Le spiegazioni sono sempre successive ai fatti mentre alle motivazioni spetta di esserne antecedenti. Se attribuissimo una dimensione fisica ai pensieri – come se potessimo dire «fai inversione dopo quell’enorme groviglio» –,
con il linguaggio potremmo approssimare ciò che vediamo con gli occhi della mente e tentare di comunicarlo agli altri.
I militanti la chiamano «analisi di fase». Si tratta del momento in cui si dipinge il quadro all'interno del quale si è costretti a vivere e se ne organizza scientificamente la distruzione creatrice, sapendo che, se il capitalismo ha messo «l'anima al lavoro», il primo ad andare in frantumi sarà il soggetto che organizza il processo. Ci si scompone e ricompone prima che ad operare in maniera irreversibile siano i processi del capitale. Questo processo è aperto e l’esito è incerto.
Con questa poesia-intervento l’autore partecipa al dibattito, aperto solo a livello inconscio, con una generazione di militanti che rischia di esaurirsi.
***
Faccio la doccia
senza canzoni da cantare,
la mano quando scrive
segue delle tracce
che il passo non riesce a fiutare -
eppure ogni singola parola non è rivolta che a me:
nonostante combatta sino allo sfinimento
mi ritrovo più di là che di qua.
Allora riprendo il filo,
ripercorro le ragioni,
ritrovo le immagini dei pensieri
e rivedo chiaramente il momento in cui non ho seguito l'istinto,
dove tutto ciò che c'era di buono da farsi
e che ora potrebbe tranquillamente essere
non è diventato.
E abbiamo il coraggio di parlare di immaginari?
Allora,
compagni e compagne,
cosa ce ne facciamo di quel noi
la cui intelligenza è sorda all'istinto
ed il coraggio non può altro che plasmare la forma che dovremo assumere
per affrontare la prossima giornata?
Io la sento
sgretolarsi
la mia voce,
nella poesia che non intaglia,
nell'assenza di note da danzare,
di sguardi di cui innamorarsi.
Che senso ha immedesimarsi nella musica altrui,
per provare un'emozione?
Ora,
lo capirete tutti,
in queste condizioni
l'ipotesi di una rinascita risulterebbe sciocca,
perché come il serpente
muteremo solo la pelle.
Qui non si parla di cambiare,
si tratta di morire.
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Giuseppe Casale è studente di fisica all'Università di Napoli. Collabora con la rivista Machina e con Punto Input.
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