La mostra è a cura di Marco Scotini. Si tratta della prima personale italiana dopo la scomparsa di Balestrini nel 2019 e intende presentare una vasta gamma di materiale documentario originale, assieme a una selezione di oltre 50 opere che risalgono agli anni Sessanta. Galleria Michela Rizzo, Giudecca 800Q, Venezia, 15 luglio – 28 settembre, Opening: 14 luglio ore 18.00. In collaborazione con la Fondazione Archivio Luigi Nono.
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Il titolo della retrospettiva è un prelievo dal verso «ci sono altre e infinite voci che si muovono altrove», tratto dal testo concepito da Nanni Balestrini per la composizione per nastro magnetico di Luigi Nono Contrappunto dialettico alla mente del 1968, poi incluso dal poeta nella raccolta Ma noi facciamone un’altra, pubblicata da Feltrinelli nello stesso anno. Fin dal titolo l’esposizione veneziana si focalizza sul decennio d’esordio di Balestrini – gli anni Sessanta del secolo scorso – riletto in parallelo alla relazione del poeta/artista visivo con il musicista, a partire dal comune lavoro fatto sulle voci e con le voci, sotto il paradigma dell’enunciato collettivo. Il montaggio e la ricombinazione di testi altrui sono, di fatto, uno dei tratti peculiari del metodo di Balestrini. Si è sempre troppo insistito sul carattere esclusivamente tipografico della scrittura nelle opere plastiche di Balestrini per non dover riportare l’attenzione, attraverso questa mostra, sul doppio livello acustico e visivo della parola balestriniana o, meglio, sulla sua «indiscernibilità fonottica», come l’ha definita Paolo Fabbri. In questo senso, approfondire la relazione con una figura come Luigi Nono, durata un intero decennio, così come soffermarsi sulla loro collaborazione, non può che far luce ulteriore sulla ricerca della disalienazione della parola perseguita da entrambi. Dagli incontri alle settimane internazionali di Nuova Musica di Palermo del 1962 e dalla nascita del Gruppo ’63 fino al giornale politico mensile di Balestrini, «Compagni» del 1970 (che ospita l’intervento di Nono Il potere musicale), il rapporto tra i due grandi artisti si sviluppa su più livelli di interferenze ma anche su parallelismi culturali sorprendenti, in cui l’interventismo politico- artistico di entrambi è la costante. Per questo motivo l’itinerario espositivo risulta capovolto e la mostra comincia con il fatidico ’68 per poi procedere al contrario. Senza dubbio un’opera di Balestrini come I muri della Sorbona (1968), in cui – nel contesto de «Il Teatro delle Mostre» – il poeta ricopre in tempo reale le pareti della Galleria La Tartaruga con gli slogan della contestazione francese non può essere separata dalla composizione noniana per voci e nastro magnetico Non consumiamo Marx (1969), che si avvale di venti scritte murali del Maggio parigino e di documenti della lotta contro la Biennale di Venezia di quello stesso anno. Pure l’operaismo de La Fabbrica illuminata (1964) di Nono risulta in connessione con il materiale verbale del noto libro balestriniano Vogliamo tutto del 1971. Ma possibili parallelismi si trovano anche più internamente alla metodologia di entrambi come la pratica del cut-up e del fold-in in Balestrini e la «tecnica di scissione in fonemi» di Nono. Non possiamo trascurare, inoltre, il loro comune ricorso alla tecnologia per sovvertire gli strumenti del padrone e contro il sistema che li ha prodotti: con l’IBM da parte di Balestrini per fare poesie nel 1961 e l’ingresso di Nono nella musica elettronica nel 1964. E, infine, vera e propria collaborazione è quella che si definisce in Contrappunto dialettico alla mente del 1968, opera ironico-politica di Nono in cui il materiale linguistico è organizzato dallo stesso Balestrini. Attorno a quest’opera, che sarà eseguita a settembre a mostra ancora in corso, ruota l’intera esposizione che presenta alcuni cicli delle opere di Balestrini come i primi collage chiamati Cronogrammi (1961), i collage sulle grandi foto a colori dei settimanali «Epoca» e «Tempo» (1963), la serie Maestri del Colore (1964), la serie Quindici (1969), oltre ad altre opere.
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Marco Scotini è direttore artistico di FM Centro per l’Arte Contemporanea e direttore del Dipartimento di Arti Visive e Studi Curatoriali di NABA, Milano. È responsabile del programma espositivo del PAV di Torino e, in qualità di curatore, ha collaborato con numerose istituzioni internazionali, tra cui la Biennale di Venezia, Biennale di Praga, Van Abbemuseum, Reina Sofia, SALT, Castello di Rivoli e MIT. Ha pubblicato con DeriveApprodi Politiche della memoria (2014) e Artecrazia (2021).
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