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Tra creazione e distruzione. I tempi corti della conversione ecologica






È in pubblicazione in questi giorni il libro di Enzo Scandurra La svolta ecologica. Ultima chance per il pianeta e noi, che segue il suo precedente libro sugli stessi temi, Biosfera, l’ambiente che abitiamo. Dice Scandurra: «Siamo in presenza di un collasso narrativo; mai le narrazioni ufficiali sono state così lontane dalla realtà, mai il pianeta, la nostra casa comune, è stato così in bilico, prossimo a una apocalisse climatica. Il pensiero dominante ci dice ossessivamente che è il singolo individuo che conta, e il consumismo delle merci ha favorito questo tragico pensiero perché ognuno può soddisfare illimitatamente la propria «libertà» di consumo, celebrare la propria indipendenza dall’altro. L’indipendenza dall’altro, dal Pianeta, potrebbe sembrare una liberazione, ma di fatto non lo è: siamo tutti dipendenti gli uni dagli altri; in ogni manifestazione del vivente ogni cosa è connessa ad ogni altra. Tanto più saremo liberi quanto più trasformeremo questa «dipendenza» in una relazione virtuosa che ci riallinei con le leggi della natura». Come contraltare a queste tesi sull’«apocalisse climatica» pubblicheremo domani, nella sezione «sestanti», un testo di Franco Piperno dal titolo: Pilotare il clima planetario: un disegno autoritario.


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O la immaginazione tornerà in vigore, e le illusioni riprenderanno corpo e sostanza in una vita energica e mobile, e la vita tornerà ad essere cosa viva e non morta, e la grandezza e la bellezza delle cose torneranno a parere una sostanza, […]; o questo mondo diverrà un serraglio di disperati, e forse anche un deserto.

Giacomo Leopardi. Zibaldone



Nei pochi minuti che i telegiornali dedicano alle previsioni meteorologiche, sentiamo continuamente ripetere frasi del tipo: «bel tempo soleggiato», oppure «piovaschi», o ancora «neve sui rilievi appenninici e sulle Alpi», come se i devastanti cambiamenti climatici cui assistiamo – purtroppo sempre più frequenti – non esistessero. Altra comunicazione che si ripete è: «l’economia va bene, l’occupazione è salita a livelli pre-lockdown, la macchina della crescita corre a pieno ritmo, i consumi sono risaliti». Le principali agenzie di rating, Ficht, Moody’s, Standard & Poor’s promuovono il Paese per il suo comportamento virtuoso. L’Italia è elogiata dai giornali esteri per come ha affrontato il problema dell’epidemia (che nel frattempo continua indisturbata la sua opera devastatrice). L’importante, dunque, è la Santa Crescita all’altare della quale vanno sacrificate salute e benessere degli umani e del pianeta. Purtroppo le notizie importanti sono altre; quelle non dette dai media ci avvertono che potremmo essere arrivati a un punto di non ritorno, sull’orlo dell’abisso, per dirla con Jonas: il pianeta va velocemente riscaldandosi con tutte le tragiche conseguenze. Semmai, in Tv, è fra le notizie di cronaca che si sente parlare di: frane, dissesti idrogeologici, smottamenti, crolli, alluvioni, tornadi, scioglimento dei grandi ghiacciai, innalzamento della temperatura media degli oceani, esondazioni di fiumi, barconi affondati nel Mediterraneo, e, ultima arrivata, la pandemia. Di queste se ne parla come fossero «disgrazie» che si susseguono sempre più frequenti nel tempo, come fossero solo perturbazioni anomale, danni collaterali (della crescita). Anche la pandemia – ci rassicurano – sembra essere sotto controllo grazie ai vaccini che l’industria farmaceutica ha messo a disposizione – per adesso e poco generosamente – del solo Occidente. Dunque tutto bene? Niente affatto, mai come ora, siamo stati così vicini al collasso degli equilibri che regolano la biosfera, diventata nel frattempo melmosfera per l’assordante frastuono di notizie e fake news, guerre, macerie e miserie. Questi eventi restano, nel racconto dei media, separati; è negata ogni correlazione tra di essi; apparentemente «disgrazie» del destino cinico e baro cui occorre far fronte con l’uso di tecnologie sempre più avanzate. Nel frattempo il Pil cresce, e con esso l’economia, aumentando diseguaglianze e miseria in larga parte del mondo, ormai anche occidentale. Eppure è evidente che la principale causa della pandemia è il consumo di suolo, la deforestazione, l’allevamento intensivo degli animali. Lo spillover (il salto di specie dagli animali all’uomo) è favorito, in ultima istanza, dal degrado ambientale causato da una arroganza prometeica che spinge la specie umana oltre i limiti biofisici consentiti della biosfera. Quello stesso degrado prodotto dal consumo di energie fossili che fanno salire la temperatura del pianeta, così come sono dovuti alla stessa causa: frane, dissesti e inediti fenomeni atmosferici. Oggi il capitalismo è riuscito a liberarsi da ogni costrizione; sollevato da ogni riferimento al progresso. Lascia che «i suoi pagliacci zombificati promettano la salvezza attraverso l’innovazione»; la sua ecologia è destinata alla distruzione del tessuto della vita ed è contro questa opera di distruzione che devono articolarsi i principi della lotta politica [1]. C’è una macabra ironia tra l’iniziativa che ha mandato in orbita (dicembre 2021) il più grande telescopio mai realizzato per scoprire le origini dell’universo e la minaccia di una estinzione della specie umana, troppo aggressiva e arrogante per meritare (forse) di sopravvivere. L’elemento più critico dello sviluppo capitalistico risiede proprio nella distruzione della diversità, per la sistematica tendenza a unificare ogni aspetto del reale sotto la categoria della merce e la misura del profitto. Ma la vita è basata sulla diversità, senza diversità l’organismo muore; il Pianeta muore. Alla 26esima Conferenza delle Parti (Cop 26) a Glasgow, nel 2021, si è definitivamente archiviata la possibilità, a breve, di mantenere il riscaldamento climatico sotto la soglia di 1,5° C. Altre sono le preoccupazioni dei nostri governanti e dei poteri dominanti: il gas, il carbone, il nucleare, l’energia, la crescita. Bisogna forse arrendersi a questo stato di fatto? Prima o poi le disuguaglianze insopportabili prodotte da questo sviluppo creeranno le condizioni di una grande mobilitazione dal basso, già osservabile nei movimenti a difesa del clima. Forse i governi, fino a ora poco sensibili, saranno costretti dalle condizioni oggettive a prendere provvedimenti che non hanno mai potuto o voluto prendere. Ma basterà? Questa conversione (ecologica) richiede molto di più che provvedimenti presi dall’alto. Richiede cambiamenti degli stili di vita, maggiore sobrietà e un atteggiamento di cura del Pianeta; ovvero essa non può che partire dalle comunità e dalle singole persone. Dopo, o contemporaneamente, forse verranno le decisioni e i provvedimenti dei governi. Siamo in presenza di un collasso narrativo; mai le narrazioni ufficiali sono state così lontane dalla realtà. Occorre tutta la creatività delle persone per far nascere il mondo nuovo. Occorrono parole nuove, restituire senso a quelle vecchie svuotate dai media, occorre dare esempi di virtuosità, occorre che le comunità, costituitesi intorno alla questione ambientale, facciano sentire più forte e alta la loro voce, che scuola e università riprendano la loro tradizionale funzione di produrre conoscenza disinteressata, occorre, come ci ricorda Papa Francesco, ricominciare a sognarlo questo mondo nuovo. E sognarlo significa togliere tutte quelle incrostazioni e quelle abitudini di pensiero, quelle frasi e quelle parole cui il neoliberismo ci ha assuefatti e costretti a una resa incondizionata. Molti anni fa un pensatore anarchico, Kropotkin (1842-1921)[2], scrisse un libro, Mutual Aid (mutuo soccorso) per confutare la vulgata darwiniana secondo la quale sopravvive il più forte. Darwin non l’aveva mai detto; l’espressione da lui usata era: sopravvive il più adatto. Ma l’epoca positivista e scientista dello sviluppo (l’Ottocento) esigeva questa affermazione e così sociologi, politici (tra cui lo stesso Karl Marx) manipolarono le intenzioni di Darwin, inventando la falsa narrazione della competizione selvaggia e della legge del più forte, del più furbo, del più abile; le premesse storico-culturali al neoliberismo del XX secolo. Kropotkin, filosofo, zoologo, geografo, dimostrò che l’atteggiamento cooperativo, il mutuo soccorso, è presente in quasi tutti gli animali con pochissime eccezioni. Essi vivono in branchi e si aiutano a vicenda, perché questa è l’arma migliore per sopravvivere; anzi, si tratta di una vera e propria legge della natura e di un fattore determinante dell’evoluzione. I più adatti, pertanto, non sono i più forti fisicamente, né i più scaltri, ma coloro che imparano a unirsi in modo da sostenersi reciprocamente, tanto i forti quanto i deboli, per la prosperità della comunità. Non a caso le specie viventi più diffuse sono i virus e i batteri, i primi antichissimi abitatori del pianeta. Il neoliberismo ci ha invece insegnato che è l’individuo isolato che conta e il consumismo delle merci ha favorito questo tragico pensiero perché ognuno può soddisfare illimitatamente la propria «libertà» di consumo, esaudire ogni desiderio, celebrare la propria libertà e indipendenza dall’altro. L’indipendenza dall’altro, dal Pianeta, potrebbe sembrare una liberazione, ma di fatto non lo è: siamo tutti dipendenti gli uni dagli altri; tanto più saremo liberi quanto più trasformeremo questa «dipendenza» in una relazione virtuosa. Contro questo pensiero, vera e propria pulsione di morte, dobbiamo mobilitarci per ritrovare il gusto di sederci insieme alla tavola imbandita, ma non, come accade nel finale del film, Don’t look up, per rassegnarci definitivamente al «destino» della morte, quanto piuttosto per celebrare la festa dell’amicizia con il Pianeta, un nuovo inizio, una nuova era all’insegna del rapporto che lega noi a tutte le altre cose della creazione. Resta il fatto che l’uomo si è spinto molto avanti nella distruzione della natura ed è assai improbabile, anche se non impossibile, che possa d’un colpo comportarsi in modo assolutamente diverso. Ciò nonostante, bisogna agire come se ci fosse una chance, persino se personalmente si nutrono seri dubbi al riguardo.



Note [1] I. Stengers, Cosa richiede oggi la lotta politica?, su «La città invisibile», 9 febbraio 2022, laboratorio politico «per un’altra città». [2] P. Kropotkin, Scienza e anarchia, elèuthera, 2011.



Immagine: Nanni Balestrini, Tristanoil, 2012

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