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Ripensare tatticamente la città

Ripensare tatticamente la città


Patrick Fontana, Les “télés”, 1996


Ci troviamo davanti ad una crisi globale con la quale, da urbanisti e pianificatori del territorio, è necessario misurarsi poiché è urgente mettere a fuoco nuovi attrezzi per riconquistare lo spazio pubblico negato, sequestrato. Quella che segue è una riflessione critica su una pratica progettuale: l’urbanistica tattica. Di questa pratica oggi in voga nelle città e nelle metropoli, mettiamo a nudo i difetti – l’evanescenza delle realizzazioni, i metodi partecipativi che la originano – ed evidenziamo viceversa i possibili punti di forza. Il caso di Bari ci è d’aiuto nel ragionamento.

Il Covid-19 ormai da molti mesi ha imposto rigide regole ad ognuno di noi, regole che modificano il modo di vivere le relazioni interpersonali e il rapporto con i luoghi in cui le viviamo, regole anti-assembramento, di distanziamento fisico, regole che pongono limiti alla libertà di muoverci e di usare liberamente lo spazio pubblico come le strade, le piazze e i parchi delle nostre città.

Lo spazio pubblico ora è sequestrato a causa della pandemia. Ma si può affermare che prima fosse libero? Si può affermare che fosse al centro dei discorsi, dei programmi, dei progetti e delle strategie della politica?

A lungo è stata data scarsa importanza allo spazio pubblico delle nostre città da parte di amministratori che hanno dato priorità a scelte politiche ed economiche volte alla privatizzazione, riducendolo ad uno spazio marginale o disponibile solo per pochi. In questi mesi segnati dall’emergenza sanitaria, però, si percepisce una maggiore consapevolezza dell’importanza che lo spazio pubblico ha nella vita quotidiana delle persone.

E allora sorge quasi spontanea una domanda: può la pandemia in corso diventare un’occasione per riorientare alcuni obiettivi per il futuro, per interrogarsi sull’idea di città portata avanti negli ultimi decenni, per ripensare il ruolo dello spazio pubblico delle nostre città?

Possiamo provare a rispondere attraverso un esempio concreto, al fine di ragionare su come la politica possa prendere posizione e possa agire nonostante l’emergenza con la quale dobbiamo convivere e per comprendere i limiti e le criticità di questo agire.

La città di Bari negli ultimi anni ha lavorato e investito molto sul tema dello spazio pubblico, cercando di porre al centro dell’attenzione il ruolo che esso ha per gli abitanti della città e definendolo come un luogo di socialità, di scambio di opinioni, di svago e molto altro. La politica della città ha ideato una strategia programmatica centrata sullo spazio pubblico, sul verde e sui servizi di prossimità, dando vita a progetti di rigenerazione urbana di aree dismesse, come ex caserme o industrie, al fine di ripensare il modo di abitare la città: una città finalmente a misura delle persone che la abitano, più verde, dove il rapporto tra viventi, umani e non umani, possa tornare a ricoprire un ruolo determinante.

Com’è facile immaginare, l’arrivo della pandemia ha messo a dura prova il percorso che l’amministrazione locale aveva intrapreso perché ha portato anche in questa città al sequestro dello spazio pubblico, all’impossibilità di usarlo per rafforzare le relazioni sociali, per fare cultura, per svagarsi. Di contro l’inevitabile modifica degli stili di vita collettivi ha evidenziato ancor più quanto diffusa sia l’esigenza di spazio aggiuntivo per muoversi, per sostare e per vivere la quotidianità. Ed è proprio di fronte a questa imprevedibile situazione che gli amministratori hanno deciso di provare a pensare l’emergenza sanitaria legata al Covid-19 come ad un’occasione.

È nato così Bari Open Space, un programma che ha come obiettivo il ripensare la mobilità e lo spazio pubblico nel post-emergenza, attraverso strategie volte all’ampliamento dello spazio aperto, per mitigare il rischio di contagio e al ridisegno dei contorni dello spazio pubblico nei quartieri per una migliore fruizione sociale, culturale ed economica. Da questo programma emerge chiaramente la necessità di ripensare la programmazione strategica immaginata per Bari, attraverso una pianificazione urgente, dinamica, condivisa, adattiva e a basso costo.

In quest’ottica, Bari Open Space pone l’attenzione sul concetto di urbanistica tattica, prevedendo la realizzazione di un allestimento tattico di piazze, slarghi e strade cittadine al fine di renderli spazi nuovi di incontro dove socializzare, condividere momenti di cultura e spettacolo e offrire occasioni di relazione, sempre in sicurezza.


Ma che cosa si intende per urbanistica tattica? È un approccio che negli ultimi anni ha preso piede nelle politiche pubbliche di diverse città e che nel 2015 Lydon e Garcia in Tactical Urbanism: Short-term action for Long-term Change [Urbanistica tattica: azioni a breve termine per il cambiamento a lungo termine] definiscono come tutte quelle azioni e trasformazioni a breve termine e a basso costo, che si originano dal basso, che possono essere rapidamente e facilmente replicate e scalate, e che sono intenzionalmente ideate e sviluppate al fine di stimolare un cambiamento a lungo termine attraverso un processo di interazione con il sistema sancito di pianificazione e governo della città.

Tuttavia, si rende necessaria un’ulteriore riflessione. Spesso nelle politiche pubbliche vengono adottati termini propri della pianificazione urbana e territoriale, il cui adattamento ai vari contesti locali può determinare accezioni diverse. Non è forse successo anche nel caso di Bari? Siamo certi che in questa circostanza il concetto di urbanistica tattica sia stato utilizzato anche per azioni sul lungo termine e non solo sul breve termine?

Possiamo dire che prima della crisi causata dalla pandemia, gli amministratori baresi avevano riconosciuto il ruolo fondamentale dello spazio pubblico nella vita quotidiana degli abitanti, avviando un processo strategico che metteva al centro dell’agenda politica il tema della riappropriazione di questi luoghi. Ciò che ci si auspica è che Bari Open Space non sia solamente una mera azione di risoluzione temporanea di breve termine dei problemi causati dalla pandemia in atto, ma che sia inteso come parte integrante del processo strategico sulla riappropriazione dello spazio pubblico già avviato da alcuni anni.

In tal senso, il Covid-19 può effettivamente essere visto come un’occasione per riorientare alcuni obiettivi verso il futuro, ma bisogna porre molta attenzione affinché questa crisi globale non venga vista solo come una parentesi che, una volta conclusa, lasci tornare tutto alla situazione pre-pandemica. È dunque sempre più necessario interrogarsi sulle scelte politiche e sul modello di sviluppo portato avanti negli ultimi decenni, per ripensare il ruolo dello spazio pubblico e per metterlo al centro dei discorsi, programmi, progetti e strategie della politica.

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