunque la possibilità di aprirsi un varco e di costruirsi una nicchia all’interno dell’industria culturale. Tuttavia, come ci hanno raccontato sia Christian che Demetrio, molt* di quell* che a vario titolo si occupano di riviste indipendenti, sperimentano abbastanza rapidamente l’insufficienza della mera presenza online. Si possono avere anche migliaia di visualizzazioni e followers ma a questa dimensione quantitativa non corrisponde la capacità di lasciare una traccia, di sedimentare un punto di vista, di produrre una trasformazione delle predisposizioni soggettive e collettive. Forse, ed è un primo nodo da sciogliere, all’arricchimento del panorama editoriale, la digitalizzazione ha fatto corrispondere una perdita di peso della capacità «politica» delle riviste indipendenti. Se, come ha suggerito Christian, guardiamo ai freddi dati statistici, il verdetto è spietato: il tempo di permanenza di un* utente sulla pagina singola di una qualsiasi rivista online è brevissimo, in ogni caso insufficiente per la lettura di un qualsiasi contenuto di una decina di migliaia di battute. Non serve altro a dimostrare come la digitalizzazione, soprattutto nella forma social network, se ha offerto qualche possibilità di indipendenza editoriale dall’altro si è letteralmente mangiata l’attenzione di tutt* noi.
Insieme a questa perdita generale del livello di attenzione medio, il funzionamento strutturale dei social network ha prosciugato gli spazi di discussione profonda e di confronto attento, ed ha favorito la produzione di nicchie di simili, frantumando in bolle la sfera dell’opinione pubblica.
Difronte a questa situazione, dopo aver constatato l’insufficienza della mera presenza online, molte riviste tentano di passare dal digitale al cartaceo incontrando però una serie di difficoltà, in primo luogo economiche. Produrre un solo numero cartaceo infatti può arrivare a costare migliaia di euro, risorse che quasi sempre non si posseggono o non si riescono a reperire. Ma allora, quale può essere la soluzione? Come si può assecondare la legittima aspirazione di essere letti, usati e criticati, da un pubblico attento, senza andare dietro alla logica del clickbaiting tipica dei social? Come si possono rendere le riviste uno strumento efficace di diffusione di pensiero critico, in un contesto non solo sempre più desertificato ma, come con acutezza ha detto Demetrio, segnato da una virtualizzazione di tutti gli ambiti della vita (a partire da quello più importante: l’istruzione e la formazione) dentro la logica sempre più astratta e metaforica della performance? Forse la rivista non basta più a sé stessa perché, come ha sottolineato Christian, spesso è uno spazio circoscritto, angusto aggiungiamo noi, abitato dalla nicchia elitaria che si è riuscit* a raccogliere. Sia Christian che Demetrio, anche se con sfumature diverse, ci hanno suggerito allora che la soluzione va ricercata al di fuori dell’editoria, noi diciamo nella produzione di luoghi di aggregazione, di socializzazione, di condivisione di saperi e di critica, di sperimentazione di forme artistiche, nella di produzione di comunità aperte e cooperanti, che superino la frantumazione in bolle e nicchie. In altre parole nell’incontro fisico, oltre il digitale e oltre il cartaceo, dove la rivista o più in generale l’editoria, che non vanno abbandonate ma al contrario rafforzate, possano sprigionare in una qualsiasi forma tutto il loro potenziale di avanguardia. Forse solo così, potremo scoprire un tempo ed uno spazio al di là della crisi e salvaguardare, come ha suggerito Demetrio, l’esigenza potentissima di fare arte e critica.
Qui la prima parte del dibattito.
Qui la seconda parte del dibattito.
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Doc(k)s è un'associazione di promozione sociale che si occupa di formazione, cultura e forme di aggregazione sociale.
Qui il testo di presentazione del progetto.
Per info scrivere a: docksaps@gmail.com
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