
Molto interessante da leggere l'intervista di Gabriel Seroussi ad Houria Bouteldja, l'autrice francese di cui DeriveApprodi ha recentemente pubblicato Maranza di tutto il mondo, unitevi!, libro che è stato più volte attaccato dalla destra italiana.
L'intervista parte dai fatti del Corvetto, confrontando la situazione italiana con quella francese e analizzando il ruolo che polizia e altri apparati pubblici hanno nel mantenere l'ordine razziale degli Stati occidentali. Una riflessione utilissima per capire come si possa costruire, oggi, un antirazzismo politico all'altezza dei tempi.
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Quando muore un ragazzo non ancora ventenne le parole rischiano di essere solo uno strumento per riempire un vuoto tanto incolmabile quanto spaventoso. La morte di Ramy Elgaml non è però come le altre. La sua tragedia, quella della sua famiglia e dei suoi amici, non ha generato silenzio, ma rabbia. Le ragioni di questo sentimento si spiegano da sole. Ramy è morto - direttamente o indirettamente – per responsabilità delle forze dell’ordine. Questo è il messaggio che dalle vie di Corvetto ha travolto l’opinione pubblica e, poi, anche la Procura – è dell'altro giorno infatti la notizia che almeno due carabinieri sono stati indagati per falso, frode processuale e depistaggio. Alle voci di chi conosceva il ragazzo e abitava il suo stesso quartiere, si è sovrapposto un coro, fatto di tante, troppe parole. Attorno alla morte di Ramy e alle rivolte che ne sono conseguite si è infatti sviluppato un dibattito pubblico svilente. Al di là delle consuete bestialità espresse dalla destra, è stata la sinistra istituzionale a dimostrare tutta la sua pochezza intellettuale e politica. Il pellegrinaggio di Sala al Corvetto, le sue parole pacificanti, il suo cordoglio di circostanza non riescono a nascondere il timore di una realtà che a sinistra non si ha più gli strumenti per comprendere e, quindi, per governare.
Poche settimane fa DeriveApprodi ha pubblicato l’edizione italiana di Beaufs et barbares: le pari du nous di Houria Bouteldja. Il libro – il cui titolo in italiano è Maranza di tutto il mondo unitevi! – cerca di riconcettualizzare una serie di fenomeni storici e culturali che da sinistra oggi vengono ignorati o letti con superficialità. Con la sua analisi rigorosa e provocatoria, la studiosa e militante antirazzista franco-algerina ripercorre la storia della sinistra francese ed europea per spiegare come si è arrivati a questo vuoto ideologico e politico. Elaborando la sua riflessione all’interno del campo decoloniale, l’autrice racconta come partiti e sindacati di sinistra abbiano posto le basi per un «contratto razziale» che organizza i rapporti sociali e del lavoro negli Stati occidentali. Per sconfiggere l’estrema destra, viene dunque ipotizzata una difficile ma necessaria alleanza tra i «barbari» delle metropoli postcoloniali e i «bifolchi» del lavoro povero in Europa, le «seconde generazioni» razzializzate e gli «underdog» bianchi colpiti dalla crisi. In questi giorni di rabbia e sconforto, leggere le parole di Houria Bouteldja può offrire spunti di riflessione nuovi per tentare di capire il mondo che ci circonda e ipotizzarne uno diverso. Ho avuto il piacere di averci una lunga conversazione che, partendo dai fatti di Corvetto, tenta di riassumere almeno alcuni dei punti salienti del suo pensiero politico.
«Non so esattamente da cosa partire» - mi dice l’autrice in riferimento alla morte di Ramy – «So che in Italia avvenimenti di questo tipo sono relativamente nuovi. Purtroppo credo che un caso non basti per creare una coscienza collettiva sulla police brutality nei confronti delle comunità razzializzate. Dovranno accadere ancora molti crimini… Credo però che l’esperienza francese possa essere d’aiuto alle comunità razzializzate e ai movimenti italiani nell’andare più veloci nel comprendere il ruolo che la polizia ha nel mantenere l’ordine razziale negli stati occidentali». Questo ordine razziale, secondo Houria Bouteldja, sarebbe sostenuto anche dai partiti della sinistra istituzionale che pongono al centro del loro discorso pubblico la lotta ai nuovi fascismi. L’autrice, in questo senso, parla di antirazzismo morale. «L’antirazzismo morale è innanzitutto un modo per sfuggire al razzismo reale. È una visione superficiale e confortevole di vedere il razzismo unicamente come un sentimento individuale, che si concentra nell’estrema destra. Questo però non è vero. Il razzismo è qualcosa di strutturale e collettivo, è un prodotto dello Stato. Da qui nasce l’antirazzismo politico, che io oppongo a quello morale. Il secondo ha l’intento di educare e riformare gli individui e si concentra sulla lotta all’estrema destra, il primo ha come obbiettivo quello di cambiare lo stato di cose presenti e ha lo Stato come controparte. L’estrema destra è infatti un prodotto dello Stato. Solo indebolendo quest’ultimo, combatteremo i fascismi».
Mi addentro, dunque, nel cuore della sua riflessione politica e mi sposto nel contesto francese. Il Rassemblement National di Marine Le Pen è in continua ascesa, mentre la sinistra sembra succube di quell’antirazzismo morale che si è appena descritto. Qualcosa, forse, è cambiato con la formazione del Nouveau Front Populaire, che la Bouteldja ha deciso di sostenere pubblicamente. «Sicuramente non è nulla rivoluzionario, ma è una coalizione guidata dalla sinistra radicale» – puntualizza subito l’autrice – «Il Fronte ha, a mio parere, i requisiti necessari per essere appoggiato: è anticapitalista, è contro la violenza della polizia, è anti-islamofobo e si è schierato apertamente al fianco della Palestina. È quindi un soggetto interessante perché rompe quello che io chiamo il “contratto razziale” della Francia liberale. Questa coalizione è frutto di venti anni di incredibile lavoro dei movimenti sociali radicali in Francia, che hanno spinto la sinistra istituzionale ad abbracciare l’antirazzismo politico». Nel libro l’autrice assegna alla stagione dei Gilet Gialli nel 2018, un’enorme centralità. Le chiedo quanto quelle proteste siano state rilevanti nel forgiare l’attuale contesto sociale politico francese. «I Gilet Gialli hanno generato il panico nello Stato e nella Borghesia. Storicamente la working class francese aveva aderito al “contratto razziale” con la borghesia, permettendo alla Francia di essere una potenza imperialistica, in cambio del salario e di altri privilegi. Quando ho visto la polizia picchiare i bianchi poveri in piazza, ho pensato che questo fosse un momento estremamente significativo: è stato l’inizio della rottura del “contratto razziale”. Ora bisogna capire con chi si alleeranno i bianchi poveri: con il resto della working class non-bianca o sceglieranno il fascismo?».
A questo punto, entriamo nel vivo della conversazione. Come si costruisce questa alleanza tra bianchi impoveriti e abbandonati dallo Stato e working-class non-bianca? «Io non credo che ad un certo punto i bianchi poveri si evolveranno e capiranno… Non penso accadrà mai. Noi come attivisti dobbiamo pensare a cosa possiamo offrire a questi soggetti in cambio del loro sostegno. Per questo io sono arrivata a sostenere l’idea di una “Frexit decoloniale”. Se c’è un sentimento che unisce tutta la working class è l’antieuropeismo. Noi, come attivisti decoloniali, sappiamo che l’Europa è imperialista, capitalista e fascista. E allora perché dovremmo sostenere l’Unione Europea? Per quale ragione? È vero: anche lo Stato nazione Francese è imperialista, capitalista e fascista. Ma, ricordiamoci, il motivo per cui gli stati sostengono l’Unione Europea è perché da soli sono fragili. Quando ti rendi conto di questo ti chiedi: “è meglio avere una singola nazione capitalista e fascista ma fragile, o un'unione solida di stati capitalisti e fascisti?”. Se dal contesto francese ci si sposta in quello statunitense, l’alleanza di cui parla Houria Bouteldja sembra stia avvenendo nel campo conservatore Trumpiano, dove si rifugiano sempre più persone latine e afro-americane. La domanda potrebbe essere quindi: ma se anche le persone razzializzate preferissero il fascismo? È una questione di offerta. Quello che propone Trump esiste anche in Francia, lo ha teorizzato l’ideologo dell’estrema destra Alain Soral. Secondo il soralism, l’estrema destra dovrebbe offrire alla working class non-bianca la possibilità di ottenere la dignità di essere francesi. L’idea è che tu possa essere nero o mussulmano in Francia, solo se decidi di servire l’imperialismo francese. Io chiamo questa: una offerta politica. La sinistra non ha mai capito il bisogno delle persone razzializzate di avere una nazione. Ed è un bisogno comune a quello dei bianchi. Anche i bianchi non sono internazionalisti, vogliono sentirsi patrioti. Come attivisti decoloniali siamo anti-imperialisti e internazionalisti, ma dobbiamo capire il bisogno delle persone di voler far parte e amare una nazione».
Come domanda conclusiva ritorno dunque al concetto di «rivendicare il proprio essere barbari». Chiedo all’autrice se, secondo il suo punto di vista, fatti come quelli di Corvetto possano contribuire a spostare il piano della contesa dall’anti-razzismo morale a quello politico. Houria Bouteldja mi risponde: «Le comunità razzializzate sono, di per sé, ambigue. Non sono sicura vogliano la fine dello Stato integrale razziale. In Francia, moltissimi voglio integrarsi. Confrontandosi quotidianamente con il razzismo le persone possono assumere una postura rivoluzionaria oppure integrazionista. Le persona razzializzate vogliono una macchina, una bella casa ed essere ricchi come tutti gli altri. Ma la situazione, in Francia nello specifico, non gli permette di raggiungere questi obbiettivi. Là inizia il lavoro dell’attivista».
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Gabriel Seroussi è un autore italiano che si occupa di musica rap, sottoculture e comunità marginalizzate. Ha collaborato per Rivista Studio, Rolling Stones, Outpump, Lucy Sulla Cultura, Esse e Billboard. Dirige il magazine indipendente oltreoceano, dedicato alla cultura della comunità afroamericana.
Houria Bouteldja è una nota teorica e militante antirazzista franco-algerina. Ha cofondato il Partito degli indigeni della repubblica. Insieme a Sadri Khiari è autrice di Nous sommes les indigènes de la république e deI bianchi, gli ebrei e noi. È membro del comitato editoriale di «QG décolonial» e del blog «Paroles d’honneur». Per DeriveApprodi ha pubblicato: Maranza di tutto il mondo, unitevi! (2024).
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