Il calcio è un gioco postmoderno? No
- Toni Negri
- 5 ago
- Tempo di lettura: 5 min

In viaggio immobile raccoglie una selezione degli scritti che Toni Negri pubblicò originariamente sulla «Folha de S.Paulo». Tra le varie riflessioni raccolte, il calcio ha un ruolo sicuramente importante, sport che Toni Negri seguiva con autentica passione.
Pubblichiamo due articoli tratti dall'appendice.
***
Il calcio è bello perché esalta l’armonia
Il calcio è lo sport più bello del mondo, e questo perché è un gioco di virtù. Mi spiego: Machiavelli definiva virtuoso quel gioco nel quale i giovani guerrieri romani danzavano nei giorni di festa, celebrando la vita e la guerra, l’amore e la morte, il coraggio e la generosità. Con questa definizione, Machiavelli criticava la via cristiana, dove la gioia e il gioco sono stati estirpati e sostituiti da tristi rituali. Il calcio è pertanto virtuoso perché è un gioco che riunisce singolarità che collaborano per un obiettivo comune. Esalta la cooperazione di piedi e cervello. Per quanto paradossale possa sembrare, possiamo applicare al calcio gli schemi che derivano dalla sociologia del lavoro. Anche il lavoro postmoderno, immateriale e virtuale, nasce dalla cooperazione delle funzioni intellettuali (delle mani e delle teste), si realizza attraverso mezzi di comunicazione e si produce attraverso legami sottilissimi. Il calcio un gioco postmoderno? No, certamente no: la modalità è nata in una bella piazza della Firenze rinascimentale ed è stato codificato nei college inglesi. È, quindi, un frutto della modernità. Solo il calcio, meglio di ogni altro sport, si è adattato alla nuova era in cui stiamo entrando, perché è lo sport delle moltitudini. Le grandi moltitudini che creano lo spettacolo, ma soprattutto le piccole moltitudini, quegli agglomerati unici che costruiscono una squadra. Qualche settimana fa ho assistito ad una prova del direttore Claudio Abbado con la Filarmonica di Berlino: un vero e proprio allenamento di grande singolarità. È stato meraviglioso seguire l’accumulo di partiture e tornei strumentali in un suono sempre perfetto e distinto, il suono di ciò che è comune. Di tanto in tanto il direttore d’orchestra faceva un passo indietro, scendeva dal palco e faceva capire che l’orchestra stava suonando da sola.
Anche guardando il calcio ho l’impressione di sentire un brano musicale che suona da solo. L’importanza dell’allenatore è fondamentale, perché unisce la giocosità ad un eventuale capolavoro. Ma torniamo alla sociologia del lavoro: anche il lavoro immateriale, cioè quello intellettuale e informatico, si articola attraverso il fraseggio multiplo della singolarità. E se la macchina organizza la produzione, la cooperazione linguistica ne costruisce il senso. Nella misura in cui mettendo insieme i fonemi si formano le parole, e mettendo insieme le parole, possiamo gridare «gol!», come grandi pensatori logici, i calciatori costruiscono il significato con l’intelligenza dei loro piedi, supervisionati dal cervello comune che permette loro di dipanare l’azione complessa. Abbado scende dalla pedana, e l’orchestra continua a suonare. Produzione di moltitudine, produzione postmoderna, produzione intellettuale. Il calcio è nato tanto tempo fa, ma solo oggi, entrando in questa nuova era, è riuscito a mostrare pienamente il fascino della vita di oggi, postmoderna e immateriale. Guardate gli altri sport collettivi: il football americano o il rugby non sono costruiti come una totalità, come una musica corale. Sono, piuttosto, frammenti di episodi di gioco. Entrambi combinano un’esasperazione delle prestazioni individuali. Sono sport schizofrenici, tipici dell’articolazione moderna sempre incompleti, allo stesso tempo di massa ed individuali. All’opposto di tutto questo, il calcio: qui non c’è né massa né semplicemente individualità. C’è una moltitudine che contempla le singolarità, c’è una proliferazione multipla di azioni singolari, c’è un coro polifonico.
Uno sport morale, ma anche poetico
Quando uno sport diventa una passione così diffusa e profonda come è successo per il calcio, diventa interessante per il potere. Gli imperatori romani lo sapevano già, il circo era il calcio dell’epoca. Ma lo sport non è semplicemente un momento di liberazione per cittadini infelici ed una compensazione ludica per le sofferenze quotidiane. Insomma, una medicina sociale. Lo sport può anche essere pensato anche come un’azione positiva per il mantenimento dell’ordine pubblico. Può, quindi, trasformarsi in uno strumento di organizzazione e di addestramento delle masse, ovvero in quello che i sovrani assolutisti del XVIII secolo chiamavano un’«azione di polizia». In alcuni paesi europei, americani, asiatici ed africani, è intorno al calcio che finisce per svilupparsi gran parte della riflessione sul rapporto tra sport e polizia. In che senso? Il calcio ha il vantaggio di essere uno sport morale – è difficile comprendere come un calciatore possa drogarsi, in fondo, questa azione aggiunge poco alla dinamica del gioco (Maradona insegna). D’altra parte, è difficile, quasi impossibile, pensare alla corruzione nel gioco, alla falsificazione dei risultati ecc. Ecco quindi gli esempi edificanti. Ma non è solo questo che interessa al sovrano. L’opportunità che si offre è di prendere il calcio come paradigma dell’ordine sociale, il gioco dei calci come «tipo ideale» della costituzione (fisica e morale) di un paese. In positivo o in negativo. In positivo: nella misura in cui intorno al calcio le presunte virtù di una nazione possono materializzarsi (l’inventiva brasiliana, l’astuzia italiana, la disciplina tedesca, il dinamismo snob degli inglesi). In negativo: le partite, che possono diventare ricettacoli di violenza popolare, offrono un terreno ideale per dimostrare quanto sia necessario il potere della polizia. Aggiungiamo a queste banali considerazioni qualche altra riflessione. In Italia c’è un grande giornalista sportivo, Gianni Brera, che nei suoi articoli è riuscito a creare una sorta di panorama dello sviluppo italiano dal dopoguerra fino al trionfo capitalistico degli anni ’60. Ha anche tracciato (in forma subliminale) il desiderio di gruppi che non erano vicini al potere, che hanno combattuto il capitalismo e che tuttavia hanno continuato a vivere. Non si trattava quindi, per Brera, di ridurre gli attori del calcio ad una tensione unidimensionale di comunità, di orgoglio nazionale, di avventura quasi imperialista quando giocava la selezione italiana. Si trattava soprattutto di mostrare, nel calcio, come gli oppressi potessero prendere coscienza, emanciparsi e ribellarsi. Con Brera il giornalismo sportivo, da dispositivo di polizia, si apre, improvvisamente, alla rappresentazione delle classi subalterne. Oggi, se il calcio è l’immagine di queste classi, come potrà il movimento della moltitudine indicare una speranza, un nuovo salto in avanti? Non saremmo troppo esigenti se chiedessimo a noi stessi di produrre un movimento politico fatto dell’eleganza del tocco (democratico) di Ronaldo o dello scatto (socialista) di Vieri. Quello che non possiamo davvero chiedere al prossimo campione del mondo è di alzare i pugni proletari come fecero gli afroamericani alle Olimpiadi del 1968. No, davvero, non vogliamo cerimonie. A me, già mi da fastidio sentire parlare di quegli anni nazionalisti. Il fatto è che, come diceva Brera, bastano grandi moviment e belle partite per ridare la speranza di poter essere tutti una sola moltitudine, nel mondo, fraternamente. Perché il calcio è questa poesia politica…
***
Toni Negri (Padova 1933 - Parigi, 2023) ha vissuto e lavorato tra l'Italia e la Francia. Già docente di Dottrina dello Stato a Padova, ha insegnato in molte università in Europa e nel mondo. La sua riflessione filosofica e politica gli è valsa un importante riconoscimento internazionale. Per DeriveApprodi ha pubblicato: Spinoza, Arte e multitudo, Inventare il comune, L'idea di comunismo, pipe-line, Settanta (insieme a Raffaella Battaglini), In viaggio immobile, I libri del rogo.
Per approfondire:









The first thing you’ll notice in ragdoll archers is the physics—the way your archer stumbles, jumps, and somehow still lands that perfect headshot.
The easiest approach to get elegance, passion, and seclusion all in one package is to reserve a Escorts Service Noida. Every escort is hand-picked to offer companionship that precisely suits your needs. Their ability to customize each meeting makes it exceptional, from discussion and laughing to romantic intimacy, guaranteeing that you will return for the same pleasure.
Do you need a break from your everyday routine? That's exactly what Escorts Service in Dwarka provides. These remarkable companions are unpredictable; they may be calm and graceful one minute, and then untamed and daring the next. It all comes down to aligning your energies. You'll experience a sincere spark that ignites into heat and leaves a pleasant memory that lasts for a long time.
L’idea del calcio come “poesia politica” mi ricorda quei rari momenti in cui tutti i movimenti si incastrano alla perfezione, come in un livello di Geometry Dash quando finalmente superi una sezione impossibile e senti che tutto scorre in armonia.