Cinque poesie di Marina Massenz.
* * *
Dialogo tra neuroni e sinapsi
In questa zona accidentata
tutta volute creste spirali
tra loro parlano fitto fitto
a voce bassa e suadente.
Altre volte in modo stridente
urlano per chi la sa più lunga
ed è tutto un ronzìo un franare
di parole calpestate ammassate.
Di dialogo ora non si parla certo
non ci sono temi, tempi d’attesa
o pause, ma un cicaleccio nervoso
elettrico con qualche scintilla
che a tratti illumina un sapere
illusorio, una fugace intuizione,
una scoperta che frana nel nulla.
Vuoto, silenzio ora, stanno
abbottonati e nel loro mutismo
si sente come un abbandono
del territorio, del mio corpo
che attende nuove informazioni
sulla perdita, antica otto anni.
Si sa che l’eco è lunga, il corpo sa
che non è finita ancora, rimbalza
si muove è ancorata nelle vene
nel respiro ammaccato e attende.
*
Concertino per malleoli ardenti e nebbia
a V. S.
Trasporta in uno spazio aperto
la lingua della danza vocabolario
di gesti imprevisto di splendore
e ardore materia del corpo
che nell’istante prende forma
e insieme si dissolve la semantica
di atti lungo il filo del suono
nel piacere dell’elastico che tende
e rilascia dei piedi senza orma
per leggiadrìa e rapido slittare
per l’odore del ghiaccio
amaro dolce frizzante
la prima sensazione oscura
intensa nell’alba della nebbia
milanese piranesi già qui
siamo in pista e solo mezzi busti
si vedono scivolare sospesi
misteriosi senza gambe
che ancora piedi e gambe immersi
in nebbia scivolano veloci
senza forma invisibili
ma attivi nella traccia lasciata
sulla superficie a specchio
come tagli morbidi suadenti
a volute come i gesti
delle braccia che avvolgono l’aria.
*
La parola bendata
a P.R.
E’ a un metro di distanza
che si arresta lo scandire dei piedi
questa voce ovattata
che oltrepassa la siepe dei denti
oltre la bocca bendata
ancora ci parliamo cara
ci diciamo di ieri di domani
di cosa cucini stasera
del nostro lavoro sospeso
del silenzio metropolitano
ancora ci diciamo cose
e persino ci sorridiamo
sollevando la benda nel sole
trasgrediamo? Forse può essere
sì, ma così poco pochissimo
che oltrepassiamo appena la linea
che svaghiamo la mente
e c’è pure il cielo, che ancora c’é.
6.4.2020 (rif. Lokdown Covid-19)
*
Pelle e frammenti
Della pelle di cristallo
si può notare la preziosità la trama
di cellule porose oppure la fragilità
l’incrinarsi (il progressivo)
come dai bicchieri di cristallo
armonia di suoni al solo battere
di posate comporre intera orchestra
o il formarsi insieme di stridore
anticipante il frantumarsi nei dettagli
(invisibili ai molti)
della struttura sottostante.
Così possono avvenire grandi crepe
improvvise e rombanti cadute
infranta la lucentezza il ricamo
fine fine lavorato a mano.
Da giovane la ragazza era coperta
da una tonaca di grossa tela
di vigore e spesso tono muscolare
tutto dentro ben contenuto
nel corso dell’allenamento gioioso
pure il sentire rischio compattato
felice pure il sentire il corpo
come roccia salda di piedi e mani
ben trattenuto il tutto
come tiene come sta in equilibrio
come cade in postura perfetta
nello scivolamento controllato
in perfetta postura l’arabesque
nell’equilibrio che solo lei conosce
precario, lei mensola dei bicchieri
di cristallo nelle molte forme
e variazioni altezze spessore
così perfetti levigati in apparente
armoniosa sintesi coperti di pelle
trasparente e fragile.
*
La sfera blu
La ragazza ha visto la sfera blu
da astro nello spazio sospesa
e ammira e ama quel verde
e le acque le pecore i musi
bagnati nell’erba umida. E’ la terra.
Così bella e fragile come creatura
che non diresti sospesa nel nulla
che non diresti abbia bisogno
della tua mano, per appoggiarsi
sul palmo aperto ad accogliere.
La vita così per alcuni decenni
ci sta nel palmo, la mano è la stessa,
ma a volte dimentica, lascia cadere
e tutto cade e cade e cade
finché si ferma proprio lì,
dove stanno le pecore, sotto l’albero.
* * *
Marina Massenz è nata nel 1955 a Milano, dove vive. Ha pubblicato la sua prima raccolta poetica, Nomadi, viandanti, filanti, Amadeus, Cittadella (Padova), nel 1995, con presentazione di Marosia Castaldi. Il suo secondo libro, La ballata delle parole vane, è uscito nel 2011 per la casa editrice
L’Arcolaio di Forlì, con postfazione di Andrea Inglese. Del 2018 è la raccolta Né acqua per le voci, edita da Dot.com.Press, Milano, con prefazione di Vincenzo Frungillo. L’ultimo suo lavoro, Ossa e cielo, Puntoacapo editrice, è stato pubblicato nel giugno 2021, con prefazione di Alessandra
Paganardi, e ha ricevuto una Menzione d’onore al premio Lorenzo Montano 2022. Suoi versi e prose poetiche sono uscite sulle riviste «Qui-appunti dal presente», «Il monte analogo», «Poliscritture», «Le voci della luna», «Il foglio clandestino», «Il segnale» e sue poesie sono apparse
sui siti Internet «La poesia e lo spirito», «Fare voci», «Versante ripido», «Nazione Indiana».
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