Opportunismo, paura, cinismo nell’età del disincanto

Un contributo al «Convegno sul decennio Ottanta» in preparazione per il prossimo festival di DeriveApprodi, che si terrà a Roma la prossima primavera. Si tratta di un testo riferito al progetto di ripubblicazione, per il prossimo maggio, di un volume collettaneo che è stato fondamentale per la comprensione di quel decennio: Sentimenti dell’aldiqua. Opportunismo, paura, cinismo nell’età del disincanto. L’autore di questo contributo, Marco Mazzeo, oltre che curatore, con Adriano Bertollini, della sezione «Sintomi» di Machina, è curatore di «Forme di vita», la collana di DeriveApprodi nella quale comparirà la ripubblicazione in questione.
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Siamo nel 1990. A sorpresa, un libro scala le classifiche di vendita del Bel Paese. Il volume conterrebbe tutte le premesse per un sonoro fallimento: scritto a più mani, non ha curatore; pubblicato da una piccola casa editrice, si occupa dell’intreccio tra filosofia e politica. Sentimenti dell’aldiqua si rivela, invece, un successo commerciale, un testo spartiacque che rianima un panorama teorico intorpidito dalla vacua euforia degli anni Ottanta.
Ecco, secondo il testo, le nuove tonalità affettive di una Terra finalmente a disposizione del sistema di produzione neoliberale: l’opportunismo di chi coglie l’occasione al volo per riempirsi le tasche; il cinismo dello sguardo arreso a un mondo giudicato immodificabile; la paura per qualcosa che non si comprende (le migrazioni, la continua innovazione tecnologica, la crisi degli Stati-nazione) indistinguibile da uno stato cronico d’angoscia.
Il volume, si badi, non tradisce alcuna nostalgia. Insiste, piuttosto, sul profilo ambivalente e potenzialmente sovversivo delle passioni di fine millennio. L’opportunismo è alla base dei comportamenti spietati del broker, certo, ma è anche il pathos necessario per il carpe diem di chi rovescia l’ordine costituito. Il magma indistinto tra paura e angoscia è brodo di coltura per il pensiero reazionario e, allo stesso tempo, linfa vitale per non assuefarsi a un mondo organizzato secondo le categorie, queste sì davvero paurose e angosciose, di «forza-lavoro», «plusvalore» o «mercato». Il cinismo che insiste sulle sconfitte di chi ha provato senza successo a cambiare il mondo può animare, con uguale disincanto, lo sguardo verso la macchina economica che promette progresso e invece costringe a nuove schiavitù.
Per questa ragione, oggi più che mai, Sentimenti dell’aldiqua si rivela un libro attuale, anzi un libro necessario. Dopo trent’anni, l’intreccio dei saggi che compongono la raccolta (tra gli altri: Paolo Virno, Massimo De Carolis, Franco Piperno) illumina con straordinaria chiarezza le radici della scena politica contemporanea, quella per intenderci del lavoro precario e del populismo complottista, della fine della storia e della guerra senza fine.
Di seguito il testo del risvolto di copertina della prima edizione del libro realizzata dalla casa editrice Theoria nel 1990.
Gli anni Ottanta sono stati caratterizzati dalla perdita di alcune centralità.
In politica: l’idea di un pensiero progettuale «forte» è andata in crisi e insieme si è assistito all’eclissi di un orizzonte di cambiamento totalizzante, che aveva invece infiammato il decennio precedente. Nel lavoro: il post-fordismo ha celebrato i suoi fasti rompendo la rigidità del processo produttivo, valorizzando nelle nuove mansioni la precarietà e lo sradicamento, sviluppando le attitudini a cogliere di volta in volta le diverse opportunità offerte dalla scacchiera sociale. Nella cultura: il post-moderno ha trionfato e, con esso, la sua «felice» rassegnazione al «qui e ora», il suo elogio indiscriminato delle «differenze».
Questo libro cerca di saldare i conti con gli anni Ottanta riattivando un pensiero critico all’altezza delle trasformazioni intervenute. Per questo sceglie di esaminare da vicino il punto in cui tutti i mutamenti (della politica, del lavoro, della cultura) convergono: i sentimenti e le tonalità emotive di questa età del disincanto e, più precisamente, tre figure-cardine, la paura, l’opportunismo, il cinismo. Non in chiave di valutazione psicologica o morale, ma in quanto maschere dell’età contemporanea, modalità e stili emersi come risposte sintomatiche a una modernizzazione e a uno sradicamento senza precedenti.
Oggetto comune dei vari saggi è, insomma, quello che è stato chiamato il «cattivo nuovo» e cioè quelle forme di vita e di soggettività che hanno posto il decennio appena trascorso sotto il segno della «restaurazione» e dell’acquiescenza.
Immagine: Gianni Sassi
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Marco Mazzeo insegna Filosofia del linguaggio all’Università della Calabria. Tra i suoi libri più recenti: Wittgenstein filosofo della storia (Quodlibet 2021). Per DeriveApprodi Il sofista nero. Muhammad Ali oratore e pugile (2017), Capitalismo linguistico e natura umana. Per una storia naturale (2019) e Il pirata. Antropologia del conflitto (2021). Per Machina cura, insieme ad Adriano Bertollini, la sezione sintomi.
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