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Quinte assordanti


Quinte assordanti
Immagine: Christopher Wood

L’attività di Francisco de Goya y Lucientes è stata molto vasta, e si è evoluta nel tempo e coi tempi: oltre ai dipinti su tela, spesso magistrali e sempre imprevedibili, oltre agli affreschi, il suo instancabile lavoro ha trovato espressione, riflessione e approfondimento in quattro mirabili serie di incisioni su rame che hanno interessato gran parte della sua attività: i Caprichos (1799 ca.), Les Desastres de la Guerra (1810-1815), la Tauromachia (1815-1816), e Los Disparates, o Los Proverbios (1816-1823 ca.).

Questa raffinatissima, ingente e ricca serie di incisioni è caratterizzata non soltanto da una precisa e puntuale - oltre che profonda - attenzione storica e materiale, sublimata in modo squisitamente tecnico-grafico, ma parimenti da una puntigliosa, sagace e spesso spiazzante legenda: non meno delle incisioni, infatti, le iscrizioni appostevi collaborano spesso a smontare e a rivedere - in chi le osserva - le più assodate e consolidate, ma anche didascaliche e banali verità.

 Sono stato molto colpito dalla ricchezza di tali iscrizioni, e ho provato a sfruttarne la pregnanza - tanto poetica e immaginale, quanto etica e civile -, utilizzando i 79 titoli dai Capricci (da cui ho espunto l’autoritratto), e gli ottanta da I Disastri della Guerra, per comporre una sorta di omaggio alle straordinarie Pitture nere divise per Stanze, quelle che fondamentalmente Goya riservò a nessun’altro che a se stesso nel suo autoesilio alla Quinta del Sordo, appena fuori Madrid, ormai a carriera artistica conclusa.

Un esperimento, certo, ma non del tutto astratto e aleatorio, giacché mi pare evidente che il lavoro riflessivo e critico svolto da Goya nelle sue incisioni, sia non solo idealmente, ma soprattutto immanentemente ed esistenzialmente confluito in quella domestica, straziante e responsabile sublimazione che nelle «pitture nere» assume compiutamente i suoi toni più schietti e pregnanti.

Quanto queste sentenze possano essere ancor oggi in grado di risuonare, è in qualche modo evocato in questa lungimirante risposta a Isidro, il domestico di Goya, che ammirando le stampe de I Disastri della Guerra che il Maestro gli mostrava, gli chiese inorridito: «Signore, perché dipinge queste barbarie umane?»: e don Francisco: «Le dipingo per il piacere di poter dire eternamente agli uomini di non essere barbari». (R.G.)


* * *

 

PRIMA STANZA

 

 

(Due vecchi o) il vecchio Goya

 

Silenzio

 

Ciascuno a suo turno

- Nulla - così dirà

 

Quella polvere:

Morti raccolti insieme,

Perché nasconderli?

 

Non c’è chi li aiuti,

E non c’è scampo:

Grande prodezza! Con morti!

 

Carrettata per il cimitero:

Lo stesso in altre parti,

E questo pure,

 

Questo e altro ancora,

Io l’ho visto.

 

 

Leocadia

 

Carità,

Compassione crudele!

Non c’è da gridare,

Potranno servire ancora.

 

Seppellire e tacere,

A ragione e senza ragione,

Non si può guardare.

 

Ecco che arriva il fantasma,

Il sonno della ragione genera mostri,

Sani e ammalati.

 

Appena giorno ce ne andremo.

Trova un po’ d’appoggio,

Infelice madre!

 

 


Il Sabba

 

Professione di fede

 

Penitenza

 

Strana devozione!

 

Vostra grazia è la? Come dico, eh! Attenti, altrimenti…

 

Sì, sono di un altro lignaggio.

 

Aspetta che ti ungano

 

Mala notte.

 

Tristi presentimenti di quanto accadrà:

Stragi della guerra

Contro il bene generale

Ora hanno una sede.

 

 


Giuditta

 

Tu che non puoi,

Non sfuggirai.

 

Che coraggio!

Bravissimo!

 

Presenza amara,

Capita sempre:

La corda si rompe,

Fino alla morte

Né più né meno

Per un coltello.

 

Lo meritava.

 

 


Saturno                                                                                     

 Siete nati per questo:

L’amore e la morte,

La filiazione

Fino al capostipite,

Non arrivano a tempo.

 

Non vogliono,

Cadranno tutti.

 

L’avvoltoio carnivoro,

Che becco d’oro!

L’allievo sarebbe più bravo del maestro?

Chi lo avrebbe creduto!

 

Barbari!

 

 

 

Pellegrinaggio di Sant’Isidro

 

Non conoscono la strada,

Salire e scendere,

Difficile il passo!

 

Guardate come sono gravi!

Nessuno si riconosce,

Non si mettono d’accordo,

Non si può sapere perché:

 

Questo è peggio,

Questo è il peggio!

 

È cosa forte

Medicarli e continuare

 

 

 

 


SECONDA STANZA

 

Pellegrinaggio alle fonti di Sant’Isidro

 

Che vocìo è questo?

 

Pantomima di gatti,

Farandola di ciarlatani,

Plebaglia.

 

Dove va mamma?

 

A caccia di denti

 

Dio la perdoni, era sua madre

 

Non gridare, stupida

 

Poverine!

Prega per lei,

Graziosa maestra!

 

 

Asmodea

 

Nemmeno queste

Nemmeno

 

Perché?

 

Ecco, la sua casa brucia,

E ben tesa,

Come la impiumano!

E ancora non se ne vanno!

Fuggono tra le fiamme,

Piccoli diavoli.

 

Letti di morte,

Sarà lo stesso

 

 

 

Rissa a bastonate

 

Spirò senza rimedio.

 

Quale dei due è più devoto?

 

Soffia,

Si difende bene

Il vergognoso.

Di che male morirà?

 

Fa caldo,

Meglio non farne niente.

 

Ragazzi all’opera

 

Eccoli, se ne vanno spennati

 

 


Due donne

 

Pronunciano il sì e offrono la mano al primo che arriva:

Qual sacrificio:

Che cosa può fare un sarto…

Nessuno può slegarci,

 

 

Carità di una donna

Per essere stata sensibile:

Anche guardandola così non può riconoscerla,

La scortica.

 

Chi si piglia si assomiglia

 

Ben gli sta,

Ed essi l’hanno rapita

Lo stesso

 


Due vecchi che mangiano la zuppa

 

Grazie alla cicerchia,

Vecchio coccolone,

C’è molto da succhiare.

 

A che serve la scodella?

Questa non lo è meno,

Sbrigati che si svegliano.

 

Tantalo

Ha rotto il vaso,

Non vi fu rimedio:

Che pazzia!

 

Questo è male

 

 


Lettura

 

I fannulloni

I soffiatori

Si fanno belli:

 

Omaggio al maestro,

Saggi,

Bei consigli

Al conte palatino.

 

I risultati

Al cimitero

Volarono…

 

Questo sì che si chiama leggere

 

 

Atropo

 

Le donne infondono valore,

E son forti

 

Filano fine:

Restituite al sonno,

Ne approfittano.

 

Buon viaggio

E’ ora:

Andate, dunque!

 

 

Nemmeno

Si resusciterà?

 

Non c’è più tempo…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cane

 

Inghiotti, cane…

Nessuno ci ha visto

Fino al capostipite

 

La verità è morta

Tutto è sconvolto

 

Così avvenne.

 

Il peggio è chiedere.

 

Lamenti vani,

Che si può fare di più?

Anche questi

Anche questo

 

Io l’ho visto

 

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