Il ritratto di Rino Della Negra, calciatore e partigiano italo-francese
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Film, libri e canzoni sono dedicate alla Resistenza in Francia, ma solo negli ultimi anni si sta esplorando con maggior cura l’importante ruolo degli “stranieri”, che della Resistenza spesso sono stati tra i membri più attivi e determinati: uomini e donne di tutte le età, classi sociali, che si impegnarono, per scelta e non per caso, nella lotta contro il nazifascismo e l’antisemitismo e contro le discriminazioni che gli stranieri, allora e ancora oggi, subiscono. La storia degli immigrati stranieri resistenti dei FTP-MOI (Francs-Tireurs et Partisans-Main-d'Oeuvre Immigrée, Franchi tiratori e mano d’opera straniera) del “gruppo Manouchian” (Île de France) e dei battaglioni Carmagnole-Liberté (Lyon e Grenoble) è esemplare[1].
Il 21 febbraio del 1944, al Mont-Valerién,[2] nei pressi di Parigi, ventitré membri del gruppo FTP-MOI di Missak Manouchian, leader riconosciuto del gruppo, sono fucilati. Accusati di essere terroristi e delinquenti, sono raffigurati in uno dei poster di propaganda più famoso della Francia nazifascista, l’“Affiche Rouge”[3], in cui i ventitré resistenti[4] vengono presentati come malfattori ebrei e stranieri, nel tentativo di screditare la crescente opposizione al regime collaborazionista e alla guerra. Dal giugno 1942 fino alla loro cattura, nel novembre 1943, questo gruppo compie circa 229 azioni; pochi e male armati, informano la popolazione sulla reale situazione della Francia, sull’esito della guerra, compiono numerosi sabotaggi, ma la loro azione più famosa resta l’esecuzione del generale nazista Julius Ritter a capo della STO (Service du travaille obligatoire), responsabile di aver costretto centinaia di migliaia di francesi al lavoro coatto in Germania.
Tra i fucilati si trovano polacchi, rumeni, armeni, spagnoli ed ebrei di vari paesi, infine cinque sono di origine italiana: Cesare Luccarini, Amedeo Usseglio, Spartaco Fontanot[5], Antonio Salvadori e Rino Della Negra.
Rino Della Negra nasce il 18 agosto 1923 nel nord della Francia, a Pas-de-Calais, a Vim; suo padre un operaio edile (fa i mattoni) originario del Friuli, presto si trasferisce con la famiglia in un sobborgo di Parigi, ad Argenteuil, nel quartiere italiano, chiamato “Mazzagrande”, dove vivevano centinaia di italiani fuggiti dal regime mussoliniano[6]. Nel 1935 il comune di Argenteuil è conquistato dal Pcf, nel quadro della “premiére vague rouge”, l’anno successivo qui Gabriel Péri è eletto al parlamento per i comunisti. Nel 1937 Rino Della Negra inizia a lavorare, all’età di quattordici anni, proprio negli anni dei governi del Fronte Popolare in Francia e dei grandi scioperi che ne annunciano la breve esperienza di governo. È aggiustatore nella fabbrica metalmeccanica Chausson di Asnières. Durante gli scioperi entra in contatto con i militanti del Partito comunista francese. Tra il 1938 e il 1940 «il giovane Rino Della Negra vive al ritmo di una sociabilità operaia antifascista»[7], profondamento inserito nel tessuto della banlieue parigina, dei quartieri operai, mentre attorno a lui sfilano i grandi avvenimenti della storia: la Guerra civile in Spagna, l’annessione dell’Austria e della Cecoslovacchia alla Germania nazista, la fine dei governi del Fronte Popolare, lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Nel maggio 1940 la Francia è sconfitta, la Francia del Nord è sotto l’occupazione nazista. Dopo l’aggressione dei nazisti all’Urss, il Pcf, di rigida osservanza staliniana, si schiera nel fronte antifascista, superando i tentennamenti seguiti all’accordo Ribbentrov-Molotov dell’agosto 1939. Ad Argenteuil il 15 dicembre 1941, 95 ostaggi sono fucilati dai nazisti, tra di loro Gabriel Péri, ex deputato comunista e redattore de «L’Humanité», giornale del Pcf[8]. Questo il clima in cui Rino cresce.
È ad Argenteuil quindi che Rino si avvicina agli ideali antifascisti e gioca a calcio. All’inizio del 1940 gioca nella Jeunesse sportive argenteuillaise (JSA), club affiliato alla FSGT[9]. Gioca anche nella squadra della fabbrica Chausson, iscrivendosi nella lunga tradizione del calcio operaio, a volte promosso da certi settori del padronato, talvolta autonomizzandosi dalla sua presa. «Sportivo completo, poiché fa anche atletica – specializzato nella corsa di velocità – è un’ala destra fuori dal comune. Le sue capacità fisiche, in particolare la sua velocità (undici secondi sulla distanza dei 100 metri) ne fanno un giocatore d’eccezione: “Quando aveva la palla gli avversari non lo raggiungevano mai”, ricorda Dedé, un anziano della squadra del Red Star»[10].
Il 23 novembre 1941 la JSA batte il Red Star Club di Champigny 1 a 0. La JSA vince la coppa de «Le Matin» del 1941. Nel 1942-43 Rino gioca nella squadra dell’Union sportive Argenteuil-Thiais. Presto viene scoperto dalla Red Star di Saint-Ouen-sur-Seine (che nel 1941 aveva vinto il campionato nella zona occupata dai nazisti), con questa squadra gioca nella stagione 1943-44: «Con Rino Della Negra, che nella precedente stagione giocava nel Thiais, abbiamo un centravanti di reale valore», è scritto su «L’Auto» del 1° settembre 1943. Rino non giocherà con la prima squadra del Red Star di Saint-Ouen-sur-Seine, la sua giovane età, il suo rifiuto a partire per la STO, la sua entrata nella Resistenza, lo impediranno.
Non deve far stupire che in piena occupazione si pensi a giocare a pallone. Non è solo una questione d’età e di passione sportiva: «Dal 1941 nel suo bollettino clandestino “Le Trait d’union”, la Jeunesse communiste della regione parigina, evocando il “bel campo d’azione” che costituiscono i club sportivi, scrive: “occorre ricostruire ovunque, dove questo non è ancora stato fatto, dei club della FSGT […] contro la Carta dello sport, per uno sport libero e indipendente». Gli sportivi del movimento comunista si organizzano nella rete “Sport libre” denunciando la politica sportiva di Vichy, l’antisemitismo e l’autoritarismo del regime collaborazionista.
Tra l’autunno 1942 e l’estate 1943 sono 650.000 i francesi che partono come lavoratori in Germania nel quadro del STO. Rino Della Negra rifiuta l’arruolamento nel Servizio di lavoro obbligatorio (STO) il 12 febbraio 1943, quindi entra in clandestinità, con documenti falsi. Ricercato dalla polizia, incontra i militanti del M.O.I. e il FTP (Franchi tiratori partigiani) italiano di Argenteuil. «Questo passaggio alla clandestinità assume forme stupefacenti. Perché Rino Della Negra non ha voluto recidere il legame con la sua famiglia, né mettere fine alla sua attività di calciatore»[11]. Nonostante questa doppia vita, sorprendentemente non è arrestato immediatamente. Nel milieu del quartiere di Mazagran, coperto da un gruppo di amici e amiche da sempre, tra cui spiccano Tonino Simonazzi, la sorella Gabrielle Simonazzi, Ines Sacchetti, Rino vive la sua vita clandestina. Tonino Simonazzi ha fatto parte delle Brigate internazionali in Spagna, Rino si avvicina alla guerriglia. Ines Sacchetti è un’aderente al Pcf, fa parte della Resistenza e dei Franchi tiratori partigiani, i suoi genitori sono stati militanti antifascisti, feriti in Italia dalle Camicie nere, lei tiene i contatti con Rino. Che Rino sia stato o meno un membro del Partito comunista è meno importante del fatto che il 1943 segna il suo passaggio alla lotta armata antifascista.
Tra il febbraio e il giugno del 1943, fa parte dei FTP di Argenteuil sotto il comando di Fioravanti Terzi (pseudonimo “Avanti”), l’attività clandestina prevede la distribuzione di volantini, il recupero di armi, il sabotaggi e le azioni armate. Con i FTP di Argenteuil prende parte a tre attentati, uno contro tre gendarmi tedeschi in rue Chevreul, in rue d’Épinay con un lancio di granate contro un gruppo di tedeschi e infine contro un circolo dell’Armata tedesca a Parigi in rue Brunel. Il suo nome di battaglia è “Robin”, poi “Gilbert Royer”, è reclutato nel 3° distaccamento italiano della FTP-MOI, con cui partecipa all’attentato il 4 giugno 1943 contro il generale Alexander Abt, che rimane ferito all’uscita da casa sua.
Il 19 giugno partecipa all’attacco alla sede Mouvement social révolutionnaire, gruppo collaborazionista, a Parigi in rue Faubourg-Montmartre, nel IX arrondissement. Il 23 giugno Rino Della Negra guida l’assalto alla caserma Guynemar, copre il lancio di granate di Spartaco Fotanot, mentre Robert Witchitz fa da palo con le biciclette pronte per la fuga. Complessivamente Rino partecipa a circa quindici azioni di varia natura, soprattutto sabotaggi di ferrovie e di tralicci.
Il 12 novembre 1943 si prepara un attacco contro un furgone portavalori tedesco. In bicicletta, il commando formato da Alfredo Terragni, Spartaco Fontanot, Cesare Luccarini, Georges Cloarec, Rino Della Negra e Robert Witchitz, si presenta in rue Lafayette verso l’una del pomeriggio. Della Negra e Witchitz aprono il fuoco, gli altri assicurano la loro protezione. Uno dei trasportatori è ucciso, l’altro ferito scappa con i sacchi con il denaro. Alcuni appartenenti alle forze di polizia presenti in strada sparano e riescono ad arrestare Rino Della Negra e Robert Witchitz, che si erano rifugiati in un edificio di rue Taitbout, e che finiscono nelle grinfie delle SS. Entrambi sono feriti, Rino seriamente, colpito da un proiettile ai reni, è immobilizzato. Nei giorni successivi sono arrestati gli altri appartenenti al commando, solo Ines Sacchetti riesce a far perdere le sue tracce. Il 16 novembre è la volta di Missak Manouchian e di Joseph Epstein a finire dentro, a cadere è il gruppo dirigente del FTP-MOI.
Tra i sessantotto arrestati, infine si imbastisce un processo contro ventiquattro detenuti, che passa alla storia come il processo dell’affiche rouge.
Il processo si celebra nel febbraio 1944 ed è seguito dai giornali collaborazionisti. Gli accusati sono giudicati da un Tribunale militare tedesco, composta da un presidente e due giudici: «Tutti i detenuti, dichiara in sostanza il presidente, sono accusati di aver partecipato in Francia a numerosi attentati contro i membri dell’esercito tedesco o contro l’amministrazione francese o contro le ferrovie, senza essersi resi riconoscibili con insegne regolamentari come appartenenti alle forze armate nemiche, come prescritto dai regolamenti del diritto delle genti[12]. L’inchiesta è giunta alle conclusioni seguenti: dopo la guerra del 1914-1918, fu fondato in Francia il M.O.I (Movimento Operaio Internazionale o Mano d’opera straniera). Dei comunisti stranieri, espatriati in seguito a delitti politici o comuni, arrivarono in Francia e si raccolsero in seno al M.O.I. Questo li suddivise secondo la loro nazionalità in sezioni distinte, mentre la direzione era esclusivamente assicurata da ebrei. Già nel 1941 fu fondato in seno al M.O.I un gruppo terrorista (Franchi tiratori, partigiani). I dirigenti del movimento si proponevano di portare avanti una lotta particolarmente attiva contro gli elementi dell’armata di occupazione e di servire da modello ai gruppi francesi del F.T.P.. I gruppi del M.O.I. sono organizzati militarmente e il dirigente del settore militare era l’accusato Manouchian»[13].
Così sono presentati dalla stampa collaborazionista alcuni degli imputati tra cui Rino: «Ecco l’italiano Spartaco Fontanot, ecco Witchitz e Della Negra che hanno preferito diventare assassini che andare a lavorare in Germania. Quest’ultimo dà una spiegazione sublime: “Io sono sportivo e volevo continuare a giocare a calcio”. Il presidente [del tribunale] gli aveva fatto osservare che gli operai che sono in fabbrica nel Reich potevano soddisfare i loro gusti sportivi. Della Negra risponde senza ridere: “Lo so, ma io volevo farlo professionalmente!” Siccome non ha che vent’anni e mezzo, non c’era tempo da perdere. Questo eccessivo amore per lo sport l’ha condotto alla morte; finale inatteso»[14].
Il 21 febbraio sono emesse le condanne a morte. Su ventiquattro processati, ventitré sono condannati a morte. «Gli accusati accolgono questa sentenza con l’indifferenza che non hanno cessato di testimoniare durante il dibattimento. Appena un’ombra ha velato i loro occhi», annota malignamente il giornalista collaborazionista Pierre Malo[15]. Scorrendo l’elenco dei condannati, non si può non essere meravigliati per la varietà delle provenienze di questi maquis: «L'Armeno Kissak Mamouchian; il Polacco Robert Witchitz, l'Italiano Rino Della Negra, l'Italiano Spartaco Fontano, il Francese Roger Rouxel, l'Italiano Antoine Salvadori, il Francese Georges Cloarec, l'Italiano César Luccarini, l'apolide Marcel Rajman, ebreo di Varsavia, lo Spagnolo Célestin Alfonso, l’Ungherese Joseph Bocmor, l’Ungherese Emerie Glasz, ebreo di Budapest, Michel Martyniuk, originario di Wludrizimier (Polonia), Mosca Fingeroweig, ebreo di Varsavia; Wolf Waisbrot, ebreo di Krasnik (Polonia); l’Ungherese Thomas Elèk, studente di agronomia, ebreo di Budapest; Laja Goldberg, ebreo di Lodz […] ebreo di Skala (Polonia); l'Italiano Amédée UssegIio; l'apolide Salomon Schapira, l'Armeno russo Armenck Manoukian, la Romena Golda Bancio, studentessa in filosofia, ebrea di Chichino; Stanislas Kubaki e Szlama Grzywaoz, originari della Polonia, l’ultimo ebreo di Dobre»[16].
Quello che per i nazisti e i collaborazionisti era certamente una prova della connessione tra giudaismo e comunismo[17], cioè la dimensione internazionale e cosmopolita di quella formazione che a loro faceva così orrore, è certamente per noi una delle incarnazioni più straordinarie di quanto il motto scritto alla conclusione del Manifesto dei comunisti da Marx ed Engles, «Proletari di tutti i paesi, unitevi!», possa essere concreto. Quei ventitré nomi sono il miglior frutto di quel proletariato immigrato, moltitudinario, insediato nella cintura operaia attorno a Parigi.
La memoria del giovane Rino Della Negra, come quella degli altri fucilati dai nazisti, sopravvive alla sua morte. Liberata Parigi, i cadaveri dei fucilati sono riesumati, il corpo di Rino Della Negra è riconosciuto dalle scarpe dalla sua staffetta Inès Sacchetti. I genitori decidono di seppellirlo ad Argentueil. Come richiesto da Rino nella sua ultima lettera al fratello («va da Toni e fate un banchetto»), i suoi parenti e i suoi amici lo ricorderanno ritrovandosi attorno alla tavola. Nell’autunno 1944, la FSGT ricostituita, dedica un torneo di calcio[18] a Rino della Negra, nell’ambito di un grande sforzo che il Partito comunista francese dedica allo sport popolare. Ma viene il tempo delle commemorazioni ufficiali. Il 25 febbraio 1945 su «L’Humanité» si legge: «I Francesi si ricordano di aver visto, un anno fa, sui muri delle loro città, un manifesto odioso e sinistro: i nazisti vi avevano rappresentato alcuni degli eroi che avevano assassinato. Erano degli immigrati: rumeni, spagnoli, armeni, italiani. Tutti avevano nel cuore l’odio contro il nazismo, tutti lottavano con la bombe, la pistola, la dinamite, contro i nostri oppressori – per noi. Voi avete visto questo manifesto. Era fatto per ispirarci il disgusto verso questi uomini, per screditare la Resistenza. Ci ha ispirato l’ammirazione per le loro azioni, l’amore per la loro grandezza, l’odio contro i loro boia. Oggi alle 10, sotto il patronato del C.P.L, al cimitero d’Ivry, un supremo omaggio sarà reso dal popolo di Parigi ai 23 eroi del processo Manouchian-Boczov. I visi indimenticabili di questi martiri ci insegnano l’orrore per il fascismo e la fraternità tra i popoli liberi»[19].
La figura dei ventitré immigrati fucilati per la libertà della Francia resiste negli anni. A titolo di esempio riportiamo una cronaca da Argenteuil del giornale della C.g.t. in lingua italiana «L’operaio italiano»: «Da quando la salma dell’italiano Rino Della Negra riposa nel cimitero di Argenteuil, località ove abitava e militava, ogni anno le organizzazioni democratiche italiane locali rendono un solenne omaggio al defunto eroe incolpato nel processo dei 23 F.T.P. immigrati fucilati dai nazisti al Mont Valerien il 21 febbraio 1944. Domenica scorsa, 25 febbraio, all’appello dei resistenti italiani, la colonia si trovava nuovamente riunita sulla tomba del martire ove, in presenza del vice sindaco, la presidente delle vedove dei fucilati e vice presidente della camera dei Deputati Matilde Peri e Avanti, a nome della colonia italiana hanno pronunciato dei discorsi nei quali hanno reso omaggio a Della Negra e a tutti i martiri della resistenza, facendo appello all’unione di tutti gli amici della pace per impedire il riarmo della Germania, per difendere la pace e le libertà democratiche»[20].
Di certo il nome di Rino Della Negra resterà nel cuore della sua squadra, sempre riconosciuta per il suo impegno antifascista: dallo stadio in cui gioca ancora oggi, lo stadio Bauer, dedicato a un medico antifascista e al ricordo di un altro giocatore Eugène Maës, che morirà nel campo di concentramento di Dora-Mittelbau, all’impegno odierno contro il razzismo e l’esclusione.
Lo scrittore Didier Daeninckx ha dedicato ai martiri dell’ “Affiche Rouge” diversi interventi[21] e comunque ha dedicato una particolare attenzione alla figura di Rino Della Negra: «Didier Daeninckx ha scritto due opere nelle quali la cultura popolare, l’italianità e la memoria della guerra sono associate per mettere in scena Rino Della Negra: il racconto Rubrique sport e il libro per bambini Viva la liberté!»[22].
A Rino Della Negra, che avrebbe potuto continuare la sua carriera di calciatore e invece decise di unirsi alla Resistenza, il Red star ha dedicato una tribuna dello stadio e regolarmente svolge attività che forse Rino avrebbe condiviso. Ricordandolo nel 2004, a sessant’anni dalla fucilazione, si è detto: «Al di là della celebrazione degli atti di resistenza, al di là della descrizione del martirio dei prigionieri, si tratta di promuovere i valori di solidarietà e di progresso che fondano l'attività del Red Star: “Con la nostra associazione crediamo che i valori di emancipazione e solidarietà difesi dagli immigrati del gruppo Manouchian siano ancora attuali. Nel calcio ci sono anche tanti immigrati e la solidarietà del gruppo è essenziale. Nel Red Star, i valori del progresso garantiscono la continuità tra ieri e oggi. Ci è sembrato normale segnalarlo in questa occasione»[23]. D’altra parte nella sua ultima lettera al fratello, prima di essere fucilato, Rino Dalla Negra chiede di salutare l’allenatore e i compagni di squadra del Red Star[24] aggiungendosi al numero di sportivi, calciatori e non, che combatteranno con le armi, e non solo, il nazifascismo in Europa. Come Gino Solda, Gino Bartali, Mathias Sindelar, Bruno Neri, Vittorio Staccione, Ferdinando Valletti, Michele Moretti, Giuseppe Peruchetti, Alessandro Brucellaria, Astorre Tanca, Giacomo Losi e Raffaele Vallone.
Note [1] Sul recupero della memoria legata a Rino Della Negra si veda T. Froissart, Exhumation et utilisation de l’image d’un résistant et sportif immigré dans une nouvelle, un album de jeunesse et une exposition. Le cas de Rino Della Negra, in «Migrations Société», n. 137, 2011/5, pp. 93-110. [2] Le Mont-Valérien, haut lieu de la mémoire nationale, in http://www.mont-valerien.fr/ [3] “Affiche rouge”, manifesto rosso, dal colore rosso sangue del manifesto con cui i nazisti avevano tappezzato i muri di Parigi nella settimana precedente la loro fucilazione. Sul manifesto c’erano le fotografie con i nomi e l’origine straniera di alcuni dei partigiani catturati, le immagini degli attentati e la scritta «Des Libérateurs? La liberation par l’armée du crime!» Si veda https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b520000592.item [4] La ventitreesima resistente Olga Bancic, fu decapitata nella prigione di Stoccarda. I nazifascisti temevano la reazione della popolazione francese alla notizia dell’esecuzione di una donna, inoltre la legge tedesca non permetteva di fucilare una donna [5] Alla figura di Fontanot è dedicata una interessante monografia: A. Bechelloni, Les trois Fontanot, Nerone, Spartaco et Jacques, nanterriens fils d'immigrés italiens morts pour la France, in «Société d'Histoire de Nanterre», bulletin n°28 - juin 2002. [6] A. Canovi, Argenteuil: une Petite Italie antifasciste?, in M. Blanc-Chaléard – A. Bechelloni – B. Deschamps. Les Petites Italie dans le monde, Pur, Rennes 2007, pp. 177-184. [7] D. Manessis – J. Vigreux, Rino Della Negra. Footballeur et partisan, Libertalia, Montreuil 2022, p. 27. [8] Parmi les martyrs se trouve Gabriel Péri, nel giornale clandestino «L’Université libre», n. 41, 23 decembre 1941. La fucilazione di Peri è ricordata anche da Nenni: «Apprendo da Platone che sono stati fucilati a Parigi i comunisti Peri e Sampaix. Conoscevo da lunghi anni il primo. L’avevo incontrato la prima volta a Milano nel 1922, l’ultima volta a Parigi poco dopo il colpo di scena dell’accordo hitlero-sovietico e lo scoppio della guerra. Era desolato e tormentato ma fedele al suo Partito sotto la durezza implacabile dell’attacco avversario. Una fiera e nobile figura di militante», in P. Nenni, Taccuino 1942, Edizioni Avanti!, Milano 1955, p. 18. [9] Fédération sportive et gymnique du travail, si veda N. Kssis, La FSGT du sport rouge au sport populaire, La ville brûle, Montreuil 2014. [10] D. Manessis – J. Vigreux, Rino Della Negra, cit., p. 31. [11] D. Manessis – J. Vigreux, Rino Della Negra, cit., p. 46. [12] Negli stessi giorni viene espresso dal Pcf un giudizio dichiaratamente opposto sui soldati senza uniforme: «I comunisti devono avere cura di mettere in opera ogni cosa per aiutare il reclutamento massiccio e rapido dei F.T.P., gloriosi soldati senza uniforme dell’Armata della Liberazione Nazionale», in «l’Humanité. Organ central du Parti Communiste Français», n. 279, 25 février 1944, p.1. [13] P. Malo, Le tribunal militaire allemand juge 24 terroristes avant commis 37 attentats et 24 déraillements, in «Le Matin», 19-20 février 1944, p. 1. [14] J. Riondé, Encore quelques tȇtes de bandits, in «Paris Midi», 21 février 1944, p. 1. [15] P. Malo, Le tribunal militaire allemand a rendu son virdict contre Manouchian et ses complices, in «Le Matin», 22 février 1944, p. 1. Giornalista al «Le Matin», Pierre Malo è stato condannato alla Liberazione per gli articoli scritti durante l’occupazione nazista. Dopo aver scontato cinque anni di prigione, ha deciso di vivere in Marocco. [16] Vingt-trois terroristes ont été condamnés à mort par la Court martial allemande de Paris, in «La dimanche. Journal de la democratie», 22 février 1944, p.1. [17] «Da quale ambiente sono usciti [i condannati]? Nella maggior parte dei casi sono degli ebrei o dei comunisti che sono alla testa di queste organizzazioni e lavorano al soldo dell’Inghilterra e dell’Urss», ivi. [18] «Nella finale della coppa Della Negra, Viry (R) batte Gennevilliers (R) 3 a 1», in «L’Humanité», 3 novembre 1944. P. 2. [19] In onore di 23 eroi immigrati morti per la Francia, in «L’Humanité», 25 février 1945, p. 2. [20] Argentueil, in «L’operaio italiano. Organe en langue italienne de la C.G.T.», 1-15 marzo 1951, p. 2. [21] D. Daeninckx, Avec le group Manouchian. Les immigrés dans la Résistance, Oskar editions, 2010. Si veda anche D. Daeninckx, Rino Della Negra, «L’Humanité», 2 juillet 2004. [22] T. Froissart, Exhumation et utilisation de l’image d’un résistant, cit. p. 94. [23] G. Teissier, Hommage à Rino Della Negra, résistant du Red Star, «À Saint-Ouen», n° 14, février 2004, p. 44. [24]«Abbraccia forte tutti quelli che io conoscevo. Tu andrai al Club O. Argentueil e abbraccia tutti gli sportivi, dal più piccolo al più grande. Manda un saluto e un addio a tutto il Red Star», in D. Manessis – J. Vigreux, Rino Della Negra, cit., p. 116.
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