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Fisiosemiotica: per una ecologia delle relazioni





Ecosemiotica, biosemiotica, fisiosemiotica, una rivoluzione è in corso nelle scienze del linguaggio. E anche qui l’idea di relazione è al centro.


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I viventi e la semiotica

La biosemiotica, branca della semiotica che si occupa dell’indagine dei segni e delle relazioni di significato all’interno della sfera biologica, si esprime nella fusione tra semiotica e biologia. Tale incontro permette di reinterpretare le relazioni che avvengono tra differenti sistemi viventi. Il progetto di ricerca interdisciplinare della biosemiotica cerca di riaprire il dialogo tra le scienze della vita – e tra queste e le discipline umanistiche – su ciò che i termini ineliminabili come «significato» e «significante» possono offrire nel contesto dei sistemi viventi e adattivi complessi.

Le ricerche e i risultati ottenuti da Jacob von Uexküll hanno allargato il dibattito della biosemiotica a differenti sistemi viventi. Infatti, nella letteratura contemporanea si discute di zoosemiotica e di antroposemiotica come sfere legate a differenti modalità di esprimere un certo tipo di comunicazione che permette agli animali di stare al mondo. Il discorso si è poi esteso anche ad altri regni del vivente, quello vegetale in particolare.

Il semiologo tedesco Martin Krampen scrive un articolo nel 1981 dal titolo Fitosemiotica. La fitosemiotica, secondo le ipotesi di Krampen, cerca di indagare la comunicazione nel regno vegetale, considerando i segnali che sono rilevanti per una determinata pianta al fine di sopravvivere. Dalla fine degli anni ’80 si è scoperto che le piante comunicano i pericoli attraverso diversi canali di comunicazione: elettrici, chimici, magnetici. Inoltre, esperimenti empirici hanno dimostrato che le piante attraggono o respingono determinati animali in base alle loro particolari esigenze: protezione, riproduzione e nutrizione. Oltre alla semplice reazione dovuta alla mera sopravvivenza in un ambiente specifico, le piante svolgono anche un importante ruolo estetico nella cultura umana. Questa rilevanza estetica risiede nel rapporto che l’umano ha avuto con le piante nel corso della sua storia filogenetica. In questo senso è possibile interpretare il rapporto del mondo vegetale che intrattiene all’interno del regno biologico tra differenti specie vegetali e animali. Non è tutto, poiché il discorso biosemiotico permette di estendere l’interpretazione comunicativa in modo trasversale in tutti i regni; tranne uno: il regno minerale. Infatti, applicando la semiosi alla vita, tutto ciò che non è vita rimane escluso da ogni processo semiotico. Il regno minerale racchiude gli esseri non viventi come le rocce e i minerali, materiali inermi e inanimati. Tuttavia, il mondo vegetale è estremamente legato alle forme inorganiche. Molteplici forme vegetali sfruttano il regno dei funghi per assorbire alcune proprietà minerali della materia inorganica. Difatti, i funghi (all’interno della micosemiotica) hanno la capacità di decostruire la massa rocciosa e di digerirla per fornire alla pianta le proprietà di cui ha bisogno, sulla base di una coesistenza nell’ambiente. Inoltre, attraverso il processo di biomineralizzazione è possibile per alcuni organismi viventi produrre minerali.


Ecosemiotica

In questo senso, si può notare come i diversi regni che compongono un ecosistema siano collegati e interconnessi (direttamente o indirettamente). Questa prospettiva ha dato origine all’ecosemiotica, che studia i processi segnici come responsabili dei fenomeni ecologici [1]. In tale approccio, la creazione di significato non avviene solo nell’incontro tra l’organismo e il suo ambiente, ma anche nella mescolanza e nella relazione di diversi ambienti complessi. Le funzioni che collegano individuo/individuo, individuo/ambiente e ambiente/ambiente sono mediate, secondo l’ecosemiotica, da una componente semiotica [2]. La componente semiotica è necessaria all’organismo per interpretare correttamente l’utilizzo di una risorsa. L’interfaccia viene definita come la ecofield interface, ossia una configurazione spaziale portatrice di un significato specifico percepito quando viene attivata una determinata funzione vivente [3]. Pertanto, in ogni ecosistema ci sono attori attivi e dinamici che costituiscono una complessa rete di relazioni semiotiche. La complessità e i rapporti semiotici emergono in ogni ecosistema. In questo senso, se intendiamo i sistemi ecologici come sistemi semiotici e se intendiamo i sistemi semiotici come sistemi complessi, allora possiamo parlare di un complesso ecosistema cognitivo.


Gaia e le teorie della complessità

Maturana e Varela avevano affermato che i sistemi complessi sono sistemi cognitivi poiché sono autopoietici [4]. La stessa organizzazione autopoietica la ritroviamo in ogni sistema ecologico. Tuttavia, nei sistemi ecologici sono presenti sia elementi organici che inorganici. Entrambi questi elementi sono coinvolti nella composizione dell’ambiente. Basti pensare all’energia del sole, alla mineralizzazione del suolo, al mantenimento della temperatura degli oceani, alla riflessione della luce da parte dei ghiacciai, ecc. Tutti questi elementi inorganici sono legati alla materia organica e agli organismi in modo inscindibile. Quando pensiamo agli organismi come separati dalla terra o dall’aria, così come dall’ossigeno o dall’anidride carbonica, commettiamo un errore metafisico. Non esiste un’entità separata dal resto. Non è possibile estrarre empiricamente un elemento da ciò che lo circonda. Questa non è solo una legge fisica, secondo la quale ogni oggetto del mondo non ha qualità intrinseche proprie o essenziali; ogni oggetto del mondo è la somma cumulativa delle sue relazioni con l’ambiente circostante [5]. Ciò è anche la base per leggere ogni fenomeno (sociale, culturale, identitario, biologico, ecc.) esistente attraverso le teorie della complessità. In altre parole, per costruire una «semiotica della natura», dobbiamo utilizzare le teorie della complessità come metodo di analisi.

L’ipotesi Gaia proposta da James Lovelock [6] riflette perfettamente le teorie della complessità così come le abbiamo presentate. Secondo questa ipotesi, è possibile vedere il pianeta Terra come un sistema complesso impegnato in un continuo processo di autoregolazione. Nel sistema Terra, gli organismi viventi interagiscono con i componenti inorganici che li circondano per formare un sistema complesso. Per questo motivo, se identifichiamo i sistemi semiotici non solo con la vita ma con i sistemi complessi, allora questi processi utili alla sopravvivenza, ma anche alla collaborazione tra regni, includono la materia inorganica come parte attiva dell’ecosistema.

Se pensiamo all’emergere della vita sul pianeta, per esempio, dobbiamo riflettere sul ruolo dell’organizzazione della materia inorganica. In questo senso, la relazione tra i materiali inorganici (come le molecole) ha portato a un aumento della complessità, conducendo alla formazione di organismi unicellulari. La storia del pianeta ci mostra una storia di continuità tra la non-vita e vita, così come tra inorganico e organico. A titolo di esempio, la varietà di minerali presenti sulla Terra è il risultato dell’azione degli organismi viventi e, a sua volta, la varietà di minerali ha contribuito alla diversità degli organismi. È un ciclo continuo che crea un’ecologia delle relazioni.


Fisiosemiotica

La branca che studia l’ecologia delle relazioni da una visione non biocentrica è la fisica. La fisica può spiegarci le dinamiche ecologiche a partire dalle relazioni fisiche intrattenute in un ecosistema complesso. Alla luce della semiotica, si può infatti parlare di fisiosemiotica. Il termine «fisiosemiosi» è stato inizialmente utilizzato da Walter A. Koch [7] con la nozione di «fisicosemiotica» e da John Deely [8] con la «fisiosemiotica». Tuttavia, la nozione si è ulteriormente sviluppata grazie ad autori come Claus Emmeche [9] e Winfried Nöth [10] che hanno preso in considerazione panoramiche distaccate dall’ambito zoologico. Come ha scritto Nöth: «La fisicosemiotica è lo scandalo dei semiologi conservatori. L’idea che la semiosi sia possibile nel mondo inorganico è una contraddizione in termini per coloro che postulano che l’intenzionalità umana o almeno la vita è la soglia semiotica essenziale» [11].

La fisiosemiotica, reinterpretata in modo differente da questi autori, ci aiuta a far emergere delle criticità nei riguardi della biosemiotica. Infatti, scorgiamo un problema nell’identificare solo la vita con la semiosi per diversi motivi: in primo luogo, non è possibile determinare a priori cosa è vita e cosa non lo è; in secondo luogo, esistono molteplici individui che si collocano tra la vita e la non vita; in terzo luogo, tracciare una soglia semiotica dal punto di vista della vita stessa, dal punto di vista dell’animale umano, sembra assai arbitrario. Pertanto, la fisiosemiotica diviene un metodo di indagine capace di dare spazio agli attori non viventi, i quali hanno molteplici effetti sull’ecosistema e sulla vita degli organismi. Dagli elementi minerali presenti nel nostro corpo agli eventi atmosferici che alterano le città e la nostra sopravvivenza come specie, la fisiosemiotica indaga la relazione fisica tra gli elementi del mondo.

Le ipotesi che avanziamo con la fisiosemiotica prendono le mosse da un altro autore interessato alle corrispondenze fisiche nell’ambito della semiotica, ovvero Giorgio Prodi. Secondo Prodi [12], i processi di semiosi avvengono già a livello di contatto fisico e di incastro tra elementi eterogenei. Mutando il suo pensiero all’ambito della fisica, possiamo ipotizzare che quando gli elementi si incastrano, come due atomi in una relazione molecolare, così come gli individui biologici in un ecosistema, esiste una corrispondenza che avviene tramite una sorta di relazione semiotica. Questa corrispondenza, che nei sistemi viventi è chiamata coevoluzione, ci permette di comprendere l’interazione che avviene tra elementi naturali differenti. Alcuni elementi si incontrano, impattano e si incastrano, dando origine alla complessità semiotica; altri si incontrano, impattano e non si incastrano perché sono semioticamente indifferenti l’uno all’altro. La fisiosemiotica, come ambito di ricerca, ci permette di non pensare alla materia come un elemento inerme, ingranaggio vuoto di una macchina che funziona da mera base per la vita. La materia detiene dentro sé capacità prima inimmaginabili che si attivano in base alle relazioni intrattenute. I neomaterialismi in filosofia, così come la fisiosemiotica nell’ambito semiotico, permette di vedere la complessità che costituisce il mondo in una costante stratificazione e assemblaggio di vivente e non vivente, organico e inorganico, in una perpetua comunicazione. Si tratta di una cosmologia della materia che riprende l’idea che tutto sia in movimento e questo movimento alla base delle cose del mondo si assembli secondo determinate selettività. In questo senso possiamo leggere la posizionalità (come entità in relazione) e la selettività (quale processo di incastro o indifferenza) come due processi fisiosemiotici che sostituiscono l’intenzionalità e le facoltà mentali che hanno dominato il dibattito nella semiotica e nella filosofia del linguaggio.



Note [1] Farina, A. (2021). Ecosemiotic Landscape. A Novel Perspective for the Toolbox of Environmental Humanities. Cambridge: Cambridge University Press. [2] Maran, T. (2020). Ecosemiotics. The Study of Sign in Changing. Cambridge: Cambridge University Press. [3] Farina, A., Belgrano, A. (2005). The Eco-field Hypothesis: Toward a Cognitive Landscape. Landscape Ecology, 21, 5-17. [4] Maturana, H., Varela, F. (1980). Autopoiesis and Cognition. The Realization of the Living. Dordrecht: Riedel Publishing Company. [5] Rovelli, C. (1996). Relational Quantum Mechanics. International Journal of Theoretical Physics, 35 (8): 1637-1678. [6] Lovelock, J. (1979). Gaia. A New Look at Life on Earth. Oxford: Oxford University Press. [7] Koch, W. A. (1987). A plea for evolutionary cultural semiotics. In Eschbach, A., Koch, W. A. (eds.). A Plea for Cultural Semiotics. Bochum: Brookmeyer. [8] Deely, J. (1990). Basic of Semiotics. Bloomington: Indiana University Press. [9] Emmeche, C. (1994). The computational notion of life. Theoria – Segunda Epoca, 9 (21); Id. (1999). The biosemiotics of emergent properties in a pluralist ontology. Semiosis, Evolution, Energy: Towards a Reconceptualization of the Sign. Aachen: Shaker Verlag. [10] Nöth, W. (1999). Ecosemiotics and the semiotics of nature. Semiosis, Evolution, Energy: Towards a Reconceptualization of the Sign. Aachen: Shaker Verlag. [11] Nöth, A. (2001). Protosemiotics and physicosemiosis, Sign System Studies, 29 (1), 15-16. [12] Prodi, G. (2021). Le basi materiali della significazione. Milano: Mimesis.


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Nicola Zengiaro è dottorando in semiotica all'Università di Bologna, dove si occupa principalmente di biosemiotica e semiotica dei materiali. Fa parte della redazione della rivista "Animal Studies. Rivista italiana di zooantropologia" e ha pubblicato diversi articoli su riviste nazionali e internazionali sull'animalità e la questione animale.

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