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Requisitoria nel processo Gap-Feltrinelli



Il testo che segue è tratto dal libro a cura di Giannino Guiso, Aldo Bonomi, Franco Tommei, Criminalizzazione della lotta di classe, Bertani editore, Verona 1975, e introduce uno stralcio della requisitoria del procuratore della Repubblica di Milano Guido Viola nel processo Gap-Feltrinelli.

Nella seconda parte di questo stralcio vi è la trascrizione di un nastro registrato rinvenuto in una base delle Brigate rosse a Robbiano di Mediglia il 15 ottobre 1974. In questa registrazione audio «Gunter» (Ernesto Grassi), un vecchio partigiano braccio destro di Feltrinelli, ricostruisce la dinamica dei fatti che portarono alla morte dell’editore.


***


Dalla prefazione di Aldo Bonomi e Franco Tommei.


«Dal 1968 in poi la classe operaia, in Italia, ha espresso nuove forme di lotta che racchiudono in sé una ricchezza di immaginazione, di forza, di istanze organizzative della soggettività proletaria che il movimento, in un rapido processo di generalizzazione, ha fatto proprie, arricchendole di nuovi contenuti. La creatività della classe nella battaglia per il comunismo ha cosi determinato nuove forme organizzative che la progressiva radicalizzazione della lotta di classe ha fatto evolvere fino al concretizzarsi delle prime esperienze di lotta armata. Un unico filo rosso unisce queste esperienze d’avanguardia ai cortei operai in fabbrica – che spazzano capi e capetti e trascinano gli incerti e gli opportunisti – e alle grandi manifestazioni di movimento che, quando vi è volontà politica, marciano dove vogliono al di là di ogni cedimento opportunistico e di ogni intimidazione poliziesca. Contro questo processo, difficile e discontinuo, di crescita e omogeneizzazione del movimento, il potere organizza la propria risposta per fiaccare la combattività operaia: stragi, terrorismo di destra, politica degli opposti estremismi sono i presupposti del terrorismo socialdemocratico che oggi tende all’eliminazione delle avanguardie. Fine del ’69, due avvenimenti cardine: la morte di Annarumma e la strage di Piazza Fontana. Questi due avvenimenti sono emblematici per comprendere il livello terroristico ormai raggiunto dallo Stato che cerca di difendersi e di riorganizzarsi sotto la spinta della grande ondata operaia e studentesca. In questa fase prendono corpo i tentativi di colpo di Stato che a posteriori possono sembrare inattuabili, ma che avevano serie radici politiche ed economiche in quella borghesia che si sentiva ormai emarginata dai nuovi livelli di sviluppo. Come risponde il movimento? Al suo interno vi sono varie tendenze, ma l’antifascismo, dato storico della sinistra italiana, riesce a omogeneizzarle e a rendere possibile un vasto schieramento unitario. Secondo noi i Gap nascono in questo contesto storico-politico, nel quale le avanguardie più coscienti del movimento prendono atto che la loro sopravvivenza e la loro capacita di reagire su tre livelli: a) la capacita di mobilitazione di massa; b) la possibilità di informare l’opinione pubblica (vedi il libro La strage di Stato); c) l’iniziativa di avanguardia armata. Non a caso i Gap nascono senza una linea politica autonoma, ma cercano di rispecchiare e di mediare le varie vecchie e nuove tendenze esistenti all’interno del movimento. Nessun loro documento rivendica una tendenza politica autonoma, ma esclusivamente propaganda la necessità della lotta armata come autodifesa dei livelli raggiunti e solo in una seconda fase viene proposta come sbocco di classe. Indubbiamente non vi è rapporto meccanicistico e organizzativo tra movimento e Gap, però non si può negare che alcune tendenze del movimento non si facessero interpreti a livello di massa di questa iniziativa. Basta citare l’antifascismo militante che sfocia nella campagna contro la strage di Stato, iniziativa in cui si riconoscono tutte le organizzazioni extraparlamentari. L’apice della campagna fu la manifestazione a Milano dell’11 marzo 1972, in cui i compagni riuscirono per tutta una giornata a tenere la piazza e a sconfiggere il braccio armato del potere. Questo però fu il momento più alto della campagna di opinione che partita per la liberazione di Valpreda aveva ormai coinvolto nello smascheramento delle trame nere vasti strati di opinione pubblica e persino componenti del potere che già allora con la loro presenza cercavano di configurare il loro progetto riformista. Punto debole dello schieramento rivoluzionario fu, in questa fase, l’aver trascurato il legame tra campagna ideologica sulla strage di Stato e materialità delle esigenze operaie, che, dall’egualitarismo, tema di fondo delle lotte del’69, stava maturando forme di lotta d’attacco che coinvolgevano direttamente il potere. Questa debolezza fu a tutti chiara quando il 14 marzo ’72 fu scoperto il cadavere di Giangiacomo Feltrinelli dilaniato sotto un traliccio. Il vasto schieramento si dissolse come neve al sole. Non a caso nessuno, eccetto Potere operaio, seppe riconoscere, al di là delle valutazioni politiche, che “un rivoluzionario era caduto”. Tutto lo schieramento extraparlamentare e democratico esorcizza il diavolo: la Cia, strumento implacabile dell’imperialismo, divenne un comodo alibi. Nessuno sfuggì a questa logica; non era immaginabile o perlomeno non si poteva sostenere, allora, che un compagno, col quale si poteva essere in disaccordo politico, sia sulla linea che sugli obbiettivi, era caduto in una azione di lotta armata […]».



Guido Viola

Un uomo, un destino

«Da ragazzo ero molto solo. Leggevo, fantasticavo. Poi mi stancavo di fantasticare e scendevo nel giardino di villa Feltrinelli a Gargnano a parlare con i giardinieri. Giorno per giorno, erano anziani e ricordavano i tempi di prima, mi raccontavano i fatti del socialismo e ciò che avevano combinato i fascisti. Ascoltavo avidamente. Così ebbe inizio il mio socialismo». In realtà, a parte le prime inconscie simpatie (vestiva l’uniforme di avanguardista a cavallo dirà di lui Luigi Barzini). Feltrinelli farà, fin dai primi anni della sua giovinezza, una «scelta di campo», piuttosto precisa che lo condurrà, con fanatica coerenza, fino alla morte a Segrate. Questa scelta di campo sarà quella antifascista. Si arruolò volontario nella Divisione «Legnano» del Corpo Italiano di Liberazione. Finita la guerra il giovane Feltrinelli si iscrive all’allora Partito socialista di unità proletaria. Conosce Bianca dalle Nogare e, appena compiuti i 21 anni, nonostante l’opposizione della madre, la sposa. Era il 3 luglio 1947.

Dopo la scissione di Palazzo Barberini, Feltrinelli si iscrive al Pci. Diventa amico di Pietro Secchia, si butta a capofitto nel lavoro politico. Nel 1950 fonda l’Istituto Feltrinelli per la storia del Movimento operaio diventerà un istituto famoso nel mondo per copiosità di dati e documentazione. Sorgeranno poi la Casa Editrice e le Librerie Feltrinelli. Intorno a lui alcuni tra i maggiori esponenti della cultura italiana: Giorgio Bassani, Giampiero Brega, Giampaolo Dossena, Giuseppe del Bo, Mario Codignola, tanto per citarne alcuni. Nel 1956 Feltrinelli e Bianca dalle Nogare si lasciano. Pochi mesi dopo l’editore entra in crisi con il Pci. Nel 1957 si risposa con Alessandra De Stefani; alla fine dell’anno annuncia pubblicamente la decisione di lasciare il Pci. «Mi sono accorto dirà, a un giornalista, che il comunismo non è una risposta a ogni cosa. Il Pci mi ha deluso e in Italia ce ne sono tanti come me». Nel frattempo nel mondo è accaduto un fatto di estrema importanza che segnerà una svolta decisiva nella vita dell’editore: la rivoluzione cubana, guidata da Fidel Castro, è riuscita ad abbattere la dittatura di Batista e si pone come modello per i paesi dell’America Latina. I due uomini si conoscono, Feltrinelli ne rimane affascinato. Ottiene il diritto di pubblicare l’edizione italiana della rivista «Tricontinental». Si tratta di una rivista che prospetta la guerriglia come motivazione ideologica per preparare la rivoluzione. Nelle sue pagine si trova di tutto, da come fabbricare bottiglie incendiarie a come preparare mine e altre tecniche di guerriglia. Nel 1967, nel mese di agosto, Feltrinelli, insieme a Sibilla Melega, alla quale si era unito dopo aver lasciato la terza moglie Inge Schontal, che gli aveva dato anche un figlio, si reca in Bolivia dove era in corso l’esperienza rivoluzionaria di Ernesto Che Guevara e dove era stato catturato Regis Debray. Verrà arrestato dalla polizia Boliviana. Sarà per Feltrinelli un’esperienza drammatica. Solo dietro pressioni diplomatiche si riuscirà a ottenere l’espulsione dalla Bolivia di Feltrinelli e della Melega. Nel frattempo Che Guevara verrà ucciso. Forse tra gli uccisori ci fu Roberto Quintanilla, che sarà assassinato ad Amburgo nel 1971 nel consolato Boliviano con la pistola di Feltrinelli, una Colt Cobra. L’editore si convince sempre più dell’ineluttabilità delle soluzioni rivoluzionarie per cambiare il sistema. Intreccia rapporti di collaborazione, sul piano rivoluzionario, con Lazagna e con altri personaggi (non identificati) che si sentono traditi nelle aspettative che la Resistenza aveva fatto loro balenare. Il Maggio francese fa esplodere la contestazione in tutti Paesi Europei. In Italia i movimenti extraparlamentari di sinistra scendono in piazza. Feltrinelli si avvicina a essi. Finanzia la scissione del gruppo «Falce e Martello». Favorisce la formazione del Partito comunista marxista leninista italiano. Intreccia rapporti con gli emigrati sardi in Germania e con esponenti del banditismo in Sardegna. Cerca agganci con Potere operaio. Sorgono i Gap, i Gruppi di azione partigiana, che cercano di politicizzare bande di delinquenti comuni. Tipico è l’esempio del gruppo «XXII Ottobre» che Feltrinelli tenterà di catturare politicamente. Il 16 aprile 1970, alle ore 20.33, una voce si inserisce sul canale audio della televisione che sta trasmettendo il telegiornale.

A Genova, dove avviene l’interferenza, si sente una voce che fa propaganda delle imprese del gruppo «XXII Ottobre». Sarà il primo degli innumerevoli interventi di radio Gap. Ma perché Feltrinelli si è deciso a fomentare e a propugnare la guerriglia? Perché si è allontanato dalle masse rifiutando la linea politica dei grandi partiti democratici? È questa la chiave di volta per tentare di comprendere l’evoluzione o involuzione di Feltrinelli. Era nata in lui, dopo le vicende greche e brasiliane, l’ossessione del pericolo di «un colpo di Stato» da parte delle forze più reazionarie del Paese. Espone le sue idee in una serie di opuscoli. Il primo si intitola Italia 1968: Guerriglia Politica. Ne scrive subito dopo un secondo Persiste la minaccia di un colpo di Stato in Italia! L’idea del colpo di Stato diventa per un’ossessione. Nel terzo opuscolo, Estate 1969, sostiene che è possibile che il colpo di Stato organizzato dalla Cia americana, dalla Nato, dalle grandi industrie, dai militari e dalle forze internazionali, trovi attuazione nel corso dell’estate, facilitato dall’esodo estivo, dal generale disinteresse, dall’impreparazione delle tradizionali organizzazioni operaie (Pci e sindacati). L’ossessione di Feltrinelli diventa quasi delirante, egli aspetta, quasi invoca, desidera il colpo di Stato per potere poi guidare la guerriglia che necessariamente prenderà vita e consistenza. «Un colpo di Stato, una radicale e autoritaria svolta a destra dovranno quindi aprire una nuova e più avanzata fase di lotta», dirà Feltrinelli, e concluderà il suo opuscolo Estate 1969 con la convinzione che «l’intervento brutale delle forze repressive come ultimo strumento di difesa del potere capitalistico farà crollare, questa volta definitivamente, la prospettiva di riuscire con il solo uso delle armi della critica, del convincimento democratico, a compiere un processo rivoluzionario indispensabile per lo sviluppo e il miglioramento delle condizioni sociali e politiche delle classi lavoratrici. Vedrà il definitivo tramonto non solo del revisionismo – già condannato dalla Storia – ma anche dell’ipotesi che si possa compiere una rivoluzione socialista senza la critica delle armi». L’idea della possibilità di un colpo di Stato di destra non era tuttavia peregrina e fantapolitica. La dura repressione della contestazione, gli avvenimenti internazionali, ma soprattutto le stragi e gli attentati attribuiti con colpevole leggerezza, per non dire di più, a gruppi della sinistra extraparlamentare, non facevano che alimentare e dare corpo alle idee di Feltrinelli. Alla luce dei fatti successivi, soprattutto delle inchieste giudiziarie, tuttora aperte, che vedono coinvolte gli ex-vertici dei Servizi di sicurezza, e che hanno portato a conoscenza dell’opinione pubblica l’esistenza di una trama eversiva di destra potente e non ancora stroncata, l’ossessione di Feltrinelli della possibilità di un colpo di Stato non era priva di un certo contenuto di serietà e di fondatezza. Delirante era, invece, la sua ossessione di preparare la guerriglia, raccogliendo armi, organizzando basi, cercando accoliti tra delinquenti che nulla avevano di politico, intrecciando rapporti sotteranei con gruppuscoli della sinistra extraparlamentari divisi tra di loro dal settarismo e dal personalismo, cercando contatti con estremisti stranieri. Il 5 dicembre 1969 Feltrinelli scompare da Milano insieme a Sibilla Melega. La loro residenza ufficiale sarà a Hoberof, in Carinzia. L’editore inizia la sua vita di clandestino. Si sposterà per il mondo con falsi nomi, Maggioni, Fischer, Matras, Pisani, Sassi ecc.

I Gap si moltiplicano, agiscono nel corso del 1970 a Milano, Trento, Torino, Genova e in qualche altra città. Altri gruppuscoli rivoluzionari intanto vanno sorgendo, la loro voce troverà ospitalità su alcuni giornali. Appare a Milano il primo numero di Voce Comunista che insisterà «nella lotta in tutti i fronti e con tutte le armi». Apparirono poi i giornali «Sinistra Proletaria» e «Nuova Resistenza», quest’ultimo riporterà i bollettini dei Gap e delle Brigate rosse, l’organizzazione rivoluzionaria più forte che andava formandosi in maniera autonoma e con aspetti del tutto nuovi e originali. Mentre i Gap di Feltrinelli propugnavano la formazione di Nuclei tipicamente militari aventi quale campo di azione le zone montagnose e isolate (predominava la vecchia impostazione della lotta partigiana), le Brigate rosse, sorte dall’esperienza politica del Collettivo politico metropolitano, sposterà la lotta nel centro dei grandi agglomerati urbani, dove continuo sarà il contatto con le avanguardie operaie delle grandi fabbriche e dove sarà più facile «colpire il cuore dello Stato borghese». Le azioni delle Brigate rosse sempre più clamorose (il sequestro di Idalgo Macchiarini ne segnerà una tappa fondamentale) caratterizzano la prima parte del 1972. Sarà in questo contesto, sarà nel momento in cui i gruppuscoli della sinistra extraparlamentare si sentiranno piú forti (l’11 marzo 1972 avevano scatenato la guerriglia nel centro di Milano) che Feltrinelli si recherà a Segrate. Sarà il suo ultimo viaggio.


Omicidio o disgrazia?

Molti hanno detto, fin dall’inizio delle indagini, che Feltrinelli era stato assassinato. Abbiamo condotto un’inchiesta senza prevenzione alcuna, senza abbracciare alcuna tesi predeterminata, sforzandoci, però, di liberarci da qualsiasi passione politica, da qualsiasi «verità» precostituita. Certo, non ci sfugge la circostanza che la morte di Feltrinelli ha caratterizzato la campagna elettorale della primavera del 1972 , che quella morte fu strumentalizzata da più parti al di fuori di ogni nostra possibilità di impedimento; comprendiamo molto bene che può aver giovato a qualcuno la comoda tesi degli «opposti estremismi», rispolverata nei momenti più delicati della storia del Paese, ma tutte queste considerazioni non possono distogliere il Giudice dal suo obiettivo esclusivo: la ricerca della verità. A nostro avviso, e lo diciamo con consapevole certezza, Feltrinelli rimase vittima di un incidente del tutto casuale. È stato accertato che egli era «vivo e vegeto» quando si recò a Segrate. (Vedi perizia medico-legale in atti). La sera del 14 marzo Feltrinelli, però, non doveva essere solo: dal suo taccuino si arguisce che aveva un appuntamento intorno alle 20.30 con due personaggi mai identificati e indicati come Merx e Gallo Bruno. È facile presumere che furono queste due persone ad accompagnarlo a Segrate. Quel che avvenne al traliccio 71, allo stato è possibile solo ipotizzarlo. Resta comunque il fatto che Feltrinelli si recò a Segrate volontariamente. Al momento dello scoppio, era sicuramente vivo e in condizioni normali. Non era stato né drogato, né addormentato.

Giova, riportare integralmente le conclusioni a cui pervenne il collegio peritale-medico legale. Si legge infatti, nelle conclusioni: «Mancano elementi per poter stabilire il momento della morte di Giangiacomo Feltrinelli, anche per la sua insufficienza dei dati tanatologici acquisiti subito dopo il rinvenimento della salma. La causa della morte è da identificare in una anemia emorragica acuta da sfacelo dell’arto inferiore destro. Le lesioni sfacellative conseguenti all’esplosione sono state prodotte in corpo vivo. Tutte le lesioni riscontrate risultano prodotte in limine vitae e pertanto in coincidenza, o immediata successione cronologica, rispetto al verificarsi dell’esplosione. Le lesioni craniche e meningoencefaliche, come lo sfacelo degli arti e le lesioni tegumentarie toraciche vanno attribuite all’azione immediata dell’esplosione; la ferita al cuoio capelluto, le lesioni fratturattive toraciche, sono da attribuire a un urto su ampia superfice come per proiezione contro strutture del palo a tralicci o caduta al suolo; analogo meccanismo è da ritenere abbia prodotto la frattura dell’avambraccio. Non sono state riscontrate lesioni, al di fuori di quelle direttamente cagionate dall’esplosione, idonee a provocare la morte o infermità gravi. Le indagini chimico-tossicologiche sono risultate negative per la presenza di tracce di sostanze stupefacenti o comunque di sostanze che al momento della morte potessero svolgere azione tossica o comunque azione farmacologica di rilievo». Anche i periti balistici, nel supplemento di perizia ordinato dal Giudice Istruttore propendevano per la tesi dell’errore. Affermavano inoltre che se accompagnatori ci fossero stati, questi sarebbero dovuti rimanere, necessariamente feriti. Molti hanno sostenuto che era puerile andare a minare personalmente il traliccio (per giunta in maniera tanto poco professionale) portandosi, addirittura, tra le carte del portafogli, una foto di Sibilla Melega e del figlio Carlo, quasi a voler facilitare al massimo l’identificazione. A costoro rispondiamo, che invece, è senz’altro possibile. Dalle varie testimonianze raccolte sul conto del Feltrinelli («se un giorno sotto un ponte troverete il cadavere di un uomo nudo, quel cadavere è il mio» – andava dicendo da un po’ di tempo agli amici) ne emerge una personalità contorta, di un uomo che era sempre più solo, che cambiava spesso idea, infiammandosi per essa per passare quindi, facilmente allo sconforto. Negli ultimi tempi, poi, era ossessionato, inquieto, irascibile, quasi intrattabile. Diffidente di tutto e di tutti, Feltrinelli era, in ultima analisi, un uomo timido e frustrato e, soprattutto con una spaventosa carenza affettiva: si spiega in tal modo come il terrorista «Maggioni Vincenzo» si portasse nel portafogli la foto di Sibilla Melega e del figlio Carlo! La tesi dell’incidente (si ricordi che l’organo di Potere operaio fin dalle prime ore aveva riportato un comunicato: «il compagno Osvaldo è caduto in un’azione Gap») prendeva sempre più consistenza nel corso dell'istruttoria. Ma agli elementi obbiettivi acquisiti si aggiunge una testimonianza. Pisetta, infatti, riferì al Giudice Istruttore di aver saputo, per bocca di Morlacchi Pietro, nel corso di una riunione di brigatisti rossi, che Feltrinelli era morto per un «incidente sul lavoro»; che insieme a lui, al momento del fatto, vi erano due giovani, uno dei quali era rimasto ferito e che le Brigate rosse si erano incaricate di aiutarli, mettendo, nel contempo al sicuro (in via Delfico) buona parte del materiale prelevato dai covi di Feltrinelli. Le Brigate rosse avallavano, dunque, la tesi dell’incidente.

Ma le sorprese non erano terminate. Da altra Autorità giudiziaria, nel covo di Robbiano di Mediglia sarà rinvenuto un documento sensazionale, si tratta di una incisione in cui viene raccontata, da una voce, allo stato non identificata, la storia della morte di Feltrinelli. Si tratta di una versione che non contrasta con gli elementi acquisiti e che, anzi dà una spiegazione logica e conseguenziale a fatti e circostanze che apparivano, altrimenti, poco plausibili. Riteniamo nostro dovere riportare, in questa sede, la trascrizione integrale del nastro.



Trascrizione del nastro rinvenuto nel «covo» di Robbiano di Mediglia

«Vanno... salgono sulla loro macchina... vanno verso il luogo fissato dall’appuntamento. Lì parcheggiammo l’automobile, scendono e si mettono a passeggiare, poco dopo sul luogo fissato dell’appuntamento, che era vicino al cinema «VOX» (!), poco dopo vedono il pulmino parcheggiato più in là e Osvaldo che aspetta. Salgono sul pulmino con Osvaldo e si dirigono verso Segrate. Il... il... luogo dove si dirigevano non era loro noto, ma era noto sin dal sabato precedente l’obiettivo. Cioè l’obiettivo della serata. Infatti ne discussero con lui sabato stesso in presenza di altri compagni. A loro quindi era noto cosa andavano a fare, ma non dove andavano a farlo.

Nella serata di sabato avevano espresso, insieme agli altri, la propria opinione circa il tipo di obiettivo che dovevano mettere in atto, ma Osvaldo era stato in grado di imporre lo stesso, comunque la cosa. Quella sera si trattava di una opposizione di tipo psicologico, e in parte anche politico; infatti accusa i due di mancanza di coraggio e di cattiva volontà. Il giorno precedente il 13, li mandò infatti in giro intorno a Milano, verso, dalle parti, in direzione di Bergamo per ricercare dei tralicci, con il compito di localizzarli, misurarli, calcolarne le dimensioni, e per metterli insieme alla lista di possibili obiettivi della giornata. I due infatti fecero tutto questo, andarono verso Bergamo, e individuarono un grossissimo traliccio di cui presero le misure. Si infangarono anche, solo che... Osvaldo poi disse che il traliccio era troppo distante da Milano, troppo lontano e che lui aveva già provveduto a questo. Sembra che volesse semplicemente mettere alla prova la... volontà di collaborare dei due amici. Loro di questo in fondo ne erano da un lato coscienti e dall’altro tendevano a dimostrare la loro volontà. Il rapporto tra i tre è abbastanza strano, Osvaldo era una persona che faceva di tutto per dimostrare agli altri di essere più proletario di loro, o almeno quanto loro. Sembra che non si lavasse per intere settimane, ma loro dicono addirittura mesi, questo per annerire le mani, rendersele callose, per ridurre il suo volto e le sue mani stesse così a livello degli operai che lavorano nelle fabbriche. Anche il suo modo di vestire, di atteggiarsi, di comportarsi in pubblico era un modo di... era un modo che... esprimeva questa… queste forti volontà di assomigliare alla classe... di rendersi il più possibile simile... confondibile con la classe operaia. I due amici erano da un lato meravigliati, dall’altro certamente affascinati da questo personaggio che loro sapevano chi fosse, ma di cui dovevano... con il quale dovevano fingere di non sapere chi fosse. Indubbiamente li affascinava, era un uomo importante, un personaggio sulla bocca di tutti, ricchissimo, la sua… (?), il suo comportamento da padrone, il suo continuo attaccarsi a loro, costringerli all’azione, indubbiamente esercitava su di loro un... rapporto antitetico, ma è indubbio il fascino che ha esercitato non solo sui due amici, ma anche sugli altri. Ma torniamo al traliccio, verso le 7.30 circa, grosso modo, si incontrano con Osvaldo e salgono sul pulmino e partono. Osvaldo è teso, molto nervoso, sembra che durante la strada avessero rischiato... di fare un paio di incidenti stradali, tanto che uno dei due gli disse di fermarsi, parlava a scatti, poi Osvaldo e il secondo si misero a scherzare a dire battute spiritose, e poi cominciarono a parlare di quello che avrebbero fatto dopo, l’indomani. Tutta l’attenzione del momento veniva proiettata a... a quello che sarebbe successo dopo il fatto, più tardi, dopo l’azione della sera. L’indomani, disse Osvaldo, i due avrebbero dovuto andare in giro a cercarsi un appartamento, localizzarlo e individuare una base dove avrebbero dovuto incominciare a costruire la loro base operativa. Poi parlarono delle azioni da fare, di come organizzarsi, di tutto quello che era... era già in atto, della sua organizzazione. Bisogna ricordare però, che Osvaldo sembra fosse uno che guidava sempre molto male, così non stupisce che anche questa sera fosse così maldestro nella guida. Ma indubbiamente questa sera qui si andava... andava all’appuntamento con un’azione... a un appuntamento da solo, con due inesperti, andava a una verifica con se stesso, di fatto... Gli altri, i compagni più esperti, coloro che potevano dargli concretamente una mano, erano altrove.

Osvaldo era vestito con un cappotto elegante, non fecero caso al pantalone e alle scarpe che indossava, ma finché era in viaggio, nel pulmino, sembrava vestire in maniera normale, come gli altri. Arrivano sul posto e portano il pulmino vicino al campo distante dal traliccio circa qualche centinaio… dicono 500 metri. Lì lo fermarono, scendono dal pulmino e Osvaldo entra nel pulmino dalla parte posteriore, cioè all’interno, e dice agli altri di aspettare. Sta dentro un 10 minuti circa. Grosso modo sono arrivati sul posto attorno alle otto e venti, più o meno. Quando esce dal pulmino, gli altri lo guardano stupiti perché, tolto il cappotto ha indossato una casacca di tipo militare, dicono che è vestito come un «castrista», non dicono nulla ma notano i pantaloni con le sacche, la giacca con molte sacche, come un castrista dicono. La cosa li stupisce un poco, però è nello spirito... nella psicologia del personaggio anche questo atteggiarsi. Scaricano tutti gli oggetti dal pulmino e vanno verso il traliccio, il tempo è umido, pioviggina un poco o è umido. È quasi buio, si vedono delle luci in lontananza, i due non riescono a comprendere o a localizzare bene la natura delle luci. Ci sono delle case in fondo. Il tragitto dal pulmino al traliccio avviene con difficoltà, perché le scarpe sprofondano nel terreno molle. Giunti sul posto portano a quanto pare, il materiale del... di entrambi... o del primo o di entrambi i tralicci, questo non è chiaro. Comunque, giunti sul posto, iniziano il lavoro. I due si occupano dell’agganciamento dei candelotti di dinamite a pacchetti di otto sembra attorno al primo pilastro. Questi candelotti vengono schiacciati all’interno del pilastro, compressi con delle tavole di legno e legati con del filo di ferro. Da questo pacchetto di candelotti, esce un filo già preparato, che viene appeso a uno dei tiranti del traliccio. A questo punto sembra che Osvaldo si renda conto che i fili di collegamento ai cavi elettrici sono troppo corti, si incazza, bestemmia, decide di usare tutto il materiale dei due tralicci programmati per farne uno solo, e di fare una cosa in grande. Va quindi verso il pulmino, porta tutto il materiale del traliccio... del secondo traliccio. Il programma è quello di mettere cariche ovunque; in pratica le tre o le quattro… non è chiaro… cariche del primo traliccio dovrebbero venire... dovrebbero essere applicate alle zampe del traliccio stesso. Le altre tre o quattro cariche del secondo traliccio progettano, su consiglio del primo dei due accompagnatori, di attaccarle ai tiranti superiori, cioè alla... alla... ai longaroni della piattaforma orizzontale che dista da terra circa due metri e mezzo. Si accingono a questo lavoro, Osvaldo, sempre su consiglio del primo, decide che la cosa migliore da fare è quella di andare in alto e applicare lì, subito, tutti i congegni. Va quindi verso l’alto, il lavoro è difficoltoso, bisogna scalare il traliccio. Osvaldo quindi sale sul traliccio e si mette al centro della... del longarone orizzontale, per passare il materiale. Il primo consiglia di fare una scala, una catena cioè per passare il materiale. Osvaldo si trova in alto appollaiato con le gambe all’interno, che penzolano all’interno del traliccio, la schiena all’esterno, seduto. Il primo resta per terra quasi sotto Osvaldo, a distanza di tre metri circa, tutti i sacchetti sono disposti per terra, il secondo si mette a metà strada dai due sul traliccio, cioè un braccio, il braccio destro, è attorno al... al... al pilastro portante destro. I piedi sono sul... sul... ai longheroni e sui tiranti inferiori, l’altro braccio è libero, gli serve per prendere il materiale e passarlo a Osvaldo. Il... il pilastro già minato è quello di sinistra, quindi Osvaldo si trova in alto con le gambe all’interno, penzoloni, seduto; il secondo si trova in terra, il terzo... il primo cioè, si trova a metà strada tra Osvaldo e il secondo, in piedi sul traliccio con il braccio destro attorno al... al... pilastro portante destro, saldamente agganciato a questo pilastro. Passano allora per primo i candelotti, poi la pila, poi l’orologio, ricevuto il primo orologio sentono Osvaldo imprecare, l’orologio è rotto, non è funzionante. Sembra che si sia staccato... staccata la saldatura posteriore, quella sulla cassa o qualcosa del genere. Comunque l’orologio non è in buone condizioni. Osvaldo impreca, getta a terra sotto di sé l’orologio dove verrà probabilmente trovato. Si fa passare il secondo orologio, il secondo cerca il secondo orologio nel cassetto dove erano contenuti, lo passa al primo che lo passa a Osvaldo. Poi il secondo compagno volta le spalle a Osvaldo, si mette cioè di spalle al traliccio, e, accucciato per terra sulla punta dei piedi, guarda in lontananza le luci, in fondo, per vedere se qualcuno si avvicina, se qualcosa si muove. Il primo passa l’orologio a Osvaldo; all’inizio il... Osvaldo aveva il... candelotti di dinamite, della carica che serviva a far saltare il longarone centrale, in mezzo alle gambe, tra le due gambe strette. Poi la posizione scomoda lo fa muovere, si trova impacciato nella posizione, impreca, allora si muove, sposta i candelotti all’esterno non più fra le due gambe. Si suppone probabilmente sotto la prima gamba, cioè la gamba sinistra. È in questa posizione seduto con i candelotti sotto la gamba in modo che li tiene fermi che dovrebbe... che sembra che prepari l’innesto, cioè il congegno di scoppio. Tutto il progetto era quello di preparare il congegno, sistemarli, poi agganciare i candelotti al tutto, far pendere i fili e agganciare alla fine il tutto assieme agli altri posti sui piloni. Il... è in questo momento che il primo, quello a mezz’aria sul traliccio, sente uno scoppio fortissimo, uno scoppio secco, viene investito dall’esplosione, ma si aggrappa fortemente con il braccio al pilastro, il braccio destro, sente un forte dolore sulla... nell’orecchio sinistro, cade per terra, o almeno si cala per terra, guarda verso l’alto ma non vede nulla, guarda verso il basso e vede Osvaldo a terra, rantolante, la sua impressione immediata e che abbia perso entrambe le gambe. Si scuote, va dall’altro. L’altro si sente investire da un forte colpo, ha un dolore forte alla gamba, più che un dolore un colpo caldo, alla coscia destra, viene buttato per terra dal colpo. L’altro va da lui immediatamente e gli dice «Osvaldo... Osvaldo non c’e, è scoppiato», l’altro guarda in alto, e non vede nulla, guarda verso la posizione dove c’era Osvaldo e non lo vede, allora guarda per terra, e vede Osvaldo. Il problema delle gambe, uno dice: «ha perso entrambe le gambe», poi gli sembra di ricordare che una delle gambe, la gamba destra, si e rovesciata sotto il corpo cioè in posizione che vedrà dopo. La gamba sinistra non c’è, è troncata: il secondo ricorda il particolare del braccio, il braccio destro di Osvaldo rattrappito sul petto con la mano rivolta all’esterno. Non riescono a capire esattamente cosa è successo e come, i due terrorizzati scappano, il primo... il secondo cioè urla, il primo lo richiama, sente un forte dolore all’orecchio, non sente più nulla, ha l’occhio gonfio, investito dall’onda dell’esplosione. Poi lo richiama, fanno pochi metri, circa 10-15 metri, poi ritornano indietro, Osvaldo sta rantolando, ancora per pochi minuti, poi ha un ultimo rantolo forte e non sente più nulla. Sono terrorizzati, non sanno che cosa fare, il pulmino, poi non ci pensano, scappano attraverso i campi aiutandosi l’un l’altro, arrivano sulla strada, non si sa quanto tempo ci mettono ad attraversare il campo. L’esplosione avviene verso le nove meno dieci, nove meno cinque, nove meno cinque circa, più tardi che prima. Questo particolare viene notato dal primo che ricorda di aver guardato l’orologio perché aveva promesso di tornare verso le otto e mezza a casa, si accorge che le otto e mezza erano già passate e in quell’attimo, quando vede l’orologio che segnava circa le nove, che sente l’esplosione. I due arrivano vicino al ciglio della strada, salgono e piano piano si avvicinano... si avviano sulla strada. In quel mentre passano delle persone, allora cercano di darsi un’aria così... normale, si mettono a parlare di sport. Sono molto nervosi, stanchi, spaventati, stranamente, anche a quel modo, il ferito non perde molto sangue. II colpo, un taglio grosso circa cinque, sette o otto centimetri per quattro, lo colpisce sulla parte esterna della coscia destra... della coscia destra. Non colpisce delle vene grosse, perde poco sangue, però il dolore incomincia a farsi sentire. Zoppiccando arrivano vicino alla stazione degli autobus che li porta verso Milano, e lì salgono sull’autobus e si mettono nei sedili dietro. II primo si mette alla destra del secondo in modo da nascondere la ferita, come prima facevano quando camminavano. Quando scendono dall’autobus, arrivati alla stazione, ripuliscono col fazzoletto il sedile, un poco sporco di sangue, lì scendono, e vicino alla stazione li mette... lascia il primo ai giardini per andare a cercare la sua macchina, per aiutarlo. Il primo, nella tragedia e ancora abbastanza fiducioso, ricorda che Osvaldo gli aveva parlato di ospedale, di un’organizzazione complessa e attrezzata che era in grado di affrontare questo genere di problemi, rincuora il secondo dicendogli: «Coraggio, vedrai che sistemerà tutto, adesso ci pensiamo noi, andiamo dall’amico... e ci pensiamo noi a sistemarci, mettiamo a posto tutto». La tragedia e lo sconforto era troppo, quando si accorgeranno che non c’e nulla, che nessuno è in grado di aiutarli, che gli avevano... che dovranno con pochi compagni, provvedere da soli a sistemare tutto. Quella sera Osvaldo non portava la rivoltella che era... che portava abitualmente, quasi sempre. Infatti, era il tipo di obiettivo ove andavano, sembra che avessero deciso di non portarsi... non portare con sé armi, questo anche parrebbe sotto il consiglio... con il consiglio... o grazie al consiglio del primo dei due compagni. Il particolare della gamba rivoltata sotto il corpo, non e molto chiaro, lui dice di non aver visto più la gamba, e di essersi accorto solo in un secondo momento che la gamba destra era sotto il corpo, rovesciata all’indietro, dato il particolare stato di tensione nervosa non e assolutamente attendibile, o almeno questo fatto può essere semplicemente un errore del compagno stesso. Tutto il fatto, si è svolto dal momento dell’arrivo al momento dello scoppio, nell’arco di circa 40 minuti, il tempo è stato necessario... tutto questo tempo e stato necessario per fare tutto quello che... che è successo, in quanto ci sono voluti vari minuti per andare e venire dal pulmino un paio di volte, in particolare nella seconda fase, quando Osvaldo ha dovuto tornare al pulmino a prendere il materiale restante».

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