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Un'inchiesta e altre frasi




LEBENSFORMEN
Immagine: Niki de Saint Phalle, Nana qui danse

Versi di Simona Menicocci.


***


Da qualche parte lungo un diametro di 93 miliardi di anni luce.


Perdono pezzi, persone, palpebre, petali.


Quasi certamente provano dolore.


Potrebbero gridare e non possono.


Sono coperte da una fitta pelliccia che può gonfiarsi a comando.


Onnivore, voraci, valicano i limiti, scavano profonde tane per conservare le esuvie e le intenzioni.


Si vedono sparse, soffocare, senza l’aiuto delle mani.


Portano sulle spalle due coppie di spine fatte di cheratina per intimidire le rivali.


Squarciano città, fondali, stratosfere; gloglottano.


Irrecuperabili le lenti che cadono nel lavandino, spariscono nel gorgo assieme alle cornee.


Denominandole erbacce, o qualcosa di simile.


In righe spezzate, segnano le traccie dei filari, dèsolano nei recinti.


Si soverchiano l’una con l’altra nell’aria, strisciando sul terreno, si rubano il posto in ogni direzione.


Di cento colori, di cento forme, di cento grandezze.


Ce ne sono alcune di più rilevate e vistose, orlate di porpora; si ripiegano verdecupe davanti alle fluttuazioni del dollaro.


Lanose, si staccano portate via dal vento, leggere.


Coi chicci si avvitano, cercano un più saldo sostegno, chi ai tralci, chi ai tralicci.


Fuggono davanti al passo impacciato e gommoso, monumentale, delle stampelle.


A vicenda, queste a quelle, dentro, viceversa, e mescolando.


Si tirano giù, si prendono l’una con l’altra per appoggio.


Il rovo era per tutto.


Sono lì per contrastare il passo, anche e soprattutto, dei padroni.


Pendule o prostrate, quasi sempre munite di aculei, in condizioni poco prospere.


Manca lo scopo, il perché, il reddito.


Pregano lungamente davanti a immense genoteche.


Installano estensimetri, sismografi, nelle bocche, nelle orecchie; violentano, conoscono.


A casa, a lavorare; a guardarsi guardare, televotare.


Mentre stringono il telecomando vengono ricoperte da strati schiumosi e filamentosi, grigioverdi, con bordi biancastri.


Disegnate per sopportare le tremende condizioni.


Si accoccolano nelle risonanze, imparano a memoria i referti, i passaggi illuminanti segnati a margine dei libri.


Maca, uncaria, materiali necrotici.


Il volo è faticosissimo, vi ricorrono in casi di necessità estrema.


Operativamente sopravvivono per 53 minuti prima di soccombere al calore e alla pressione sociale.


Agli sportelli di ascolto psicologico descrivono le colate, i crateri, le faglie, gli incendi, i respingimenti.


Schiantano, non appaiono erose.


Piene di aghi pieni di inchiostro, tante piccole punture, macchie bluastre sfocate, avambracci sinistri.


Registrazione, sauna, spoliazione, rasatura, doccia, abiti.


Sbellicano davanti al nuovo meme; cadono i bicchieri d'acqua – arsenico, perclorato di magnesio.


Nude, svagolano tra la neve, nei recinti, a venti sottozero, violacee.


Sono divise su tutto.


Chi con pianure desertiche, chi con vaste depressioni.


Hanno stomaci e polmoni esternalizzati, inviano segnali a radiofrequenza, per lo più immagini a bassa risoluzione.


Pensano a cosa fare da grandi, indecise tra comburenti o combustibili.


Le ultime fantasmagorie sopravvivono negli algoritmi.


Sono centinaia, intrecciate negli spazi vuoti tra le cellule.


Declinano gli eventi in chiave vittimistica e generazionale.


Zuppi e neri gli alveoli che si sfaldano, si mescolano ai volumi di catarro e debito che risalgono.


Creano chat, cliccano su accetto. Non educano; istruiscono, tramandano regole, nozioni, patologie.


I marchi a fuoco tra ulna e radio, la data di arrivo, il convoglio, la nazionalità.


Tra i grovigli micotici e microbici si giurano amore eterno.


Le bocche si aprono al ritmo di un centimetro ogni 2 mesi e senza sosta.


Centella, basalto, sonde, bassorilievi.


In dispersione assieme agli edifici, la comunione di un collasso energetico estroflesso, non ristrutturabile.


Scurimento dell'area periorbitale, ciclotimia.


Nulla di durevole.


Sotto le livree vistosamente colorate nascondono forme avanzate di predazione.


Si riuniscono attorno alle pire, si raccontano le ultime novità, l'avverarsi degli incubi.


I buchi delle coperte lise coperti da altre coperte lise.


Ognuna ospita il proprio patogeno, sfarzi neurali, entità fibrose.


Si muovono lentamente nei margini di operosità lasciati vuoti dalle macchine.


Franano, trascinando con sé volumi di segreti e acido solforico.


Sui resti delle unghie le fenditure raggiate dalla micosi.


Alcune sono in uno stato di dormienza, di metabolismo impercettibile.


Si riducono a mangiare le proprie antenate.


Fanno fuoco, esplodere la terra.


Si passano le informazioni con fogliettini intrisi di muco, sotto l'asfalto.


Scrivono i loro nomi, quando è successo, ti amo.


Alcune vengono riprese mentre aprono barattoli dall’interno.


Emettono spore di forma ovale, rifiuti in forma massiva.


L'assenza di endo ed esoscheletro permette loro di prendere qualsiasi forma.


Maniacalmente raccolte nel presente, nel quotidiano fatuo, gremito di sigle.


Ogni frase inizia con io.


Regna una fame divorante – comincia l’agricoltura.


Strisce di mascara, di alghe fossilizzate stroncate da un colpo di freddo, da una serata di eccessi.


La coscienza di classe psicosomatica: scioperano solo gli organi vitali.


Negli specchi scorgono i lineamenti delle genitrici, scoppiano i brufoli, tirano i lembi, si strappano la faccia.


Sono state le prime ad approdare sulla terraferma, 1,3 miliardi di anni fa.


Sopravvivono grazie ai composti organici prodotti; le altre ricevono in cambio protezione, sali minerali ed acqua.


Dalle mascelle superiori, robuste e arcuate, pende un'escrescenza carnosa di forma conica.

Alcune desiderano ancora uno stato forte.


Conurbano, si masturbano.


Giungono notizie su spazi aleatori dove nascono rovesciamenti del potere, spiazzamenti delle appartenenze, invenzioni di usi alternativi.


Giocano, costruiscono castelli di ovatta e trinitite.


Dentro le tende coperte di lana, documenti mangiati dalla salsedine, i bordi bruciati dal sole.


Sabbia, natron, amuleti.


***


Simona Menicocci studia filosofia e lavora come insegnante di Lettere a Roma.

Libri di poesia e scrittura anomala: Il mare è pieno di pesci – La mer est pleine de poissons

per la prima serie dei Fogli bilingue Benway Series (Tielleci 2014); Manuale di ingegneria

domestica per la collana Chapbooks (Arcipelago Edizioni 2015); glossopetrae/ tonguestones

per la collana syn (IkonaLiber 2017); Saturazioni (dia°foria 2019), H24. materiali per un film (Blonk, 2022). Suoi testi sono apparsi in riviste, lit-blogs e web-zines tra cui «L’Ulisse»,

«Nazione Indiana», «alfabeta2», «Il caffè letterario», «layout».

Saggistica: Per impotenza di lettura. Sulle ragioni del conflitto tra scritture nell’epoca

postfordismo in Giovannetti P. – Inglese A. (a cura di), Teoria&Poesia (Biblion Edizioni,

Milano 2018); Documenti poetici. Per un’estetica pragmatista, in Triulzi S. (a cura di),

Concreta 1, (Diacritica Edizioni, Roma 2019); Politica della poesia, in Severi L. – Antonelli R.(a cura di), Poesia degli anni 2000. Atti del convegno, (in corso di pubblicazione), Intorno a Rossi-Landi. Tra meriti e limiti (atti del convegno in corso di pubblicazione).

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