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Tempo ed Utopia sono due parole chiave fondamentali del presente. Alessandro Guerriero è uno dei protagonisti più influenti del design contemporaneo, da lui è generato lo Studio Alchimia e innumerevoli altri fatti di design. La sua opera ha a che fare con la poesia, e come in ogni vero poeta, il suo pensiero sia alza fuori dal tempo.


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Penso che tutti gli oggetti che ho fatto per Alchimia siano una grande collezione di souvenir.

È una grande collezione concepita come fosse un museo di oggetti che appartengono alla fine del XX secolo: ognuno dei quali orientato ad indicare un possibile modo di addentrarsi verso una problematica del futuro prossimo.

È una grande collezione non conosciuta che sfugge alla catalogazione in un'epoca di profonde trasformazioni dei modi di vivere, disinteressata al presente.

Parlo di presente che è in stretto rapporto con la parola tempo.


Esiste un concetto di tempo per il quale varie cose diventano obsolete in fretta e chiedono un ricambio, una rigenerazione della formula.

Non ho mai cessato di pensare al tempo e di descrivermi secondo il tempo, di pensare ad una antichità o a una modernità o ad una post-modernità.

Certamente una trasformazione fondamentale è avvenuta con l’introduzione del Post-moderno, che significa un cambiamento profondo di mentalità verso la tecnologia, la cultura, la scienza o la politica, dove è stato messo in crisi il concetto di progresso e lo si è sostituito con un senso di circolarità dei sistemi della vita.

Dico circolarità come progetto ciclico, nel senso che nulla può accadere che non sia già accaduto e nulla può avvenire se non conformandosi al già avvenuto.



L’uniformità, come identica riproduzione delle forme e delle specie, è il tratto caratteristico di questo tipo di temporalità dove si registra un’identità tra il fine e la fine.

Nel tempo ciclico non c’è rimpianto e non c’è attesa.

La trama che lo percorre non ha aspettative né pentimenti.

Nel tempo ciclico non c’è futuro che non sia la semplice ripetizione del passato e non c’è nulla da attendere se non ciò che deve ritornare.


Il magazzino degli stilemi del passato è tutto attualizzabile e in quegli anni di euforia tutto è stato molto scenografico, molto eclettico, sovraccarico di informazioni visive, tutto si è accumulato, tutto è deposito di memoria e contemplazione anche la sensibilità verso l’oggetto è cambiata.

Ma ecco gli anni 90 che da questo punto di vista vedono una persona più disincantata, queste esperienze le ha fatte e chiede più introversione.

Allora oggetti più meditativi, più legati al reale, più controllati sulle qualità dei materiali... come se il progettista fosse Prometeo, colui che pensa in anticipo.

L’uomo qui si ricompone in un suo nuovo equilibrio nel momento in cui riesce ad ottenere un certo grado di solitudine e di isolamento, qui si fanno nuove proposte, qui si modificano le abitudini.

Rispetto al tempo ciclico, che è il tempo della natura in ordine agli individui si presenta il tempo progettuale che è il tempo dell’individuo in ordine alle sue intenzioni.

Questa temporalità non guarda più al passato ma al futuro come per raggiungere un obiettivo.

Ma se l’interrogazione non riguarda il domani ma l’ultimo giorno, se lo scopo si dispone lontano fino ai confini, allora la progettualità si dissolve a favore di un’altra temporalità che è fuori della nostra portata.

E’ il tempo dell’utopia.

E i progetti utopici nascono quando si dilata smisuratamente il campo tra presente e futuro.

Il tempo utopico si ribella alla insignificanza della ciclicità della natura e alla brevità della progettualità dell’individuo.

Penso non si possa quindi parlare di una realtà del tempo, ma solo di figure che, intrecciandosi in modi diversi, generano quelle rappresentazioni e quei sentimenti del tempo che, di momento in momento, caratterizzano il nostro e il mio modo di abitare.



Altro è infatti abitare la salvezza, altro la speranza, altro il progresso, altro l’utopia.

Quest’ultimo è il luogo delle problematiche vaste, estese, lontane.

Questo è il luogo dove il progetto solitario, possessivo, unitario, controllato, si mescola al progetto superficiale, indifferente, ambiguo nell’ipotesi che l’uomo oggi è una somma di individualità in accordo ma anche in contrapposizione tra loro.

Questo è il luogo dove si ri-disegna continuamente l’immagine del mondo, dove i grandi opposti naturale e artificiale, design e arte, si scambiano ruoli e valori e dove artigianato, informatica, materiali e metodi possono far rivivere la nostra vocazione poetica.

Questo è il luogo della vertigine progettuale, dei nuovi feticci, degli scenari psicologici, di una possibile autoproduzione, di nuovi alfabeti decorativi, di nuove emittenti visive, di nuovi giocattoli religiosi, della nuova estetica per una possibile terremotazione degli oggetti.



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