Storia e sviluppo della critica letteraria ambientale
Ora che la zona ecologica è frequentata da chiunque è più che mai necessario iniziare a capirla oltre la superficie, Anna Re, una delle maggiori conoscitrici dell’ecocritica, ci fornisce un panorama storico e non solo.
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1. Studi letterari all’epoca della crisi ambientale negli Stati Uniti
Nel 1989 Cheryll Burgess Glotfelty, docente di letteratura americana, pose al mondo accademico letterario una domanda provocatoria: «How can we, as literary critics, respond to the environmental crisis?»[1]. La studiosa fece notare che, mentre i movimenti sociali degli anni Sessanta e Settanta come quelli per i diritti civili e l’emancipazione delle donne avevano avuto un riscontro significativo nella formazione degli studi letterari, lo stesso non si poteva dire del movimento ambientalista degli stessi anni. Negli anni Settanta furono espresse le prime forme di critica letteraria ecologicamente orientata, ma rimasero delle espressioni individuali perché gli esponenti del nuovo pensiero non si unirono in un gruppo identificabile, anzi spesso non erano nemmeno a conoscenza dei reciproci lavori, per cui i loro sforzi non vennero riconosciuti come appartenenti a un distinto movimento critico. In un certo senso ognuno di questi studiosi stava scoprendo, da una posizione d’isolamento rispetto al mondo letterario, un nuovo approccio ambientalista alla letteratura.
Solo a metà degli anni Ottanta questi studiosi iniziarono dei progetti di collaborazione, aprendo così un nuovo campo di studi letterari che cominciò a crescere agli inizi degli anni Novanta. Nel 1991, alla conferenza annuale della Modern Language Association[2], vi fu una sessione speciale organizzata dal critico Harold Fromm intitolata: «Ecocriticism: The Greening of Literary Studies». E da quel momento incominciò a diffondersi il concetto di ecocriticism che in italiano può essere reso con il termine «ecocritica».
Per ecocritica si intende lo studio del rapporto tra letteratura e ambiente fisico. All’interno di una grande varietà d’interpretazioni e orientamenti, l’ecocritica condivide la premessa fondamentale secondo la quale la cultura umana è connessa al mondo fisico nel senso che lo influenza e ne è a sua volta condizionata. Oggetto d’indagine di questi studi sono le interconnessioni tra natura e cultura, e in modo specifico le modalità attraverso le quali il linguaggio della letteratura racconta l’ambiente. Il suo discorso teoretico cerca cioè di esplorare le relazioni tra il mondo umano e quello non umano, laddove la teoria letteraria, in generale, analizza i rapporti tra gli scrittori, i testi e il mondo. Per “mondo” si intende comunemente la società. L’ecocritica espande la nozione di «mondo» per includere l’intera esosfera, e concorda con la prima legge dell’ecologia di Barry Commoner secondo la quale: «Everything is connected to everything else». Data questa legge per assodata, non si può quindi pensare che la letteratura fluttui al di sopra del mondo, ma piuttosto che anch’essa faccia parte di un sistema globale immensamente complesso in cui l’energia, la natura e le idee interagiscono.
L’espressione ecocriticism fu coniata da William Rueckert nel suo saggio «Literature and Ecology: An Experiment in Ecocriticism» del 1978. Rueckert intendeva per ecocritica l’applicazione dell’ecologia e dei concetti ecologici allo studio della letteratura. Ma le denominazioni di questo ramo verde della critica letteraria sono svariate: literary ecology, environmental literary criticism, ecopoetics, green cultural studies. Il termine «ecocritica» è stato privilegiato perché, analogamente alla scienza dell’ecologia, studia le interrelazioni fra le cose, in particolare tra la cultura umana e il mondo naturale. Inoltre, il prefisso, eco- implica forti connessioni tra le parti costituenti un tutto, senza porne alcuna al centro, ma sottolineandone al contrario le interdipendenze. In questo contesto eco-, dal greco oikos, casa, indica la natura, che è appunto la nostra casa più vasta.
Il campo degli studi ecocritici è molto vasto e non è soggetto a un rigido sistema di codificazione. Nell’introduzione a The Ecocriticism Reader[3], Glotfelty ricorda i suggerimenti di Wallace Stegner, romanziere, storico e critico letterario, riguardo al tentativo di mettere ordine all’interno della «mixed herd»[4] degli studi su letteratura e ambiente. Stegner suggeriva di lasciare che l’argomento rimanesse: «large and loose and suggestive and open, simply literature and the environment and all the ways they interact and have interacted, without trying to codify and systematize»[5]. Concordando sul fatto che il sistema non debba essere rigido, la Glotfelty propone un breve e semplice schema dell’approccio ecocritico per descrivere tre fasi analoghe dell’ecocritica, ispirandosi al modello dei tre stadi di sviluppo che Elaine Showalter utilizzò per la critica femminista.
La prima fase è quella dello studio della rappresentazione. L’ecocritica studia il modo in cui la natura viene rappresentata in letteratura. Questi studi contribuiscono alla creazione di un importante processo di presa di coscienza identificando gli stereotipi o sottolineando la totale assenza di rappresentazione del non umano.
La seconda fase è quella dell’identificazione di una tradizione letteraria. Gli sforzi degli studi ecocritici tendono a recuperare il nature writing, un genere che era stato dimenticato, e la tradizione della nature-oriented non-fiction, che nasce in Inghilterra con Gilbert White e si estende negli Stati Uniti con Henry David Thoreau, John Burroughs, John Muir, Mary Austen, Aldo Leopold, Rachel Carson, Edward Abbey, Annie Dillard, Barry Lopez, Tempest Williams e molti altri. Gli ecocritici analizzano questo vasto corpo letterario da svariati punti di vista, prendendo in considerazione le diverse teorie di critica letteraria esistenti: psicoanalitica, femminista, bakhtiniana, decostruzionista, ecc. Si studiano e si rileggono testi canonici cercando inoltre di individuare quegli autori che manifestano una consapevolezza ecologica e chiedendosi come questi abbiano insegnato alla nostra cultura a percepire la natura.
La terza fase è quella teoretica. È questo lo stadio più complesso e composito, che si rifà ad un’ampia gamma di teorie per sollevare domande fondamentali sulle costruzioni simboliche all’interno del discorso letterario. Si interrogano i dualismi prevalenti nel pensiero occidentale, come quelli che separano il corpo dalla mente, l’umanità dalla natura o la cultura dalla natura.
L’ecocritica non ha solo lo scopo di analizzare il ruolo della natura nella letteratura; essa implica uno spostamento verso una visione del mondo biocentrica, un’estensione dell’etica, un allargamento della concezione umana della comunità globale per includere le forme di vita non umane e l’ambiente fisico. In altri termini, anche nella critica si è manifestato un bisogno di sostituzione della visione antropocentrica con la quale gli uomini si sono sempre avvicinati alla natura con una visione ecocentrica. Va anche precisato in questo contesto che gli uomini non saranno mai in grado di vedere il mondo da una prospettiva che sia diversa da quella umana, ma una elevata sensibilità ai bisogni della natura può avere risultati positivi sull’uomo stesso essendo egli parte della comunità naturale. Il problema, quindi, è più precisamente la visione puramente utilitaristica, e in termini di consumi materiali, che permea il rapporto tra uomo e pianeta nella nostra civiltà: il ben-essere è inteso ormai quasi esclusivamente come disponibilità di un’abbondanza di cose da consumare e da eliminare con ritmi febbrili, in una società fondata sullo spreco e sulla sconsideratezza. Se l’interpretazione di felicità è quella «quantitativa», del possesso del maggior numero di cose, i bisogni divengono illimitati, e il rifiuto dei limiti diventa un rifiuto a porre limite alle nostre possibilità di essere felici.
Questo campo di studio è necessariamente interdisciplinare perché utilizza non solo dottrine letterarie, ma anche discipline oggettive e scientifiche come la biologia e l’ecologia che aiutano gli uomini a capire il mondo naturale. Si tratta cioè di uno studio dei collegamenti tra esperienze letterarie, culturali e personali, non esclusivamente di un nuovo pensiero critico, che si concretizza in un forte appello per un radicale cambiamento culturale.
2. Le quattro “waves” dell’ecocritica
Finora ci siamo concentrati principalmente sull’ecocritica nata negli Stati Uniti, ma come nel caso di molte teorie letterarie, le radici della critica ambientale possono essere rintracciate a livello globale. Come ha sottolineato Lawrence Buell[6], dal 1970 c’è stata una discussione senza precedenti, non solo negli Stati Uniti, ma su scala globale sull’ambiente. Tanto che Buell credeva che l’ambientalismo potesse essere un catalizzatore per una cultura globale. (In effetti, una prospettiva post-colonialista sull’ambiente guarderebbe sicuramente a problemi come il cambiamento climatico come una questione globale).
2.1 Prima ondata (1980- oggi)
Con ciò in mente, Buell introduce la prima ondata dell’ecocritica in Gran Bretagna tanto quanto negli Stati Uniti. La prima ondata di ecocritici britannici – guidata da Jonathan Bate – ha riletto la poesia romantica, in particolare quella di William Wordsworth. Nell’introduzione a Romantic Ecology: Wordsworth and the Environmental Tradition, Bate afferma che il modo in cui William Wordsworth ha cercato di consentire ai suoi lettori di godersi meglio o di sopportare la vita era insegnando loro a guardare e ad abitare il mondo naturale. Wordsworth ha dimostrato attenzione alla natura e la sua poesia ha spesso enfatizzato lo scenario locale.
La prima ondata di ecocritica negli Stati Uniti invece ha celebrato principalmente la scrittura di saggistica sulla natura, come quella di Henry David Thoreau, John Muir, Mary Austin, Edward Abbey, Wendell Berry e Annie Dillard, riflettendo sull’eredità del trascendentalismo americano e le connessioni con il paesaggio. Questi autori hanno spesso scritto della terra e della natura selvaggia in senso lato, rispetto a Wordsworth, con un interesse crescente sulla natura (o realtà) sublime dell’ambiente.
La prima fase era inoltre radicata nell’ecologia profonda, tendeva a vedere la natura e gli esseri umani in contrapposizione l’uno all’altro e riteneva che la critica ambientale dovesse aiutare a proteggere l’ambiente naturale dalle depredazioni della cultura umana.
Al centro di questa ondata e della maggior parte degli studi ecocritici ancora oggi c’è la crisi ambientale della nostra epoca e il dovere delle scienze umane e delle scienze naturali di sensibilizzare e inventare soluzioni per un problema che è sia culturale sia fisico. In quanto tale, una preoccupazione primaria nell’ecocritica della prima ondata era di “parlare per” la natura.[7]
Questioni & temi:
Nonfiction
Nature writing
Ecologia profonda
Attenzione alla contrapposizione natura non umana/wilderness
Focus sulla letteratura americana e inglese
ecofemminismo
Non c’è una transizione netta tra la prima e la seconda ondata dell’ecocritica, in gran parte perché la seconda ondata ha continuato ad annunciare la necessità di una maggiore consapevolezza ambientale e l’importanza del nostro impegno di difesa della natura. Se la prima ondata mirava a un’interpretazione realistica e meno controversa della natura, la seconda ondata ha cercato il dibattito e lo ha fatto attraverso diversi approcci formali.
2.2 Seconda ondata (1995 circa- oggi)
Questa fase si è rivolta alle preoccupazioni umane e alla natura non umana: agli ambienti urbani e suburbani, ma anche alle aree selvagge e a tutti i tipi di testi letterari, non solo alla scrittura naturalistica. Spinti dal dialogo con il movimento per la giustizia ambientale, i critici letterari della seconda ondata non hanno visto più gli esseri umani e l’ambiente come opposti l’uno all’altro, ma si sono concentrati sui modi in cui erano indipendenti e reciprocamente connessi.
I confini tra umano e non umano, natura e non natura sono discussi come costruzioni, e gli ecocritici sfidano queste costruzioni, chiedendosi (tra le altre cose) come inquadrano la crisi ambientale e la sua soluzione. Questa ondata ha portato con sé una ridefinizione del termine «ambiente», ampliandone il significato per includere sia l’ambiente naturale sia l’ambiente urbano. Da questa espansione è cresciuto il movimento per l’ecogiustizia, uno dei rami più politici dell’ecocritica che ha aumentato la consapevolezza di classe, razza e genere attraverso la lettura ecocritica del testo.
Questioni & temi:
Generi multipli e green cultural studies
Multiculturale
Letteratura locale e globale
Giustizia ambientale
Ambiente urbano e suburbano
2.3 Terza ondata (2000-oggi)
La terza fase ha continuato a decostruire l’opposizione tra «natura» e «umano» e ad esplorare le dimensioni sociali, economiche e fisiche del processo ambientale. Ha esaminato anche l’ambiente come una chiave di lettura di tutti i testi e non solo del nature writing ed esaminato il globale e il locale come mondi non in contrapposizione; stesso atteggiamento è stato avanzato nei confronti del mondo non umano.[8]
Questioni & temi:
Concetto globale di luogo
Neo-regionalismo
Eco-cosmopolitanismo
Transnazionale, post-etnico
Ecofemminismo “materiale” e approcci multipli di genere
Animalità (ecocritica evoluzionista, soggettività animale)
Vegetarianismo
Giustizia per le specie non umane
Post-umanismo
2.4 Quarta ondata (2008- oggi)
Nella quarta ondata è emersa l’ecocritica materiale. Concentrandosi inizialmente sull’impatto dell’ambiente sul corpo umano, ed essendo strettamente collegata all’ecofemminismo, è maturata una posizione post-umanista: l’ecocritica materiale ora si concentra sugli interscambi tra corpi umani, corpi animali e il mondo materiale in generale. Successivamente, questa materialità condivisa ha lasciato il posto agli studi post-umanisti, che a loro volta si dedicano agli studi sugli animali. Per molti studiosi è considerato prezioso far capire che animali umani e non umani condividono lo stesso ambiente. Tale atteggiamento può contribuire a dissolvere le distinzioni binarie tradizionali (umani vs animali, umani vs natura) ed avvicinarci all’eco-egualitarismo.[9]
Questioni & temi:
Multiculturalismo
Ambientalismo dei poveri
Ecocritica materiale
Ecofemminismo materiale[10]
Psico-narratologia
Ecocritica applicata (cultura materiale, sostenibilità, energia, ecc.)
Le fasi non sono esattamente distinte. Sebbene le caratteristiche esatte attribuite a ciascuna ondata possano essere contestate, è chiaro che l’ecocritica continua ad evolversi e ha subito diversi cambiamenti di atteggiamento e direzione sin dalla sua concezione.
3. Sviluppo degli studi su letteratura e ambiente al di fuori degli Stati Uniti
Gli scrittori ambientali americani, i cosiddetti nature writers, non sono un gruppo isolato o di secondo rilievo nel panorama culturale internazionale. Nel 1992, all’incontro annuale della Western Literature Association, fu fondata la ASLE: Association for the Study of Literature and Environment (http://www.asle.org/), con Scott Slovic come primo presidente. Lo scopo della nuova associazione letteraria era quello di promuovere lo scambio di idee e informazioni riguardo a quella letteratura che prende in considerazione la relazione tra gli esseri umani e il mondo naturale, e incoraggiare “new nature writing, traditional and innovative scholarly approaches to environmental literature, and interdisciplinary environmental research”.[11] In seguito sono state avviate analoghe associazioni in tutto il mondo: ASLE-UK in Gran Bretagna (http://www.asle.org.uk/home.html); ASLE-ANZ, Association for the Study of Literature and the Environment, Australia & New Zealand (http://www.asle-anz.asn.au); ASLE-India (http://www.geocities.com/asle_india/index.htm); ASLE-Japan (http://www.asle-japan.org/english/); ASLE-Korea (http://www.aslekorea.org); ASLE-Taiwan (http://sites.google.com/site/asletaiwan/) e la EASLCE, European Association for the Study of Literature, Culture and Environment, (http://www.thermaldegree.com/designs/easlce/) che si propone di essere un punto di riferimento a livello europeo per lo scambio di informazioni sulle rappresentazioni della relazione tra ambiente letteratura e cultura, favorendo anche il dialogo interdisciplinare tra studiosi che avvicinano i problemi ambientali da differenti punti di vista. Membri dell’associazione sono infatti letterati, ma anche storici, linguisti, filosofi, sociologi, psicologi, studiosi delle arti visive.
Alla MLA conference del 1999 è stato poi dedicato un forum speciale alle «Literatures of the Environment» considerate un campo in vigorosa crescita come dimostrato dalla nascita di associazioni, progetti di ricerca e gruppi di studio in vari Paesi (Australia, Corea, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Messico, ecc.) dove i nature writers americani sono conosciuti e pubblicati e dove il campo dell’environmental literature è materia di studio in rapida diffusione.
Molte idee e lavori attuali di ecocritici continuano ad essere pubblicati sulla rivista Interdisciplinary Studies in Literature and Environment, fondata da Glotfelty oltre due decenni fa. L’ASLE annuncia dieci organizzazioni affiliate in tutto il mondo con altre in preparazione; esistono numerose riviste ambientali ecocritiche, tra cui Ecozon@, The Journal of Ecocriticism, Indian Journal of Ecocriticism e Green Letters. Eppure, in un mondo in cui l’ambiente naturale è costantemente violentato dall’impatto della specie umana, gli sforzi degli ecocritici per generare il cambiamento possono sembrare infruttuosi. Nonostante ciò i critici ambientali accettano la sfida: poiché gli esseri umani sono la principale causa della crisi ambientale globale, possono esserne anche la soluzione principale.
4. L’ecocritica e il web
Fino ad oggi gli studi ecocritici hanno progressivamente coinvolto la comunità accademica e accresciuto la propria popolarità nei luoghi in cui sono nati, ai quali sono peraltro rimasti radicati (tanto è vero che nel nostro paese questa disciplina è ancora pressoché sconosciuta). Dal grafico seguente è infatti possibile notare come la ricorrenza del termine ecocriticism nei testi anglofoni digitalizzati su Google Books abbia subito un incremento esponenziale dagli anni Novanta in poi, senza mai invertire questa tendenza, dimostrando l’indiscutibile attualità della disciplina.
Figura 1 Grafico della frequenza della voce “ecocriticism”
Note
[1] E. Todd, Dropping the Subject, in Reading the Earth, edited by Branch, Johnson, Patterson e Slovic, University of Idaho Press, Moscow 1998, p. 15.
[2] Fondata nel 1883, la Modern Language Association of America – conosciuta come MLA – fornisce opportunità ai suoi più di 30.000 associati in 100 nazioni di condividere le loro scoperte e ricerche accademiche e le loro esperienze di insegnamento con colleghi e di discutere le tendenze e gli orientamenti degli studi universitari. La MLA organizza annualmente un convegno a cui partecipano studiosi da tutto il mondo, essendo tale organizzazione la più importante negli Stati Uniti per le humanities. Inoltre l’associazione lavora in collaborazione con altre organizzazioni simili negli Stati Uniti e nel mondo e sostiene numerose pubblicazioni. Per più di un secolo, i suoi membri hanno lavorato per rafforzare lo studio e l’insegnamento delle lingue e delle letterature.
[3] H. Fromm, C. Glotfelty, eds., The Ecocriticism Reader, University of Georgia Press, Athens 1996.
[4] C. Glotfelty, Introduction, in The Ecocriticism Reader, edited by Harold Fromm e Cheryll Glotfelty, op. cit., p. xxii.
[5] Ibidem.
[6] Cfr. L. Buell, The Future of Environmental Criticism, Blackwell, Malden, MA, 2005.
[7] Cfr. S. Slovic, Ecocriticism: Containing Multitudes, Practising Doctrine, The Green Studies Reader: From Romanticism to Ecocriticism, edited by Laurence Coupe, Routledge, London 2000.
[8] Cfr. U. K., Heise, Deterritorialization and Eco-Cosmopolitanism, Sense of Place and Sense of Planet, Oxford UP, New York 2008, pp. 50-62.
[9] Cfr. S. Iovino, S. Opperrnann, eds., Material Ecocriticism, Indiana UP, Bloomington 2014.
[10] Cfr. S. Alaimo, Trans-corporeal Feminisms and the Ethical Space of Nature, Material Feminisms, edited by Stacy Alaimo and Susan Hekman, Indiana UP Bloomington and Indianapolis 2008, pp. 237-64.
[11] C. Glotfelty, Introduction, in The Ecocriticism Reader, edited by Harold Fromm e Cheryll Glotfelty, op. cit., p. xviii.
Bibliografia
S. Alaimo, Trans-corporeal Feminisms and the Ethical Space of Nature, Material Feminisms, edited by Stacy Alaimo and Susan Hekman, Indiana UP Bloomington and Indianapolis 2008, pp. 237-64.
J. Bate, Romantic Ecology: Wordsworth and the Environmental Tradition, Routledge, London 1991.
H. Fromm, C. Glotfelty, eds., The Ecocriticism Reader, University of Georgia Press, Athens 1996.
U. K., Deterritorialization and Eco-Cosmopolitanism, Sense of Place and Sense of Planet, Oxford UP, New York 2008, pp. 50-62.
S. Iovino, S. Opperrnann, eds., Material Ecocriticism, Indiana UP, Bloomington 2014.
L. Buell, Lawrence, The Future of Environmental Criticism, Blackwell, Malden, MA 2005.
S. Slovict, Ecocriticism: Containing Multitudes, Practising Doctrine, The Green Studies Reader: From Romanticism to Ecocriticism, edited by Laurence Coupe, Routledge, London 2000.
E. Todd, Dropping the Subject, in Reading the Earth, edited by Branch, Johnson, Patterson e Slovic, University of Idaho Press, Moscow 1998.
Immagine: Christopher Wood
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Anna Re è docente alla IULM di Milano, dove ha insegnato letteratura americana e inglese per le arti. Si interessa in particolare di letteratura e ambiente negli Stati Uniti e di arte, letteratura e sociologia dell’ambiente.
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