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Il capo di questo partito

(dal verbale di una spia prussiana – 1853)


Roberto Gelini, La verità



Il capo di questo partito [il partito comunista] è Karl Marx; i suoi compagni sono Engels a Manchester, Freiligrath e Wolff (detto Lupus) a Londra, Heine a Parigi, Weydemeyer e Cluss in America, Bùrger e Daniels erano stati capi regionali a Colonia e Weerth ad Amburgo; tutti gli altri aderenti sono semplici membri. Marx è realmente lo spirito attivo, l’anima del partito; perciò io tengo a farvi conoscere la sua personalità.

Marx è di media statura, ha trentaquattro anni; ma già i suoi capelli imbiancano; è di corporatura robusta; i tratti caratteristici del viso ricordano quelli di Szenere (un rivoluzionario ungherese), ma è di carnagione più scura, ha i capelli e la barba più neri; porta la barba in tutta la sua maestosa lunghezza; e i grandi occhi penetranti e sfavillanti hanno qualcosa di demoniaco e di sinistro. La prima impressione che suscita è quella di una persona energica e ricca di genialità; la sua superiorità intellettuale esercita difatti su quanti lo circondano un potere irresistibile.

Nella vita privata è un uomo estremamente sregolato e cinico e un cattivo ospite, conduce la vita del vero bohémien. La cura della persona, dei capelli, il cambio della biancheria personale sono rari avvenimenti; volentieri si ubriaca. Spesso non fa nulla per giornate intere; ma se ha molto lavoro, vi si dedica giorno e notte con una tenacia instancabile, né esiste per lui un orario per riposare o per svegliarsi. Molto spesso veglia notti intere, poi si distende vestito su di un divano, verso mezzogiorno, e dorme fino alla sera senza curarsi delle persone che entrano nella sua camera come in un negozio. La moglie è la sorella del ministro prussiano von Westphalen. È una donna colta e simpatica, che per amore del marito si è abituata a questa miseria e si è adattata a questa vita da bohème. Ha due figlie e un figlio; i tre fanciulli sono molto belli e hanno gli occhi intelligenti del padre. Come marito e come padre di famiglia Marx è l’uomo più tenero e più dolce, ad onta del suo carattere generalmente irritabile e scontroso. Abita in uno dei quartieri più poveri, quindi dei meno costosi di Londra; ha un appartamento di due stanze, di cui una guarda sulla strada, cioè il salone, dietro il quale si trova la camera da letto. In questo appartamento si cercherebbe inutilmente «un solo» mobile pulito e in buone condizioni: tutto è rotto, sgangherato e a pezzi, coperto da uno spesso strato di polvere, e tutto è in disordine. In mezzo al salone si trova una gran tavola di venerando aspetto, ricoperta di tela cerata; essa scompare sotto i manoscritti, i giornali, i libri, i balocchi dei ragazzi, gli stracci e i lavori della signora Marx; vi si può anche notare qualche tazzina dai bordi sbocconcellati, cucchiaini sporchi, coltelli, forchette, un candeliere, dei bicchieri, un calamaio, delle pipe olandesi, cenere di tabacco, tutto alla rinfusa su questa unica tavola. Quando si entra in casa di Marx si para avanti agli occhi una così densa nuvola di fumo, prodotta dal carbone e dal tabacco, che bisogna cominciare a introdursi a tentoni, come in una caverna, finché lo sguardo si abitua e permette di scorgere qualche oggetto, come in una nebbia. Tutto è sporco, coperto di polvere: è veramente pericoloso mettersi a sedere. Una sedia ha solo tre gambe, i ragazzi giocano alla cucina sull’altra sedia che per miracolo è ancora sana: è proprio quella che vi offrono, ma senza sgombrare la cucina dei bambini, e a sedersi ci si rimettono i pantaloni. Ma Marx e sua moglie non si preoccupano di nulla. Vi ricevono con molta gentilezza, offrono con garbo una pipa, del tabacco e la bevanda che è a portata di mano. Una conversazione intelligente e simpatica finisce per compensare i difetti domestici, per render sopportabile la mancanza di ogni comodità; ci si abitua alla compagnia, si trova l’ambiente interessante, originale. Tale è il quadro fedele della vita familiare del capo dei comunisti, Karl Marx.

(in B. Nikolaevskij – Maenchen-Helfen, Karl Marx. La vita e l’opera, Einaudi, Torino 1969)

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