Sorprendente, e divertente, leggere oggi ciò che due figure come Marshall McLuhan ed Erich Fromm scrivevano cinquant’anni fa riguardo il reddito garantito, un argomento allora considerato alquanto improbabile, se non del tutto utopistico nella sua concreta realizzazione.
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Marshall Mc Luhan, Il reddito garantito nell’era dell’elettronica (1971) La nascita in questo secolo della figura del consulente di direzione aziendale dipende in verità dal fatto di vedere un’impresa commerciale come un’unitaria opera d’arte. Il nuovo ambiente elettronico ci permette infatti di essere consci, come mai prima era accaduto, del vecchio ambiente, con le sue forme di iniziativa e le sue frammentarie tecniche di produzione. Quando, invece, era la meccanica a costituire un processo ambientale pervadente ogni cosa, essa era molto meno visibile di oggi. Oggi è invisibile l’ambiente saturo di informazioni trasmesse elettronicamente e che tutto pervadono. Nelle condizioni create dalla tecnologia dell’informazione elettronica la scarsità può caratterizzare ogni singolo settore o fattore dell’economia in modo solo temporaneo e accidentale. Il senso del concetto di «scarsità» inizia ora a mutare fortemente. Incontriamo il nuovo concetto in frasi come «il problema del ragazzo svantaggiato culturalmente», e frasi di questo tipo sorgono da una completa coscienza del modo di vivere sociale. Non si possono trovare in questi casi le vecchie nozioni frammentarie e specialistiche. Oggi, ad esempio, quella del «ragazzo svantaggiato culturalmente» è tanto una caratteristica del mondo delle classi medio-superiori che di quelle degli «slum». Si tratta di un ragazzo che non è riuscito ad acquisire quell’orientamento della sensibilità che è ancora necessario alla routine burocratica della scuola e del mercato. La scarsità che nel complessivo fluire dell’informazione elettronica affligge gli uomini è quella di tempo ed energia per far fronte alle informazioni disponibili. Il «sovraccarico di informazione» è l’abbondanza che crea la veramente traumatica scarsità della nostra epoca. C’è soprattutto scarsità di conoscenza del processo fisico, psichico e sociale, il cui controllo ci accorgiamo ora di aver demandato ad altri. Con il puro aumento di velocità di informazione l’intero processo sociale entra in uno stato di sempre più forte fermento e di trasformazione dei suoi fini. La nostra tecnologia elimina l’insufficienza di prodotti e di mezzi sia nei settori pubblici che in quelli privati, ma l’uomo sociale va incontro alla scarsità che ha sempre ossessionato il ricco: la scarsità che la vita stessa ha nel godere l’abbondanza fornita dalla natura e raggiunta dall’intelligenza e dall’ingegno. I conflitti sociali, generati dalla fame e dalla competizione per limitate risorse, possono ora essere risolti; ma possono divenire più duri i conflitti interiori di tutti coloro che hanno necessità di un’organizzazione razionale delle risorse che corrisponda alle facoltà umane. Le grandi invenzioni non si producono forse, di quando in quando, grazie al raggiungimento di un rapporto razionale e dell’armonia tra le nostre capacità interne e i nostri problemi esterni? Il reddito garantito deve sempre più creare quella soddisfazione che ricaviamo dall’essere pienamente impegnati in un lavoro ricco di significato. Quella «libertà» di cui l’artista gode sempre è generata dall’uso più completo possibile delle nostre facoltà in una attività creativa. Analogamente il reddito garantito deriva dal pieno uso delle proprie capacità. È questa «libertà» che distrugge la esistente struttura di lavoro, con la sua frammentarietà e ripetitività che non coinvolgono le integrali capacità dell’uomo. Il reddito garantito derivante dalla automazione dovrebbe essere quindi concepito in modo che esso generi la non misurabile gioia e soddisfazione che deriva dal libero e pieno esplicarsi delle capacità di ciascuno in ogni compito organizzato in modo tale da permetterlo. Il reddito garantito può dunque essere considerato sia in relazione alla obsoleta tecnologia delle macchine, dei prodotti e dei prezzi, sia (e con maggiore significato) in relazione all’apprendere, al comprendere e allo scoprire: attività che, tra gli uomini, si attuano attraverso il dialogo. E questi ultimi sono veramente i caratteri propri del lavoro dell’epoca elettronica.
Erich Fromm, tratto da Gli aspetti psicologici del reddito garantito (1972) ...Il reddito garantito, divenuto possibile nell’era dell’abbondanza economica, dovrebbe per la prima volta liberare l’uomo dalla minaccia della fame e renderlo cosi veramente libero e indi-pendente da qualsiasi minaccia economica. Nessuno sarebbe costretto ad accettare certe condizioni di lavoro per il solo fatto che altrimenti avrebbe paura di morire di fame: un uomo o una donna intelligenti e ambiziosi potrebbero acquisire nuove capacità così da prepararsi a un diverso tipo di occupazione. Una donna potrebbe lasciare il marito, un adolescente la sua famiglia. Non avendo più paura della fame la gente imparerebbe a non aver più timore. Ciò, naturalmente, è vero solo nel caso che non vi sia alcuna minaccia di natura politica che impedisca la libertà di pensiero, di parola e d’azione. Non solo il reddito garantito renderebbe la libertà una realtà stabile e non uno slogan, ma esso attuerebbe anche un principio profondamente radicato nelle religioni occidentali e nella tradizione umanistica: cioè il diritto senza alcuna restrizione che l’uomo ha di vivere. Questo diritto alla vita, al cibo, a un tetto, a cure mediche, all’educazione, è un essenziale diritto umano che non può essere limitato da alcuna condizione, neppure se essa è «utile» dal punto di vista sociale. Il passaggio dalla psicologia della scarsità a quella dell’abbondanza è uno dei più importanti passi avanti nello sviluppo umano. Una psicologia della scarsità produce ansia, invidia, egoismo (il che è visibile con la massima evidenza nelle culture contadine di tutto il mondo). Una psicologia dell’abbondanza crea spirito di iniziativa, fede nella vita, solidarietà. Il fatto è che, nel momento in cui il mondo industriale sta entrando in una nuova era di abbondanza economica, la maggior parte degli uomini è psicologicamente ancora legata alle caratteristiche di una economia di scarsità. A causa di questo «ritardo» psicologico, molte persone non possono neppure comprendere le nuove idee implicite nel concetto di reddito garantito, giacché le idee tradizionali sono di solito determinate da sentimenti che hanno origine in precedenti forme dell’esistenza sociale. (...) Cosa bisogna fare, dunque, per rendere pienamente efficiente il reddito garantito? Detto in modo generale, noi dobbiamo mutare il nostro sistema di consumo da massimo in ottimale. Ciò significa un grande mutamento nell’industria per passare dalla produzione di beni di consumo individuale a quella di beni per uso pubblico: scuole, teatri, librerie, parchi, ospedali, trasporti pubblici, alloggi; in altre parole, un incremento della produzione delle cose fondamentali al fine della creatività e dell’attività interiore dell’individuo. Può essere dimostrato che la voracità dell’homo consumens è soprattutto relativa al consumo individuale delle cose che egli incorpora in sé, mentre l’uso di pubblici servizi, che permettono all’individuo di godere della vita, non sollecita cupidigia e voracità. Tale mutamento, da un consumo massimo a uno ottimale, richiederebbe mutamenti profondi dei modi di produzione e anche una profonda riduzione delle tecniche pubblicitarie fatte per stimolare i desideri, per lavare i cervelli ecc. Esso dovrebbe anche essere abbinato a un profondo mutamento culturale: a una rinascenza dei valori umanistici della vita, della produttività, dell’individualismo, ecc. contro il materialismo proprio dell’uomo massa e del formicaio umano eterodiretto. (...) Ritengo importante aggiungere a quella del reddito garantito un’altra idea che sarebbe necessario studiare: il concetto di libero consumo di certi beni. Ad esempio del pane, del latte, di verdure. Ipotizziamo che tutti possano entrare in qualsivoglia panetteria e prendere la quantità di pane che desiderano (lo Stato dovrebbe pagare tutte le panetterie per tutto il pane che esse producono). (...) La voracità li porterebbe a prendere più di quanto potrebbero utilizzare, ma dopo poco questo «consumo per voracità» scomparirebbe, e la gente prenderebbe solo ciò di cui ha realmente bisogno. Un simile libero consumo creerebbe, secondo me, una nuova dimensione umana di vita (senza necessità di guardare a essa come a una ripetizione, a livello molto più alto, dei livelli di consumo di certe società primitive). L’uomo si sentirebbe libero dal principio per cui «chi non lavora non mangia». Anche questo inizio di libero consumo potrebbe costituire una nuovissima esperienza di libertà. È evidente anche a chi non e un economista che la libera disponibilità di pane per tutti potrebbe essere finanziata dallo Stato il quale potrebbe coprire tale costo con una apposita imposta. Possiamo comunque procedere oltre di un passo. Poniamo che possano essere ottenute liberamente non solo tutte le cose essenziali necessarie all’alimentazione (pane, latte, verdura, frutta) ma anche quelle necessarie al vestiario (in qualche maniera ognuno dovrebbe, senza pagare, poter-ottenere ogni anno un abito, tre camicie, sei paia di calze, ecc.); poniamo anche che i trasporti siano resi liberi grazie a un grande aumento dei sistemi di trasporto pubblico e un parallelo rincaro dei mezzi privati. Immaginiamo che anche il problema dell’abitazione sia risolto allo stesso modo, progettando grandi abitazioni fornite di dormitori per i giovani, di una cameretta per chi è più anziano o per le coppie sposate, cosi che chiunque lo scelga possa farne uso senza pagare. Tutto ciò mi suggerisce l’idea che un ulteriore modo di risolvere il problema del reddito garantito sarebbe appunto invece del pagamento in contanti, quello di un libero minimo consumo di tutte le cose necessarie. La produzione di queste cose essenziali e necessarie, insieme ad accresciuti servizi pubblici, manterrebbe costante, proprio come i pagamenti del reddito garantito, il ritorno della produzione…
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