Giovedì 25 maggio si è svolta online una riunione con curatori e curatrici, collaboratori e collaboratrici stabili di Machina. All’ordine del giorno, la discussione intorno a una proposta: la costituzione di un nuovo marchio editoriale, MachinaLibro, legato al lavoro della rivista e della casa editrice DeriveApprodi. L’idea, proposta dal coordinamento redazionale della rivista, si inserisce nella processualità del progetto intrapreso due anni e mezzo or sono e si pone in stretta continuità con il passaggio da «rivista-assemblea a rivista progetto» compiuto durante l’ultima adunanza di novembre.
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Alcune tappe del viaggio di Machina
Machina nasce nel settembre 2020, in piena pandemia, con l’ambiziosa sfida di rompere con il senso di solitudine, di ristabilire una temporalità basata su un progetto e non sulla frenesia della cronaca. Sin da subito sono state impostate delle linee di ricerca – dalle trasformazioni del lavoro a quelle degli spazi urbani, dalla geopolitica alla critica della scienza, dai temi legati al genere e alla razza fino alla questione meridionale, dalla ricerca storica all’ecologia, dall’arte alla letteratura e al cinema – sviluppate in maniera indipendente da ciascuna sezione. La scelta di non perseguire una linea omogenea di produzione teorica e culturale è stata ponderata: avevamo percezione delle macerie che ci lasciavamo alle spalle, non potevamo invece immaginare gli scampoli di futuro possibile se non tastando il terreno con occhio curioso e senza troppi fardelli. Mancanza di linea omogenea non implica però mancanza di coerenza, data invece dal metodo con cui è stato portato avanti il lavoro di Machina: guardare al mondo non per «com’è» ma per come «potrebbe essere», ricostruendo dunque la genealogia del presente e provando ad anticipare delle linee di tendenze che potrebbero dispiegarsi. Si è trattato, in un certo senso, di un metodo empirico più che teorico: aprire sin da subito il campo a nuove sperimentazioni e nuove energie, traendo da esse la linfa vitale utile a trovare nuovi percorsi di ricerca. In altre parole: l’espansività – di riflessioni, di autori e autrici, di temi – è stata ed è la ricchezza costitutiva di Machina. Ed è proprio per valorizzare al meglio questo aspetto che a novembre, col passaggio da rivista-assemblea a rivista-progetto, si è deciso di dare un ordine dentro la produttività del caos rintracciando alcune linee di ragionamento teorico-politico comuni per rinforzare la cooperazione tra le sezioni, senza intaccarne l’indipendenza. Dall’adunanza, allora, è nato il progetto di ricostruzione di una cartografia dei «decenni smarriti», partendo dall’analisi degli anni Ottanta. Così, da gennaio a oggi sono stati pubblicati più di 50 articoli sull’argomento. Questi testi sono la base su cui si fonde il Festival «I sentimenti dell’aldiqua. Opportunismo paura cinismo nell’età del disincanto» che si terrà a Bologna il 9-10-11 giugno e che vedrà la presenza dei curatori e delle curatrici delle sezioni e di alcuni dei più importanti collaboratori della rivista. È a partire da questa «piccola storia» che nasce la scommessa imprudente del nuovo marchio editoriale MachinaLibro.
Come sarà strutturato?
Innanzitutto: scommessa imprudente non vuol dire salto nel vuoto. Il marchio, infatti, figurerà nel «gruppo editoriale» di DeriveApprodi, la quale sosterrà MachinaLibro dal punto di vista editoriale, logistico e commerciale. È già in corso la progettazione grafica affidata alla grafica «storica» di DeriveApprodi Andrea Wöhr.
Il progetto editoriale prevede che il nuovo marchio inizi la propria attività nel 2024 – si è pensato a una programmazione di 10 titoli all’anno. Ciascuna delle sezioni della rivista verrà considerata come una potenziale collana di MachinaLibro. La direzione complessiva sarà affidata alla casa editrice: la scelta delle pubblicazioni non sarà dunque compito né del coordinamento redazionale né dei curatori delle sezioni e delle collane, anche se questi ultimi saranno fondamentali nel filtrare e proporre i titoli.
Le specificità di MachinaLibro
In che rapporto si collocherà il nuovo marchio editoriale rispetto alla casa editrice e alla rivista? Se la prima sarà l’infrastruttura materiale – editoriale, logistica, commerciale – di MachinaLibro, la seconda sarà invece la struttura pensante – perché il marchio si fonderà sulla rete autoriale, sull’accumulo di conoscenza, sulla cooperazione affinata in questi tre anni. È su questa base che andrà costruita la specificità del marchio, la differenziazione dalle stesse strutture prima citate. Da una parte, infatti, sarebbe illogico pensare a un marchio editoriale che costituisse un doppione del lavoro editoriale già esistente di DeriveApprodi, e quindi la domanda cruciale è: quale sarebbe la diversità della proposta editoriale di MachinaLibro? Un esempio concreto di questa diversità sta nella realizzabilità di un libro che possa mettere a frutto il lavoro teorico che Machina sta operando sul decennio Ottanta, non solo la ripresa dei testi finora pubblicati sulla rivista, ma anche i materiali che verranno prodotti dal Festival di Bologna, come base di partenza per un seminario di sintesi che sappia produrre materiali definitivi per un testo da pubblicare. E ciò potrebbe valere per altri testi riferibile agli altri «decenni smarriti» al centro dell’analisi che Machina si è proposta di realizzare.
Complessivamente, MachinaLibro vuole essere un progetto fresco senza essere caduco, irriverente ma non arrogante, molteplice e perciò non confuso, qualitativamente alto senza rifugiarsi nella gergalità. Potrebbe costituire la propria linea editoriale nella sperimentazione coraggiosa e spregiudicata dal punto di vista dei temi, grafico e iconografico, dei linguaggi, del rapporto tra espansività dei percorsi di ricerca e intensità della cooperazione. Chi scrive e chi legge MachinaLibro, in tendenza, dovrebbe essere chi è disposto a liberare la propria mente dai ceppi di un mondo esaurito per aprirsi a un mondo a venire, con tutte le sue contraddizioni e le sue possibilità. Chi è disposto ad attraversare genealogicamente i limiti, i fallimenti e i punti di blocco di una storia perché quella storia la vuole ripensare in avanti. Serve una scossa, un punto di discontinuità per trasformare questa storia in una storia inedita: e per scriverla, ci vuole appunto una scommessa editoriale imprudente.
Prossimi appuntamenti
La discussione di giovedì 26 maggio è stato solo il punto di partenza. Sono necessari altri momenti per strutturare e definire al meglio la proposta del nuovo marchio editoriale. Innanzitutto, il Festival del 9-10-11 giugno può essere un buon punto di osservazione per valutare il lavoro degli ultimi mesi. Per trarre le dovute conclusioni sullo stesso Festival, e quindi sul lavoro sugli anni Ottanta, e impostare quello sugli anni Novanta, oltre che per continuare a discutere sul progetto del nuovo marchio editoriale, a fine giugno ci ritroveremo in una nuova riunione online. Per settembre, invece, organizzeremo una nuova adunanza, questa volta «dal vivo».
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