top of page

Sicurezza relativa

Aggiornamento: 19 set

Estratto da Giù in metrò. Società, arti e culture


Immagine: Luca Gricinella
Immagine: Luca Gricinella

Esce oggi Giù in metrò. Società, arti e culture di Luca Gricinella. L'autore ripercorre i tanti volti del treno veloce, mettendo al centro le culture e le arti che nel sottosuolo hanno trovato terreno fertile per esprimersi: cinema, letteratura, musica, street art, danza, moda, fotografia.

Pubblichiamo oggi un estratto che racconta come la metropolitana, oltre a spazio quotidiano e culturale, diventi anche luogo di controllo, conflitto e resistenza: dai presidi armati in situazioni di emergenza alle proteste contro la polizia a New York, fino alle performance artistiche clandestine nella Londra degli anni ’70.


***


Quando ci sono emergenze che costituiscono delle minacce per la sicurezza pubblica, in molte città gli spazi del metrò diventano presidiati dalla polizia o addirittura dall’esercito, come accade a Parigi ogni volta che viene attivato il piano antiterrorismo Vigipirate, che ha diversi livelli di allerta. Nel film del 2019 Il paradiso probabilmente, diretto e interpretato dal palestinese Elia Suleiman, c’è una scena ambientata proprio nel metrò parigino, nella stazione Convention, in cui cinque poliziotti seguono scrupolosamente, a distanza ravvicinata, i movimenti dell’unica passeggera presente sulla banchina, un’innocua signora che cammina avanti e indietro con due borse della spesa e sembra essere indifferente alle persone in divisa che la tallonano, tra cui una che brandisce lo sfollagente. All’inizio del 2020, a New York, ci sono state varie manifestazioni di protesta contro l’aumento della presenza della polizia in metropolitana, deciso, come ha dichiarato l’azienda dei trasporti locali, per contrastare il fenomeno di chi non paga il biglietto e per migliorare la «qualità della vita» nei treni. I manifestanti, oltre a rivendicare il diritto delle classi meno agiate di utilizzare i mezzi pubblici, anche di chi non può proprio permettersi di pagare il biglietto, scandivano slogan come «How do you spell racist? Nypd» (che in italiano si può rendere con «Come si scrive razzista? Polizia di New York»). L’omicidio di George Floyd a Minneapolis da parte di quattro poliziotti sarebbe avvenuto pochi mesi dopo, portando alla ribalta internazionale le istanze del movimento Black lives matter, ma in tutti gli Stati Uniti la lotta contro la profilazione razziale, come noto, ha radici profonde (per prenderne atto basterebbe rivolgersi al cinema, anche alle generazioni precedenti a quella di Spike Lee, e alla musica, non solo al rap). A dare vita a queste proteste nei dintorni di importanti stazioni della metropolitana newyorchese è stata una coalizione di organizzazioni di base nata a novembre del 2019 e di cui fa parte anche Decolonize this place, un noto collettivo artistico che definisce le proprie «lotte interconnesse» e soprattutto «anti-coloniali, anti-imperiali, anti-patriarcali e anti-capitaliste ». La costituzione di questo movimento è avvenuta pochi mesi dopo che l’allora governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo, aveva annunciato l’incremento degli agenti nella rete metropolitana per le ragioni dichiarate dalla stessa azienda dei trasporti, e circa una settimana dopo che in un video diventato virale sui social media si vedeva un poliziotto puntare la pistola contro un diciannovenne afrodiscendente eduto all’interno di un vagone abbastanza affollato e sospettato di essere armato: il ragazzo è apparso inoffensivo, ha subito alzato le mani in alto, ma è stato presto placcato da un gruppo di agenti e, alla fine, visto che non era armato, fermato per non aver pagato il biglietto. La coalizione si chiama Ftp, che principalmente è l’acronimo di Fuck the police, anche se le organizzazioni che la animano suggeriscono altri significati come Feed the people, Fight the power, Fuck the prisons, Fuck the profits ecc. Su alcuni dei volantini di Ftp si possono leggere varie denunce e rivendicazioni, come ad esempio «Cosa fa la polizia nella metropolitana? Di certo criminalizza le persone nere e marroni e i poveri, punendo pubblicamente chi non può pagare», o ancora un elenco di persone che dovrebbero viaggiare gratis sulla metropolitana tra cui i discendenti dei lavoratori delle comunità indigene che hanno costruito ponti e grattacieli, le comunità nere e marroni che sono state segregate dai complessi immobiliari di proprietà della metropolitana e i discendenti degli immigrati che hanno scavato le gallerie e posato i binari. Il videoclip di Bullet From A Gun, brano del 2019 dell’artista grime Skepta, è interamente girato sulla banchina della fermata di Camden town della metropolitana della sua città, Londra. Quando il testo della canzone fa riferimento alla brutalità della polizia appaiono due agenti che si dirigono verso due giovani e ne aggrediscono uno con violenza per il semplice fatto di avere l’aspetto di chi arriva dalla periferia e di aver posato una sigaretta sulle labbra, senza neanche accenderla. Un’altra metropolitana storicamente molto presidiata dagli agenti di sicurezza è proprio quella londinese, che dal 1949 ha la sua polizia specializzata. Nei due anni in cui ha vissuto a Londra, l’artista milanese Giacomo Spazio ha realizzato delle performance non autorizzate proprio nella metropolitana della capitale inglese. Era il 1979, Spazio aveva ventidue anni e nello specifico si vestiva in maniera elegante, un po’ nello stile dei rude boy inglesi più stilosi, con giacca, camicia e le creeper ai piedi, ma soprattutto si appoggiava a un bastone, perché la performance consisteva nel fingersi cieco e ballare sulla musica che usciva da un ghettoblaster che aveva con sé, di solito brani reggae oppure dei Beatles. A inizio e fine performance al suo fianco c’era un amico, in modo che la figura dell’accompagnatore rendesse tutto ancora più credibile. Si trattava di performance estemporanee, fatte per piacere sfruttando una dote: l’abilità a non muovere occhi e ciglia anche quando le persone più sospettose si avvicinavano con le mani alla sua faccia. La gente, infatti, in alcuni casi interagiva, metteva alla prova il ballerino non vedente. Le performance avvenivano o nell’ultimo vagone, più defilato e un po’ meno affollato, o in alcuni punti tattici di Charing cross, quegli angoli della stazione che la polizia in servizio difficilmente vedeva facendo i suoi classici giri. Così, alla fine, la polizia non è mai intervenuta durante una di quelle sue performance, nonostante la folta presenza di agenti.


***


Luca Gricinella (1973) è un giornalista culturale, ha collaborato con varie testate giornalistiche tra cui «Rumore», «il manifesto», «Maremosso», «Il Tascabile», «Vivilcinema» e altre. Ha pubblicato per Agenzia X i saggi Rapropos. Il rap racconta la Francia (2012) e Cinema in rima. La messa in scena del rap (2013). È l’unico autore italiano presente nell’antologia Seismographic Sounds. Visions of a New World (2015). Vive a Milano e frequenta il metrò da oltre quarant’anni.


Per approfondire:


ree

2 commenti


Stickman Hook: millions play it, and here’s why. Get tips, explore features, and swing to the finish!

Mi piace

Thank you for the helpful article! For Strands hints and answers, I recommend checking out this link: nyt strands hints. It’s my go-to for daily hints.
Mi piace
bottom of page