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Il sesso come categoria politica da distruggere. La rivoluzione di Monique Wittig

Presentazione del corso dell'Università Parallela di Doc(k)s


Quarto corso dell'Università Parallela di Docks

In questo articolo è presentato il corso dell'«Università Parallela» di Docks, Il sesso come categoria politica da distruggere. La rivoluzione di Monique Wittig, previsto agli inizi del 2024.

Per informazioni sul corso scrivere a: docksaps@gmail.com.

Qui l'articolo che spiega il progetto di Docks.


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C’è oggi un’euforia politica attorno a Monique Wittig (1935-2003), scrittrice e teorica lesbica che, dall’inizio degli anni Settanta, ha rivoluzionato il modo di pensare il sesso e l’eterosessualità. E c’è un gran fermento editoriale intorno al suo lavoro, insuperato, ancora oggi, quanto a forza denaturalizzante. In Francia, i suoi libri sono ripubblicati, all’estero si moltiplicano le traduzioni o le ritraduzioni. Per l’Italia, basti pensare al magistrale lavoro di curatela e ritraduzione recentemente fatto da Deborah Ardilli per Il corpo lesbico cinquant’anni dopo la sua prima pubblicazione in francese o a Monique Wittig, agile introduzione al suo pensiero scritta da Eva Feole e me per i tipi di Deriveapprodi. Perché Wittig oggi? E perché con tanta forza trascinante?

Più ragioni storiche concorrono a spiegare questo fenomeno: le fasi politiche che attraversano in diversi paesi alcune frazioni dei movimenti femministi e LGBTQIA+ sono caratterizzate da una critica mossa alla dimensione strutturale del sistema eteronormativo in vigore che trova certamente eco nei testi wittighiani. Nella riscoperta di Wittig, c’è, inoltre, il ruolo trainante, anche se ambivalente, giocato da alcune ormai celebri teorie queer, in special modo quelle di Judith Butler o di Paul B. Preciado, di cui Wittig sarebbe l’antesignana. Essenziale, poi, è stato, ed è, lo smisurato lavoro di trasmissione fatto da appassionate traghettatrici di cultura lesbica come Sande Zeig, Louise Turcotte o Suzette Robichon, che hanno contribuito a permettere al pensiero della teorica di trovare negli ultimi anni nuove forme di incarnazione teorica, artistica, militante, editoriale (qualche esempio qui, qui, qui, qui).

Al di là delle contingenze storiche, ciò che distingue il progetto inscindibilmente intellettuale, letterario e politico di Monique Wittig e che ne fa un polo di attrazione intellettuale è certamente la radicalità del suo anti-essenzialismo (di cui, tuttavia, sovente non si coglie la dimensione materialista o l’ampiezza della gittata). Il corso intende proprio fornire gli strumenti per comprenderne l’origine, il senso e la portata, restituendone il rigore, la coerenza e l’attualità. A tal fine, a partire da un’analisi delle opere di Wittig e della letteratura critica sul suo pensiero, il corso si strutturerà in quattro momenti: il primo presenta il quadro intellettuale in cui il pensiero wittighiano si è radicato ed evoluto, i due successivi spiegano i cardini della rivoluzione epistemologica che la scrittrice ha operato in ambito teorico-politico e letterario, concependo l'eterosessualità come un regime politico totalitario e il lesbismo come una nuova dimensione dell'umano, il capitolo finale analizza le conseguenze che un tale pensiero ha avuto nel campo intellettuale, letterario e politico.


Lezione 1: I sessi sono classi

Monique Wittig ha sviluppato il suo pensiero all’interno di un paradigma teorico – il femminismo materialista – caratterizzato da una visione costruttivista e antagonista dei gruppi di sesso. Per le teoriche femministe materialiste che insieme a Wittig hanno animato la rivista Questions féministes (1977-1980) uomini e donne non sono «gruppi naturali» naturalmente complementari, ma classi di sesso costituite da un rapporto sociale naturalizzato di appropriazione, inferiorizzazione e alterizzazione delle donne da parte degli uomini. La lezione intende illustrare le radici femministe materialiste dell’opera di Wittig e mettere in luce i debiti intellettuali che quest’ultima ha nei confronti di altre teoriche quali Christine Delphy, Colette Guillaumin, Nicole-Claude Mathieu, Paola Tabet e Sande Zeig.

Lezione 2: L’eterosessualità come regime politico totalitario

Per Monique Wittig l’eterosessualità non è riducibile ad un orientamento sessuale, si tratta, invece, di un «regime politico totalitario» che controlla tutta la nostra produzione mentale e opera come l’ineludibile presupposto di qualsiasi forma di società, cultura o soggettività. Detto altrimenti, l’eterosessualità non ha nulla di naturale, ma è un sistema coeso di rapporti di potere naturalizzati attraverso la loro istituzionalizzazione e la loro incorporazione. La lezione intende ricostituire la teoria wittighiana dell’eterosessualità pensata come articolazione di rapporti sociali di appropriazione delle donne da parte degli uomini e, più in generale, dei gruppi minoritari da parte dei gruppi maggioritari, con una struttura di percezione essenzialista e differenzialista – il «pensiero straight» – che, attraverso le categorie di «sesso» e «razza», nasconde l’oppressione dei gruppi minoritari dietro la nozione di «differenza».

Lezione 3. Il lesbismo apre una nuova dimensione dell’umano

Al cuore della produzione teorica e letteraria di Wittig, il lesbismo è da lei trattato in modo del tutto inedito. Non designa, infatti, un orientamento sessuale, né una «differenza» che chiede inclusione o rivendica la propria irriducibile alterità, ma il posizionamento di un gruppo sociale – le lesbiche – caratterizzato da un vantaggio strategico rispetto alle donne eterosessuali. Per Wittig, essere lesbica significa sfuggire parzialmente ai rapporti sociali e categoriali di inferiorizzazione e alterizzazione che costituiscono la classe di sesso «donne». Nella misura in cui la definizione delle lesbiche wittighiane non si fonda sulla nozione di «differenza sessuale» (da Wittig pensata come vettore ideologico primo dell’inferiorizzazione delle donne), tali soggettività si configurano come strutturalmente rivoluzionarie perché in grado di «aprire un’altra dimensione dell’umano», al di là della categoria di sesso.


Lezione 4. Linguaggio e reinvenzione di sé: scienza dell’oppressione e letteratura minoritaria

Per Monique Wittig, la messa in atto di pratiche rivoluzionarie non richiede solo la trasformazione dei rapporti sociali ed economici, ma esige anche la «trasformazione politica delle parole e delle categorie» perché il linguaggio plasma i corpi e le menti dei soggetti sociali trasformando le gerarchie sociali che esso veicola in automatismi percettivi e motori. La lezione presenterà la teoria del linguaggio di Monique Wittig come arma a doppio taglio: da un lato, cinghia di trasmissione della dominazione eteronormativa, dall’altro, sito che i soggetti minoritari possono investire per inventare nuove categorie e nuove soggettività al di là delle categorie di sesso e di genere. Una tale visione della relazione tra realtà e linguaggio genera due conseguenze: l’irruzione nel campo del sapere di quella che Wittig chiama «la scienza dell’oppressione fatta dalle persone oppresse» e l’emergere, nel campo letterario, di testi minoritari che operano come «cavalli di Troia» smascherando il particolarismo e la violenza insita nella nozione di «universale» in vigore.


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Sara Garbagnoli, sociologa e femminista,è ricercatrice collegata ai centri di ricerca LEGS (C.N.R.S.) e PoliTeSse (Università di Verona). La sua ricerca si concentra sulla teoria femminista, l’analisi del discorso e la sociologia dei movimenti «anti-gender». È coautrice del volume Monique Wittig con Eva Feole (Deriveapprodi, 2023) e ha co-curato Le rivoluzioni del desiderio (Fandango 2023). Con Massimo Prearo è autrice di La croisade “anti-gender” (Textuel 2017; Kaplan 2018), ha curato con Vincenza Perilli Non si nasce donna (Alegre, 2013). Ha contribuito ai volumi Campagnes anti-genre en Europe (Rowman & Littelfeld, 2017), Antiféminismes et masculinismes d'hier et d'aujourd'hui (PUF, 2019) e Introduzione ai femminismi (DeriveApprodi, 2019). Ha pubblicato su riviste scientifiche come «Les Cahiers du Genre», «Nouvelles Questions Féministes», «Genesis», «About Gender», «Religion & Gender». Ha scritto per Open Democracy, AOC, Médiapart, La Déferlante, Jacobin Italia e Il Manifesto. Nel 2022 per il suo lavoro di ricerca nel campo degli studi femministi ha ricevuto il Premio Internazionale Emma Goldman dalla Fondazione FLAX.


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