Sergio Bianchi, Nodi, 2020
Daniele Ventre nasce a Napoli nel 1974 e vive a Casoria. A Napoli lavora come insegnante di latino e greco nei licei. Ha pubblicato, come poeta, la raccolta E fragile è lo stallo in riva al tempo (d’If, Napoli, 2010), il romanzo in versi per ragazzi Verso Itaca (d’If, Napoli, 2014), ricostruzione della Telegonia di Eugammon di Cirene, la raccolta Elegia (Oedipus, Salerno, 2017); è uno dei redattori del blog Nazione Indiana, collaboratore di «Alias», inserto culturale del quotidiano «il manifesto», per la sezione dei libri di antichistica, collaboratore della rivista «Poesia», di Nicola Crocetti, collaboratore occasionale de «L’indice» e di «Testo a fronte». Oltre che su «Poesia», alcuni suoi testi in versi sono stati pubblicati anche sul «Verri». Come grecista e latinista, ha tradotto in esametri italiani l'Iliade (Mesogea, Messina, 2010), l'Odissea (Mesogea, Messina, 2014), tutte le opere di Virgilio (Bucoliche, Georgiche, Eneide, Mesogea, Messina, 2017), e ha inoltre pubblicato una traduzione isometra del Ciclope di Euripide (Mesogea, Messina, 2012). In uscita fra febbraio e marzo, sempre con Mesogea, la sua traduzione in esametri delle Argonautiche di Apollonio Rodio. In corso di pubblicazione è altresì la sua traduzione in esametri con commento e testo a fronte della Teogonia di Esiodo. Per la sua traduzione poetica dell'Iliade, nel 2011 ha vinto il premio Marazza (primo premio ex aequo).
[story-tellingly]
Poche storie. Si narra. Narrazioni
di nazioni. Di orrori inenarrati.
Di inazioni. Si gira. Il ciak. In cerchio
si inanellano errori. Le strutture
ad anello si avvolgono a se stesse.
Si scambiavano anelli. Matrimoni
Improbabili. Fedi in simil-horror
sulle mani di forbice. Gli artigli
si spiegavano. L’incubo di taglio
per il film di cassetta della storia
senza fine né scopo. I mezzi certo
non giustifica. Senza spiegazioni
il cadavere a bordo ghiaia. Il mare
ci rimanda il dovuto. Si negava
il maltolto. Si negano le colpe.
Si negava il maltempo. Dai governi
cambiamento di clima. In peggio. Storie
false erigono muri. Troppe storie
inanellano umori. I primi errori
non si scordano mai. Memorie corte
li rinnovano sempre. Anelli fusi
nella vecchia caldera. L’occhio spento:
l’uveite è leggenda giudiziaria
delle truffe passate. Narrazioni
inanellano fedi. I simil-orchi
divoravano bimbi. Marzapane
a innalzare casette. Poche storie.
Troppe favole. Lupi a nolo: in branco.
Stupri al volo: di corsa. Storia vecchia.
Dedicavano il pezzo ai buchi oscuri.
Bordo notte. Massacri bagatelle.
Narrazioni. I signori degli anelli
sigillavano onori in pieno orrore
quotidiano. Le grotte dei tesori
nascondevano debiti agli scrigni.
Si imbavagliano canti in morte ai cigni.
Il balletto è finito. Andate in guerra.
Incontro con Rama
E si consuma una nuova età di stermini di massa:
nell’epoca del baratro ci si governa così.
Donne cantavano in marcia al limite delle montagne:
i branchi le divorano – bestie a contratto. Non è
di materiali la guerra. Di spirito poco del resto.
Ma gli acquirenti sborsano: tanto comunque si dà
per rianimare il prodotto interno. Alimentano i corpi
la macchina. I cadaveri bene si mascherano.
Se l’autopsia rilevava lo stupro, il referto rimane
stilato in morte lettere – se ne dimenticano
nello scaffale. La cena aspetta. Il ciclope divora.
Le cortesie per gli ospiti servono corpi gourmet.
Cambiavalute di carne bruciata eleggiamo in affari
il meglio dei carnefici: dio riconosce chi può.
Barbari addensano fumi di cenere. Fumano torri
per acido solforico. Volti si liquidano
sull’orizzonte del fermo immagine. L’erma è sbrecciata:
il viaggio resta a compiersi. Fisso c’è il prezzo al check-point.
Ci si chiedeva il rimedio – un argine della ragione
da erigere sul limite. L’incubo resta. Non ha
più soluzione – soltanto al di là del mare notturno
con zattere di profughi – navi – cilindri di O’neill
abbandonare le terre i mari e la bassa atmosfera
e l’epoca del vortice. Dimenticare quaggiù
la fantasia dei governi cannibali. Mettere il vuoto
fra noi e l’abisso terreo. Dimenticarsi di sé.
Dimenticare utopie – dottrine – alta moda – massacri
e farmaci psicotropi. Spingere l’occhio di là
dal medioevo, oltre il mondo appiattito agli occhi dei folli:
giurare di disperdersi – di non tornarci mai più:
non ancorarsi alla terra morente e passare oltre il vento
solare. Nella diaspora cedere senza tabù
di lontananze finché la natura inverta ai prodigi
i cardini dell’essere. Quelli che sanno il perché
lascino il muro del pianto. L’oceano vuoto rimane.
Le stelle ancora restano nette al di là del fall-out
sulle città dalle luci inquinate. Attendono il senso
segnato nel persistere. Sensi non restano qui
da consegnare a future memorie: è cieca la mente.
I fulmini non lasciano traccia. Rielaborano
altre sciagure e non vedono i corpi ammassati alla spiaggia.
Le voci si disperdono. Mentono. Si alterano
sulla realtà non compresa. Al di là del mare notturno.
le stelle ancora restano nette a ignorare il black out
della ragione asociale e il tramonto teso a occidente:
le storie brevi a termine. Quelli che sanno il perché
lascino al macero i conti le carte a passare oltre il vento
solare. Nella diaspora mondi si liquidano
–se ne rielaborano le ragioni e i lutti e i prodigi:
le stelle ancora restano nette al di là del sold-out.
Se l’autopsia rilevava lo stupro – il referto rimane
stilato in morte lettere – se ne dimenticano –
abbandonare le terre i mari e la bassa atmosfera:
le feste dei cannibali. Fuga diversa non è.
Salutor
Di me mi faccio monumento in soggiorno.
Lasciavo il numero agli uccelli alle pietre
ai vermi del paese – forse alle zolle.
Qualcuno forse avrebbe – tardi – chiamato:
magari un dio col fischio – forse lo scemo
del tuo villaggio preferito – la scimmia
nel segno di Saturno. Venere vecchia.
Per il tramonto non mi passa bagliore:
la porta resta chiusa: le tapparelle
ci lasciano la forma di una montagna.
È bruna per distanza. Sembro un po’ alticcio.
E guardo in alto. Guardo in basso dall’alto.
In alto come in basso stelle da stalle.
Presepi canti di natale di pasqua
e uova sode. Corpi sodi da sogno
si fanno corpo per le dee. Per le idee
passare dopo gli onanismi. Visioni
di specchio oscuro trasparite dal buio
svanite col cadere della corrente.
Le muse sono esposte dalle vetrine.
Il paradosso ci risponde dal buio
dell’universo. In alto basso non parla.
I toni sono bassi. Basso il livello
Paese mio che vivi nella bassura
per uomini d’altura per mascherine
per lattice di guanti senza vaccino
per case di riposo per ospedali
per empi alberghi. Non ascolti richiamo
dimentica il mio numero. Il cellulare
la polizia ti mandi. Chiudano i conti
dei cuori sconsacrati senza altre rose.
Per le madonne le bestemmie di moda.
Per le dogane sono fermi i trasporti.
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