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Non si scherza con la rivoluzione

Lenin e il dibattito sui sindacati in Russia


Quando Lenin aveva i capelli, 1887


Approfondiamo ulteriormente il pensiero politico di C.L.R. James, già trattato nell’articolo sulla Johnson-Forest Tendency. Qui pubblichiamo una delle lezioni che il militante originario di Trinidad e Tobago fece a Montreal, tra la fine del 1966 e il 1967, a un gruppo di compagni del Caribbean Conference Committe (alcuni di questi incontri sono tradotti nel volume Non si scherza con la rivoluzione. Marx e Lenin nei Caraibi, ombre corte 2017). In questa lezione (a cui ne seguiranno altre due sullo stesso tema) James si confronta con il dibattito sui sindacati nel partito bolscevico tra il 1920 e il 1921. In tale dibattito, troppo poco conosciuto e studiato, Lenin si contrappone da un lato a Trotskij e Bucharin, cioè a un’idea dei sindacati come semplice articolazione amministrativa e apparato tecnico dello Stato operaio, dall’altro all’ideologia consiliarista e autogestionaria dell’Opposizione operaia. James fa continui riferimenti all’attualità delle lotte anti-coloniali e degli stati post-coloniali, mostrando come il suo pensiero è sempre volto a incidere sulla materialità dei processi in corso. Per proseguire nella conoscenza del grande marxista caraibico si consiglia ovviamente la lettura del suo capolavoro, I giacobini neri. La prima rivolta contro l’uomo bianco (DeriveAppodi 2006).


* * *


Dovrò muovermi con una certa libertà, cionondimeno la linea generale sarà chiara, specialmente una volta che vi troverete di fronte all’intera faccenda.

Parto da pagina sette del volume IX[i], dove troviamo gli importanti discorsi fatti durante il dibattito sui sindacati in Russia. Nel volume IX delle Opere scelte, Lenin interviene su un’accesa controversia esplosa in Russia. (L’intera discussione, che ha preceduto, accompagnato e seguito il X congresso del Partito, è una delle più raffinate discussioni politiche che io conosca, ovunque. L’altra è la discussione tra Cromwell, Ireton e i Levellers nel XVII secolo, al culmine della rivoluzione inglese.)

A pagina sette Lenin attacca Trotski e Bukharin e dice: «Perché in realtà non riusciamo a lavorare d’accordo, mentre ne avremmo tanto bisogno? Perché dissentiamo sul modo di accostarsi alle masse, di conquistare le masse, di legarsi con le masse. É questa la sostanza del problema»[ii]. I politici non lo dicono, non sentirete nessuno di loro affermare una cosa simile. Queste sono le basi di Lenin.

Continua Lenin: «E qui sta la particolarità dei sindacati, istituzioni create durante il capitalismo e indispensabili durante il passaggio dal capitalismo al comunismo, il cui lontano avvenire è un punto interrogativo»[iii]. Il futuro dei sindacati è un punto interrogativo, dice Lenin, perché i sindacati rappresentano un tipo arretrato di società e occupano una funzione speciale in questo tipo arretrato di società. «É in un avvenire lontano» dice Lenin, «che i sindacati saranno messi in forse; ne parleranno i nostri nipoti»[iv].

Lenin deve averlo detto, almeno una volta al mese: non abbiamo e non possiamo avere socialismo in Russia. Ora dice: «Ma adesso si tratta del modo di accostarsi alle masse, di conquistarle, di legarsi ad esse, di creare le complesse cinghie di trasmissione del lavoro»[v]. C’è il governo, c’è il partito e ci sono i sindacati. Il governo e il partito devono lavorare insieme, e lavorare con i sindacati; e i sindacati devono influenzare la grande maggioranza della popolazione. É un metodo molto complesso.

Per ora parlo soltanto in astratto e in linea di principio dei rapporti tra le classi nella società capitalistica, ove esiste il proletariato, esistono le masse lavoratrici non proletarie, la piccola borghesia e la borghesia. Anche solo da questo punto di vista, anche se l’apparato del potere sovietico fosse esente dal burocratismo, avremmo già delle cinghie di trasmissione assai complesse a causa di ciò che il capitalismo ha creato[vi].


Adesso andiamo al fondo di pagina otto. Lenin sta attaccando Trotski: «Del resto, macchiandosi di questa leggerezza, il compagno Trotski commette subito a sua volta un errore»[vii]. Sapete su cosa verte il dibattito? Trotski aveva detto: noi siamo uno Stato operaio, perciò renderemo i sindacati parte del governo. Lenin risponde: «Questo Stato non è completamente operaio. [...] Il nostro Stato attualmente è tale che il proletariato interamente organizzato deve difendersi, e noi dobbiamo utilizzare queste organizzazioni operaie per difendere gli operai contro il loro Stato»[viii]. Questo è uno dei più raffinati e potenti pezzi di marxismo che si possano trovare.

Ora, Lenin prosegue:


«Secondo lui [Trotski] in uno Stato operaio la funzione dei sindacati non è di difendere gli interessi materiali e spirituali della classe operaia. É un errore. Il compagno Trotski parla di uno «Stato operaio». Scusate, ma questa è una astrazione. Quando, nel 1917, noi parlavamo di uno Stato operaio, ciò era comprensibile; ma oggi, quando ci si viene a dire: “Perché difendere la classe operaia, da chi difenderla, visto che non c’è più borghesia, visto che lo Stato è operaio”, si commette un errore palese. Questo Stato non è completamente operaio. Ecco il punto. Qui sta uno dei fondamentali errori del compagno Trotski. Adesso siamo passati dai princípi generali alla discussione concreta e ai decreti, e ci si vuole tirare indietro da questo lavoro pratico e concreto. É inammissibile. In realtà il nostro non è uno Stato operaio, ma operaio-contadino; questo in primo luogo» [ix].


Nel momento in cui si ha a che fare con i contadini, soprattutto in un paese arretrato, si è distanti dai principi fondamentali o dalla possibilità di una genuina pianificazione. É chiaro? Non lo si può fare con un mucchio di contadini. In Russia c’erano 175 milioni di abitanti, di cui 10 milioni erano operai e il resto contadini. Lenin ne è sempre stato consapevole. Dovremmo guardare come si sviluppa il suo intero percorso politico e pensare a una sua possibile applicazione oggi negli Stati africani o in Cina. Lenin prosegue:


«E ne derivano molte conseguenze. (Bukharin: «Come? Operaio-contadino?».) E benché il compagno Bukharin gridi qui dietro: “Come? Operaio-contadino?”, non starò a rispondergli su questo argomento. [...] Il programma del nostro partito, documento che l’autore dell’Abbiccì del comunismo conosce assai bene, mostra che il nostro Stato è uno Stato operaio con una deformazione burocratica. E noi abbiamo dovuto apporgli questa triste, come dire?, etichetta. Eccovi il periodo di transizione nella sua realtà. Dunque, in uno Stato che si è formato in condizioni concrete di questo genere, i sindacati non avrebbero niente da difendere, se ne potrebbe fare a meno per difendere gli interessi materiali e spirituali del proletariato interamente organizzato? É un ragionamento del tutto errato dal punto di vista teorico, che ci riporta nel campo dell’astrazione o dell’ideale che raggiungeremo tra quindici o vent’anni; e non sono neppure certo che lo raggiungeremo entro questo termine. Dinanzi a noi vi è una realtà che conosciamo bene se non cadiamo in preda all’euforia, se non ci lasciamo trasportare da discorsi intellettualistici o da ragionamenti astratti o da ciò che talvolta sembra “teoria”, ma in realtà è errore, errata valutazione delle particolarità del periodo di transizione. Il nostro Stato attualmente è tale che il proletariato interamente organizzato deve difendersi, e noi dobbiamo utilizzare queste organizzazione operaie per difendere gli operai contro il loro Stato, e perché gli operai difendano il nostro Stato» [x].


Spero che sia chiaro. Ora andate a pagina quindici. Qui sta parlando Lenin, uomo pratico della politica, uomo pratico di questioni concrete. Il secondo paragrafo di pagina quindici inizia in questo modo: «Bisogna studiare l’esperienza pratica. Io ho firmato decreti e risoluzioni che contengono indicazioni pratiche sulla “simbiosi” [con i nostri sindacati], e la pratica è cento volte più importante di qualsiasi teoria»[xi]. Il più grande leader politico e teorico che abbiamo avuto è Lenin, ma adesso, nell’organizzazione dello Stato, sta istituendo una differente attitudine:


«Perciò, quando mi si dice: “Parliamo un po’ della simbiosi”, rispondo: «Studiamo un po’ quello che abbiamo fatto». Che abbiamo commesso molti errori, è fuori dubbio. Può anche darsi che la maggior parte dei nostri decreti debba essere modificata. Sono d’accordo, e non sono affatto innamorato dei decreti. Ma allora fate proposte concrete: trasformate questo e quello. Questa sarebbe un’impostazione efficace. Non sarebbe un lavoro improduttivo. Quando esamino la VI sezione dell’opuscolo di Trotski Conclusioni pratiche, vedo che le sue conclusioni pratiche hanno proprio questo difetto» [xii].


[…] Ora passiamo alla pagina ventitre, che si presenta difficile. Leggerò due o tre pagine perché voglio che assorbiate bene cosa in esse si afferma. Lenin dice: siamo in crisi. Sapete da dove viene questa crisi? Hanno appena vinto la guerra civile e adesso si immergono in questo dibattito per capire cosa avrebbero potuto fare con la rivoluzione russa. Questo è il punto: dove siamo e cosa facciamo? Esattamente la stessa cosa è avvenuta in Inghilterra intorno al 1648. Dopo aver sconfitto Carlo e tutti i realisti, il dibattito si è incentrato su che cosa fare in quel paese. É la situazione con cui si confronta ogni organismo rivoluzionario.

Lenin chiarisce che la sola via che si può seguire è data dall’esperienza pratica e dal coinvolgimento delle masse. Ogni altro sforzo – ciò che oggi stanno provando a fare in Africa, nei Caraibi e in tutti i paesi ex coloniali – è destinato a condurre al disastro.

Così Lenin riprende il documento di una precedente conferenza, cioè la V Conferenza dei sindacati di tutta la Russia, in cui Rudzutak[xiii] aveva fatto un rapporto sui compiti dei sindacati nella produzione[xiv]. A questo punto dovete tenere a mente che c’erano solo 10 milioni di operai su una popolazione che si aggirava intorno ai 175 milioni di persone. Potete allora comprendere la situazione che il Partito bolscevico aveva di fronte, dovendo portare avanti le idee socialiste e tutto il resto. Lenin era solito dire (continuerà a ripeterlo fino al giorno della sua morte): se riusciamo a gestire il capitalismo di Stato in Russia, faremo qualcosa di straordinario. Ciò che accadeva era che gli operai si appropriavano delle fabbriche. Lenin domandava: state prendendo possesso delle fabbriche? Loro rispondevano di sì. E lui: sapete cosa farci? E loro: dobbiamo venire da voi per apprenderlo. E lui: io non lo so, andate e scopritelo. Ma non si può litigare con gli operai che prendono le fabbriche.

[…] Adesso vediamo le tesi di Rudzutak citate da Lenin:


«1. Subito dopo la Rivoluzione d’ottobre, i sindacati erano quasi i soli organismi che, accanto all’esercizio del controllo operaio, potevano e dovevano assumersi il lavoro di organizzazione e di direzione della produzione» [xv].


É chiaro? Subito dopo la Rivoluzione d’ottobre non solo esercitavano il controllo operaio, ma dovevano assumersi il lavoro di organizzazione e di direzione della produzione. […] Ritorniamo al compagno Rudzutak. Continua in apertura delle sue tesi:


«Nel primo periodo di esistenza del potere sovietico l’apparato statale di amministrazione dell’economia nazionale non era ancora costituito [James: É chiaro?], mentre il sabotaggio dei padroni degli stabilimenti e dei quadri tecnici superiori poneva acutamente alla classe operaia il problema della salvaguardia dell’industria e del ritorno a un funzionamento normale di tutto l’apparato economico del paese» [xvi].


La classe operaia ha salvato l’apparato economico del paese nel periodo successivo alla Rivoluzione d’ottobre. La classe operaia è arrivata in soccorso, ha formato le organizzazioni e hanno funzionato – ecco come sono riusciti a vincere la guerra civile.


«2. Nel periodo successivo dell’attività del Consiglio superiore dell’economia nazionale, che si occupava principalmente di liquidare le imprese private e di organizzare la gestione da parte dello Stato, i sindacati hanno compiuto questo lavoro accanto e insieme agli organi di Stato preposti alla gestione economica. La debolezza degli organi statali non soltanto spiegava, ma giustificava tale parallelismo; esso era storicamente giustificato dal pieno contatto stabilitosi tra i sindacati e gli organi della gestione economica» [xvii].


Avete visto cosa è successo? Lo Stato comincia a organizzare, ad acquisire il controllo a partire dagli operai e dai sindacati.


«3. La direzione degli organi economici statali, la graduale presa di possesso da parte loro dell’apparato di produzione e di amministrazione, il coordinamento delle singole parti di questo apparato, tutto questo ha spostato il centro di gravità del lavoro di gestione dell’industria e di elaborazione del programma in questi organi. Di conseguenza, l’attività dei sindacati nel campo dell’organizzazione della produzione si è ridotta alla partecipazione alla formazione dei collegi dei comitati principali, dei centri e delle amministrazioni d’officina» [xviii].


Gli operai hanno preso il controllo e l’hanno mantenuto quando l’economia stava per crollare. Poi, quando sono arrivati gli organi statali, questi e gli operai hanno lavorato fianco a fianco e così la gestione statale è stata completamente acquisita. Questo è il problema fondamentale della Rivoluzione russa. Quindi è arrivato il momento di designare le persone nei centri di direzione della produzione, laddove in precedenza i sindacati erano soliti prendere la direzione e in una seconda fase lavorare fianco a fianco, dopo di che lo Stato prendeva il controllo.


«4. Nel momento attuale affrontiamo di nuovo in pieno il problema di stabilire un legame assai stretto tra gli organi economici ella repubblica sovietica e i sindacati, poiché è indispensabile utilizzare ad ogni costo razionalmente ogni unità lavorativa, far partecipare coscientemente al processo produttivo tutta la massa dei produttori nel suo complesso [James: Rinuncio alla politica e studio psicologia se un socialista africano dice una cosa simile]; ora che l’apparato statale di gestione economica, diventando gradualmente più grande e più complesso, si è trasformato in una macchina burocratica smisurata, enorme in confronto alla produzione stessa, i sindacati sono inevitabilmente spinti a partecipare direttamente all’organizzazione della produzione non soltanto con la loro rappresentanza personale negli organi economici, ma come organizzazione nel suo complesso» [xix].


Ora, se i sindacati fossero stati un organismo solido, che dominavano nell’economia del paese e con così tanta libertà, non avrebbero mai potuto perderla. É chiaro perché la Rivoluzione russa è fallita? Se un 60 o 70% degli operai e dei contadini in Russia fossero stati sindacalisti con una qualche esperienza nella gestione dei sindacati, e quando la Rivoluzione cominciò avessero preso in mano almeno una parte della produzione, non l’avrebbero mai perduta. Questo è stato il problema. E tenete sempre a mente l’Africa, l’India, la Cina. É la stessa situazione che ci troviamo di fronte. In realtà un po’ peggiore, ma per certi aspetti migliore.

È straordinaria l’onestà – l’assoluta semplicità, il rispetto per la verità – che si trova in questi documenti: costituiscono un’educazione non solo alla politica, ma all’approccio etico alla situazione politica. Da nessuna parte si può trovare un’attenzione ai problemi della Rivoluzione russa così seria e complessiva come quella che c’è nei documenti dello stesso governo sovietico. Li ho letti tutti. Si tratta di persone che sanno cosa accade, perché dicono la verità.

Questo era il problema che i russi stavano affrontando – non la democrazia e le altre stupidaggini di cui la gente parla. Lenin sapeva cosa stava accadendo e perché. Da nessuna parte si possono trovare affermazioni più chiare di queste. Adesso andiamo avanti:


«5. Se il Consiglio superiore dell’economia nazionale affronta l’elaborazione del programma generale di produzione fondandosi sugli elementi materiali della produzione esistenti (materie prime, combustibile, stato delle macchine, ecc.) [James: Che è quello che un organismo deve fare. Sapete che è un’attività ufficiale], i sindacati debbono affrontarla dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro, in funzione degli obiettivi della produzione e della sua utilizzazione razionale. Perciò il programma generale di produzione, nelle sue parti e nel suo complesso, dev’essere stabilito con l’immancabile partecipazione dei sindacati al fine di coordinare nel modo più razionale l’utilizzazione delle risorse materiali e della manodopera.

6. L’instaurazione di una vera disciplina del lavoro, la lotta vittoriosa contro la diserzione dal lavoro, ecc., sono concepibili soltanto se tutta la massa dei produttori partecipa consapevolmente alla realizzazione di questi obiettivi. Questo scopo non si può raggiungere con i metodi burocratici e le direttive dall’alto; bisogna che ogni partecipante alla produzione non si accontenti di adempiere i compiti fissati dall’alto, ma partecipi coscientemente alla correzione di tutti i difetti tecnici e organizzativi della produzione» [xx].


Devo sottolineare, e immagino di averlo già detto un centinaio di volte: «Questo scopo non si può raggiungere con i metodi burocratici e le direttive dall’alto». Non si può portare la classe operaia a prendere coscientemente parte alla produzione e ad assumere responsabilità in ciò che sta facendo attraverso «metodi burocratici e le direttive dall’alto». Questa è un’affermazione assoluta. Non potete farlo, questa è una società socialista. É quello che propongono, Lenin ha detto che non lo si può fare dall’alto. Se si insiste nel farlo dall’alto, si avrà una dittatura brutale, che è quello che hanno avuto. Come vedremo, Lenin non ha mai pensato che si potesse agire diversamente dal fare in modo che il partito e la leadership infondessero nella popolazione la convinzione che questa è una responsabilità che bisogna assumersi e non può essere realizzata dall’alto. Stalin si è messo a farlo dall’alto, perciò ha distrutto il Partito bolscevico e riscritto l’intera storia della Rivoluzione russa.

[…] Questo è Lenin, in ogni occasione. Porta avanti una proposta delle più straordinarie e immediatamente si interroga sulle forme pratiche e i mezzi per realizzarla. Per farlo, questi compiti «debbono avere un posto determinato». Capite il significato? Si sa perché i sindacati non stavano funzionando a dovere. Stavano andando in giro per il paese a raccogliere un po’ di cibo. Lenin in effetti diceva: l’intera questione della produzione oggi è dare agli operai da mangiare, da vestire e qualcosa da mettere in casa; questo è il livello raggiunto nel 1921.

[…] I salari e i premi devono essere in natura, per dare all’operaio un tanto per le patate, un tanto per il pane, un tanto per i vestiti, un tanto per un pezzo di legna. Questo è il modo per sviluppare l’economia, ma – a dispetto della povertà – notate l’insistenza sulle fabbriche? Gli operai devono farlo. Bisogna dar loro ciò che producono in modo che abbiano qualcosa da mangiare, qualcosa per vestirsi e qualcosa da bruciare. Non trovate cose di questo tipo da nessun’altra parte. Andiamo avanti:


«8. Tale impostazione del lavoro dei sindacati deve, da una parte por fine all’esistenza di organi paralleli (sezioni politiche, ecc.) [James: Dice che bisogna finirla con questo. I sindacati adesso devono occuparsi dello sviluppo economico del paese], e dall’altra ristabilire uno stretto legame tra le masse e gli organismi di gestione economica.

9. Dopo il III Congresso, i sindacati non sono riusciti a realizzare in notevole misura il loro programma di partecipazione all’edificazione economica, da una parte a causa delle condizioni militari, e dall'altra a causa della loro debolezza organizzativa e del distacco degli organismi economici dal lavoro pratico e di direzione.

10. I sindacati debbono quindi porsi i seguenti obiettivi pratici immediati: a) partecipare nel modo più attivo alla soluzione dei problemi di produzione e di amministrazione; b) partecipare direttamente, con i relativi organi economici, alla creazione di organismi di gestione competenti; c) i vari tipi di amministrazione debbono controllare attentamente la produzione e influire su di essa [James: La classe operaia deve essere l’elemento decisivo nello sviluppo della produzione]; d) partecipare obbligatoriamente all’elaborazione e alla determinazione dei piani economici e dei programmi di produzione; e) organizzare il lavoro secondo la priorità dei compiti economici; f) sviluppare una larga organizzazione dell’agitazione e della propaganda della produzione» [xxi].


Se io andassi a dire questo in uno Stato africano o dell’Europa dell’est, oppure in alcuni dei paesi avanzati, mi metterebbero in manicomio per quindici giorni.

Queste erano le basi su cui la Rivoluzione russa avrebbe dovuto costruire una nuova società.


«11. Le sezioni economiche dei sindacati e delle organizzazioni sindacali debbono effettivamente trasformarsi in leve rapide e potenti che permettano ai sindacati di partecipare sistematicamente all’organizzazione della produzione.

12. Per assicurare in modo regolare i beni materiali agli operai, i sindacati devono esercitare la loro influenza sugli organismi di distribuzione del Commissariato per gli approvvigionamenti, sia locali che centrali, realizzando una partecipazione e un controllo pratico ed efficace su tutti gli organismi di distribuzione, e dedicando particolare attenzione all’attività delle commissioni centrali e di governatorato per l’approvvigionamento degli operai» [xxii].


I sindacati devono occuparsi della distribuzione del cibo. È nelle loro mani. Vi immaginate se, su 175 milioni di abitanti, 75 milioni di operai avessero portato avanti un simile programma? Cosa sarebbe successo allo Stato russo? É ciò che dovete tenere a mente: a ucciderli fu che non avevano i sindacati per farlo, gli operai erano forse 10 milioni e affamati. Ma il punto che qui voglio sottolineare è che Lenin non ha mai perso di vista quello che deve essere una società socialista e l’obiettivo socialista di un partito.

[…] La priorità veniva data agli operai delle industrie importanti. Lenin e il Partito bolscevico dicevano: no, i sindacati devono decidere chi avrà la priorità e cosa devono avere. Qualunque sia l’importanza dell’industria nel paese, non è questo che conta. Devono essere gli operai stessi a decidere chi avrà e cosa avrà.


«14. Occorre concentrare particolarmente l’attenzione sul gruppo dei cosiddetti stabilimenti modello in modo da renderli veramente esemplari mediante un’amministrazione competente, la disciplina del lavoro e l’attività del sindacato.

15. Nell’organizzazione del lavoro, accanto all’attuazione di un sistema armonico di tariffe e alla revisione totale delle norme di produzione, i sindacati devono prendere fermamente nelle loro mani la lotta contro le diverse forme di diserzione dal lavoro (assenze ingiustificate, ritardi, ecc.). I tribunali disciplinari, ai quali finora non si è dedicata la dovuta attenzione, devono diventare un vero mezzo di lotta contro la violazione della disciplina proletaria del lavoro» [xxiii].


Conoscete questi tribunali disciplinari? Gli operai dovevano istituire i tribunali e decidere chi doveva essere punito e cosa doveva essere fatto nell’industria. I tribunali disciplinari, le priorità, i premi: se ne devono occupare i sindacati e gli operai. Ora voglio dirvi una cosa. Si sentono persone parlare e scrivere della Rivoluzione russa, e a loro non importa niente di tutto questo. Dicono che Lenin è pazzo. Ma questo è il modo in cui la rivoluzione è stata fatta e ciò che ha provato a realizzare. Trotski non l’ha capito affatto.

[…] É questa la base della società socialista. Se c’è un 60 o 70% della popolazione formatasi nel movimento sindacale e che lavora nell’industria, devono prenderne il completo controllo. A questo punto Lenin dice:


«Spero che ora vediate perché ho dovuto coprirmi di rimproveri. Ecco una piattaforma cento volte migliore di quella che il compagno Trotski ha redatto dopo averci più volte riflettuto, e di quella che ha steso il compagno Bukharin [...] senza averci riflettuto affatto. Tutti noi, membri del Comitato centrale che da molti anni non lavoriamo nel movimento sindacale, dovremmo imparare dal compagno Rudzutak, e anche il compagno Trotski e il compagno Bukharin dovrebbero imparare da lui» [xxiv].


Vedete da dove viene fuori il problema? Non hanno lavorato nel movimento sindacale per anni. Rudzutak era un vero sindacalista e, essendo bolscevico, ha scritto queste tesi.

Adesso Lenin compara le tesi di Rudzutak con quelle che Trotski ha sottoposto al Comitato centrale. Nel fare questo confronto Lenin dice:

Alla fine della quinta tesi di Trotski leggo: «... è indispensabile affrontare subito la riorganizzazione dei sindacati, cioè prima di tutto la selezione del personale dirigente proprio da questo punto di vista ...». Ecco la vera burocrazia! Trotski e Krestinski selezioneranno «il personale dirigente» dei sindacati![xxv]


[…] Ora andiamo a pagina ventotto, all’ultimo paragrafo: «Che cosa bisogna fare per ottenere la guarigione più rapida e più sicura?»[xxvi]. Il Partito è in crisi. Il Partito si sta agitando convulsamente. Capite? Il Partito era il governo. Il Partito si stava agitando convulsamente a causa dei tremendi dibattiti e dei problemi, della crisi e degli scontri tra i dirigenti – Lenin da una parte, Trotski dall’altra. Era questa la condizione del Partito bolscevico. Il Partito era in crisi rispetto al che fare nella situazione in cui il paese si trovava, dovevano decidere che tipo di società sarebbe diventata quella russa.

«Che cosa bisogna fare per ottenere la guarigione più rapida e più sicura?», domanda Lenin. La sua risposta vi indicherà il tipo di cose che devono essere fatte in ogni partito politico:


«Bisogna che tutti i membri del partito si mettano a studiare con assoluta calma e con la massima attenzione 1) la natura delle divergenze e 2) lo sviluppo della lotta nel partito. È indispensabile studiare l’una e l’altra cosa perché il fondo delle divergenze si sviluppa, si chiarisce, si concretizza (e assai spesso si modifica) nel corso della lotta che, attraversando diverse fasi, ci rivela sempre, ad ogni fase, una composizione e un numero diverso di avversari, posizioni diverse nella lotta, ecc. Bisogna studiare l’una e l’altra cosa esigendo assolutamente documenti assai precisi, stampati, controllabili sotto ogni aspetto. Chi crede sulla parola è un inguaribile idiota su cui non si può riporre nessuna speranza. Se non ci sono documenti bisogna interrogare i testimoni delle due o più parti, e occorre un «interrogatorio di terzo grado», in presenza di testimoni» [xxvii].


Capite cosa state ascoltando? Tutti coloro che parlano di Lenin nel Partito bolscevico dicono stupidaggini. Non è chiaro e ovvio? Dove potete trovare una personalità più seria e democratica? Non la potete trovare da nessuna parte. Il Partito laburista inglese non ha mai fatto discussioni di questo tipo. É un uomo determinato a fare in modo che il partito risolva il problema, perché sa che non c’è altra via per raggiungere una vera comprensione che faccia appello alla massa della popolazione, se non avendo cognizione di ciò che il partito pensa in questa particolare fase, e lui vuole che ognuno capisca cosa sta avvenendo. Non è semplicemente un discorso: è il modo in cui Lenin conduce sempre le questioni. L’idea della dittatura del partito unico è una sciocchezza, si tratta di menzogne e stupidità che ficcano nella testa della gente. Questo è il Partito bolscevico e se le persone non vogliono capirlo, pazienza, si vede che non vogliono affatto ascoltare Lenin.

[…] Lenin dice a tutti di discutere e valutare, per questo i materiali sono pubblicati sulla stampa di partito e circolano in tutta la Russia. Ogni operaio o contadino russo può capire cosa sta succedendo.

Questo era il Partito bolscevico, il miglior partito politico di cui io abbia conoscenza. Ciò che Stalin ha introdotto successivamente non ha niente a che fare con il bolscevismo.

[…] Questo grande dibattito riguardava il che fare con i sindacati. Trotski sosteneva che quello russo era uno Stato operaio, perciò lo Stato operaio assorbirà i sindacati, i sindacati diventeranno parte del governo, così come avviene oggi. Lenin ribatteva: no, non è questo quello che bisogna fare. Gli operai se la vedranno con i premi, i sindacati devono fare questo e quello, e nel lasso di tempo in cui saranno capaci di costruire un sistema, in vent’anni, non so quando, ma a quel punto avremo una società socialista nel senso che avremo sindacati che rappresentano la massa della popolazione. Allora le cose saranno differenti, ma nel frattempo dovete fare il meglio che potete. Lenin sapeva dove si trovava.

Ora, cosa si può dire del resto della popolazione? […] È il 24 gennaio 1920 quando Lenin scrive una lettera a Stalin sull’Ispezione operaia e contadina[xxviii]. Stalin ha fatto completa confusione – o meglio, non ha fatto nulla. Capite, perciò, che quando Lenin scrive dei cambiamenti dell’Ispezione operaia e contadina sta solo ripetendo ciò che aveva già detto nel 1920.

Entrerò con voi nei dettagli di questo aspetto, così possiamo comprendere cosa aveva in mente per i sindacati e per il resto della Russia. Qui scrive:


«Al compagno Stalin

In base alla direttiva data dal Comitato centrale, bisogna, secondo me, rielaborare i tre progetti in modo da fonderli in uno solo.

Aggiungere, secondo me:

1) La «sezione» dell’Ispezione operaia e contadina presso il Controllo di Stato deve essere provvisoria e avere il compito d’istituire l’ispezione operaia e contadina in tutte le sezioni del Controllo di Stato, per poi scomparire, come sezione speciale.

2) Scopo: far partecipare all'ispezione operaia e contadina tutta la massa dei lavoratori, gli uomini e soprattutto le donne» [xxix].


É chiaro? State seguendo? Dovrebbe essere introdotta l’Ispezione operaia e contadina in ogni sezione del Controllo di Stato e poi deve essere abolita. In altre parole, deve essere radicata in ogni sezione del lavoro. Gli operai e i contadini, sono loro che devono ispezionare cosa sta avvenendo nel governo. Non è possibile controllare ciò che si sta facendo in tutti i settori della produzione; un uomo ha un piccolo impegno qui, un altro là. Non può essere fatto. Ma negli affari del governo, tutti gli operai e i contadini devono essere coinvolti. Andiamo avanti:


«3) A tale scopo compilare nelle varie località degli elenchi (secondo la Costituzione), escludere gli impiegati, ecc., – gli altri farli partecipare tutti a turno all’ispezione operaia e contadina» [xxx].


C’è chi dice che tutte queste cose sono utopia. Va bene, se pensate che è utopia non ci sono problemi. Ma se non si fa questo, allora avrete ciò che c’è stato nel regime stalinista.


«4) Differenziare questa partecipazione, tenendo conto del livello dei partecipanti: incominciando dalla funzione di «osservatore» o di testimone o di assistente, o di allievo [James: Qualcosa è stato molto sbagliato, bisogna farli partecipare. Ora ascolta questo, Alfie] per gli analfabeti e per gli operai e i contadini del tutto arretrati, per finire con tutti i diritti (o quasi tutti) per coloro che sanno leggere e scrivere, per le persone evolute, provate in un modo o nell’altro» [xxxi].


Lenin pensava che, anche in una società arretrata, tutte le persone – comprese quelle analfabete e che non sono andate a scuola – dovessero partecipare nella forma in cui potevano. Dovevano partecipare all’ispezione e controllare la produzione. Dovevano farlo almeno un po’, ma negli affari dello Stato, proprio ciò che il controllo degli operai e dei contadini doveva essere.


«5) Badare particolarmente (e stabilire regole assai precise), a istituire più largamente il controllo dell’ispezione operaia e contadina sull’inventario dei prodotti alimentari, delle merci, dei depositi, degli utensili, del materiale, del combustibile, ecc. ecc. (e soprattutto delle mense, e così via). [James: Gli operai e i contadini dovevano andare a vedere come andavano le cose]

Far assolutamente partecipare a questo lavoro tutte le donne, senza eccezione.

6) Per evitare la confusione che potrebbe derivare dall’afflusso di molti partecipanti, bisogna stabilire una partecipazione graduale, dei turni, ecc. Occorre anche riflettere attentamente alle forme di partecipazione (due o tre partecipanti per volta, raramente di più e in casi particolari, per non distoglierli inutilmente dal loro lavoro)» [xxxii].


Non ci possono essere molte persone che vanno a ispezionare il governo e il processo. Stalin non l’ha mai organizzata, così Lenin alla fine dice: sbarazziamocene e mettiamoci qualche altro, e ha istituito nuovi metodi per organizzare l’Ispezione operaia e contadina.


«7) Bisogna elaborare istruzioni dettagliate.

8) I funzionari del Controllo di Stato devono impegnarsi (secondo istruzioni particolari), in primo luogo, a far partecipare a tutte le loro operazioni i rappresentanti (o gruppi) dell’ispezione operaia e contadina [James: Adesso Alfie, questo è per te], e, in secondo luogo, a tenere delle lezioni nelle conferenze dei senza partito, operai e contadini [...]» [xxxiii].


É chiaro? Questo non è il partito. Questo è ogni singolo operaio e contadino; coinvolgerli nel fare questo lavoro, anche gli operai senza partito – «(lezioni popolari, stabilite da un programma appositamente approvato, sui princípi del Controllo di Stato e sui suoi metodi; bisognerà forse sostituire le lezioni con la lettura di un opuscolo che pubblicheremo [...] e con un commento di questo opuscolo)»[xxxiv].


«9) Far venire a poco a poco dei contadini [James: Ogni settore della società russa, dice, non solo le donne, non solo i senza partito, ma «far venire a poco a poco dei contadini»] (assolutamente senza partito) dalle varie località per farli partecipare al Controllo di Stato al centro; incominciare magari (se non si può far di più) con uno o due per governatorato e poi, secondo lo stato dei trasporti e altre condizioni, aumentarne il numero. [James: E a proposito] La stessa cosa per gli operai senza partito» [xxxv].


Questo Stato a partito unico o questo partito unico che scimmiottano dalla Russia bolscevica... nessuno di loro può discuterne su basi serie. […] Fatemi leggere l’ultimo paragrafo:


«10) Controllare gradatamente, per tramite del partito e dei sindacati, la partecipazione dei lavoratori al Controllo di Stato [James: In altre parole, il partito e i sindacati dovevano verificare se gli organismi operai erano coinvolti nella partecipazione al Controllo di Stato del governo del paese], cioè verificare se tutti vi partecipano e quali sono i risultati dal punto di vista dell’insegnamento, ai partecipanti, del lavoro di amministrazione dello Stato» [xxxvi].


Questa è la società socialista e Lenin non l’ha mai persa di vista, per quanto fosse arretrata la Russia: la povertà, la miseria, l’assenza di cibo ecc. Ha sempre messo prima del partito ciò che era necessario, perché era un socialista. Non era uno che, arrivato al potere, si era dimenticato di essere socialista.

[…] Ora, cosa proponeva in alternativa l’Opposizione operaia [xxxvii]? Lenin si era spazientito con loro, era davvero imbufalito in particolare con Scliapnikov. Era molto difficile per l’Opposizione operaia comprenderlo. Lenin era spazientito e diceva: questo è quanto io ho proposto, questo è ciò che suggerisco, questo è ciò che ho proposto prima, questo è ciò che i sindacati hanno mancato di fare, questo è quello che dovremmo fare; voi cosa proponete? La risposta era: vogliamo più democrazia. […] Costoro cominciavano a dire «vogliamo più democrazia, vogliamo libertà, vogliamo l’autorità degli operai contro la borghesia capitalista in carica», e Lenin era davvero infuriato: cacciamo via questi dannati! Io avrei fatto lo stesso, perché era un problema molto serio quello che si trovavano a fronteggiare: che cosa bisognava fare?




Parto da pagina sette del volume IX ne James fa riferimento alle Opere scelte di Lenin (V.I. Lenin, Selected Works, New Economic Policy – Socialist Construction: Vol. IX, International Publishers, New York, 1937). Noi riportiamo le citazioni da V.I. Lenin, Opere, Vol. XXXII, Editori Riuniti, Roma 1967. [NdT]


Note [ii] V.I. Lenin, I sindacati, la situazione attuale e gli errori di Trotski, in Opere, Vol. XXXII, Editori Riuniti, Roma 1967, p. 12. [iii] Ibidem. [iv] Ibidem. [v] Ivi, pp. 12-13. [vi] Ivi, p. 13. [vii] Ibidem. [viii] Ivi, p. 14. [ix] Ivi, pp. 13-14. [x] Lenin, I sindacati, cit., p. 14. [xi] Ivi, p. 19. [xii] Ibidem. [xiii] Jānis Ernestovich Rudzutak (1887-1938), lettone, è stato il segretario generale del Consiglio centrale dei sindacati di tutta la Russia dal 1920 al 1921. [xiv] «I compiti dei sindacati nella produzione (Tesi del rapporto del compagno Rudzutak)», in Lenin, I sindacati, cit., pp. 26-29. [xv] Ivi, p. 26. [xvi] Ibidem. [xvii] Ivi, pp. 26-27. [xviii] Ivi, p. 27. [xix] Ibidem. [xx] Ibidem. [xxi] Ibidem. [xxii] Ibidem. [xxiii] Ivi, p. 29. [xxiv] Ibidem. [xxv] Ivi, pp. 29-30. [xxvi] V.I Lenin, La crisi del partito, in Opere, Vol. XXXII, Editori Riuniti, Roma 1967, p. 31. [xxvii] Ivi, pp. 31-32. [xxviii] V.I. Lenin, A I.V. Stalin, in Opere, Vol. XXX, Editori Riuniti, Roma 1967, pp. 268-269. [xxix] Ivi, p. 268. [xxx] Ibidem. [xxxi] Ibidem. [xxxii] Ivi, pp. 268-269. [xxxiii] Ivi, p. 269. [xxxiv] Ibidem. [xxxv] Ibidem. [xxxvi] Lenin, A I.V. Stalin, p. 269. [xxxvii] L’Opposizione operaia è emersa nel 1920 come una frazione all’interno del Partito comunista russo, guidata da Alexander Scliapnikov, presidente del sindacato russo dei metalmeccanici.

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