La demonizzazione dell’avversario nella Riforma protestante
Il frate francescano Thomas Murner (1475 – 1537), poeta satirico coltissimo per uso di metafore e allegorie, quanto incline ad arguzie e inflessioni popolaresche, dapprima schieratosi contro la corruzione del clero, diventa avversario implacabile della Riforma e di Lutero in particolare. Nel 1523 Enrico VIII lo aveva gratificato di una cospicua elargizione di denaro per il suo ordine. In quell’occasione Murner aveva anche conosciuto Tommaso Moro, che si era mostrato grande estimatore della sua verve satirica. Eppure una serie di libelli luterani già nel 1520 e il 1521, avevano raffigurato il frate francescano in saio, ma con la testa di gatto, attaccandolo come papista e persecutore dei dissidenti (fig.1).
Fig. 1, Seguace di Hans Baldung Grien, Patron. Libertatis, in History Von den fier Ketzern Prediger ordens der obseruantz zu Bern jm Schweitzer Land verbrant, Strasburgo, Johann Prüss, 1521, Monaco, Bayerische Staatsbibliothek.
Come si vede, Lutero «Patrono della Libertà» è raffigurato in contrapposizione con il «Conciliabolo dei maligni», cioè un tribunale inquisitoriale capeggiato da Murner con la testa di gatto e la coda da dragone. Il riferimento è a un precedente del 1509 quando, a Berna, Murner era stato chiamato a valutare la fondatezza delle apparizioni mariane vantate dal frate Hans Jetzer. Murner aveva svelato la falsità delle visioni e di conseguenza Jetzer era stato condannato al rogo insieme ad altri quattro confratelli. Ma il frate-gatto ha anche un paio di mutande in mano. Si allude a un episodio scandaloso che aveva visto protagonista Murner, sorpreso a letto con una donna sposata dal di lei marito.
Matthias Gnidius pubblica nel 1521 il libello Dialogi Murnarus Leviathan, rappresentando Murner, in xilografia, come il Leviatano, atterrato e sconfitto da uno statuario Martin Lutero (fig.2). Anche in questo caso il frate-dragone ha un paio di mutande in mano.
Fig. 2, Ignoto xilografo, Lutero sconfigge Murner, in Matthias Gnidius, Dialogi Murnarus Leviathan, Strasburgo, Johann Schott, 1521, Strasburgo, Bibliothèque Nationale et Universitaire.
Murner si risolve a rispondere da par suo alla polemica pubblicando, nel 1522, il violentissimo libello satirico: Il gran pazzo luterano (Von dem grossen Lutherischen Narren wie ihn Doctor Murner beschworen hat). Questa (fig.3) l’immagine di copertina.
Fig. 3, Copertina del libello di Murner
Murner assume l’immagine stregonesca del gatto, usata dai suoi avversari per sbeffeggiarlo, e la capovolge in simbolo di agilità e di sagacia felina. L’obeso buffone da lui preso al laccio e strangolato è Lutero.
Il testo in rima del libello satirico di Murner è corredato da ben 52 xilografie. In una si raffigura Lutero che stringe alleanza con un buffone di corte e un diavolo femmina (fig.4).
Fig. 4, Thomas Murner, Von der grossen Lutherischen Narren (Il grande pazzo luterano)
In un’altra (fig.5) Murner si prende gioco di Lutero somministrandogli un purgante. Lutero, vestito da buffone di corte, defeca un diavolo-buffone.
Fig. 5, Ignoto xilografo (Thomas Murner?), Murner dà un purgante a Lutero, in Thomas Murner, Von dem grossen Lutherischen narren, Strasburgo, Johann Grüninger, 1522, Monaco, Bayerische Staatsbibliothek.
Martin Lutero appara anche come buffone posseduto da spiriti maligni; mentre dà alle fiamme una statua della Madonna; mentre scatena un attacco di folli a un convento, e uno di questi attacca il crocefisso con una falce. Nel testo, viene immischiata persino la figlia di Lutero. Il riformatore la offre in sposa a Murner, ma questi durante la notte di nozze scopre che è piena di croste e infetta da innominabili malattie. La ripudia. Lutero muore di crepacuore e al suo funerale si accende una zuffa furibonda per impossessarsi del suo cappello da buffone. La salma di Lutero viene infine gettata in una latrina, perché in quanto eretico non gli è concessa cristiana sepoltura. Non manca l’autoironia, perché di lì a poco, anche Murner il gatto muore e al funerale Lutero riappare per riprendersi il berretto a sonagli.
Nella satira, in immagine e in versi, la demonizzazione dell’avversario mescola alle accuse politiche denigrazioni private (sessuali ed escrementizie), e non risparmia i parenti. All’immagine, sacra per alcuni, idolatrica per altri, subentra, ad uso di entrambi i contendenti, l’immagine profana e dissacrante, arma di propaganda brandita senza esclusione di colpi. In particolare, la figura del buffone di corte, in precedenza emblema dello sbeffeggiamento popolare del Potere, viene fatta oggetto di violenta reprimenda e associata al vizio, al servilismo nei confronti del Potere e al demonio. La tipica volgarità del buffone viene dunque rivolta contro il buffone stesso. Nella satira popolare, resa tale dai libelli, si manifesta una pulsione anti-popolare.
Davvero la comunicazione per immagini è più chiara, esplicita e inequivocabile, di quella a parole? In realtà le immagini costituiscono un territorio ambiguo, denso di contraddizioni e affastellato di simboli. Il mondo delle immagini non è affatto semplice come lo si vuol lasciar intendere.
Questo testo e altri a cura di Gianfranco Manfredi saranno parte del volume C'era una volta il popolo. Storia della cultura popolare in pubblicazione per DeriveApprodi fra gennaio e febbraio 2021.
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