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La nuova collana «Sconfini»: FAQ



Nel caso al lettore curioso venisse all’orecchio qualche notizia circa la collana Sconfini di uscita ventura, per i tipi di DeriveApprodi, si è pensato di far cosa gradita raccogliendo tra le domande quelle più assidue e spontanee in un pratico FAQ.


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Qual è la notizia?

Nulla di trascendentale, ma nei prossimi mesi vedrà la luce Sconfini, presso DeriveApprodi, una nuova collana di narrativa, scritture di contaminazione, esperpenti e raccolte di paradossi.


Accipicchia, se ne sentiva il bisogno?

Assolutamente no, opere di tal fatta sembrano essere sempre ridondanti, pur tuttavia in un’epoca in cui l’eccesso delle chiacchiere, l’abuso di selfie intellettuali e il flusso delle notizie, false e vere, informano di sé ogni cosa, ci vuole gente versata nell’arte del superfluo per attraversare indenni questo rumore di fondo berciante.

Belle parole, ma in concreto?

Dei tre criteri che a chiunque vengono in mente per caratterizzare una collana letteraria il primo, esprimere una linea poetica letterariamente determinata, è impraticabile nel contesto postmoderno d’oggi; il secondo, costruire una collana secondo certi standard editoriali e/o contenutistici, è già praticato da molti; alla fine quello praticabile sembra essere il terzo ossia raccogliere testi stravaganti e insoliti di autori vari, testi trasversali o diagonali o, se triangolari, solo scaleni, dei quali si finirà col ritenere che non sono né carne né pesce, né birra né vino, né pane né pietanza, né forchetta né cucchiaio, né bicchiere né vaso, né fiore né albero, né genealogia né improvvisazione.


Sì, ma cosa dirà la gente?

E chi lo sa? S’è mai saputo prima, quel che avrebbero detto dopo? Si spera di incontrare persone a cui non piace l’andazzo attuale senza per questo essere nostalgiche di ciò che c’era un tempo.


Ma non temete di essere asfaltati?

La cosa di cui si dispone oggi con più abbondanza in Italia, anzi la si può tagliare con il coltello come certe nebbie d’una volta, è la depressione: sei al bar a bere un caffè e leggi subito la depressione nel volto dell’avventore al tuo fianco, ti siedi in treno o sul tram e ne scorgi i segni sul vicino di posto, quell’amico che non sentivi da un po’ di tempo vi è cascato dentro a peso morto. Tutto questo succede perché ormai si fanno solo le cose che si possono fare, che sono quelle che si sa già prima che possono essere fatte. Gli autori di Sconfini fanno quel che piace a loro e spesso non sanno esattamente quel che possono fare, dunque per forza di cose c’è una più sana incoscienza, che ha come effetto collaterale perfino un po’ d’allegria: così nel caso si finisca asfaltati, saremo degli asfaltati felici.


Com’è questa storia del nome, Sconfini?

E’ curioso che ogniqualvolta si è proclamata l’abolizione dei confini, ed è cosa che accade spesso, ecco che da qualche parte viene tirato su un nuovo muro e non si tratta solo di muri fisici, ma anche mentali e culturali. Dunque in un tempo ( e in uno spazio) che pullula di muri, che però ufficialmente sono stati aboliti, gli autori di Sconfini sono costretti fatalmente a cercare dei varchi o delle brecce per praticare la loro scrittura di incrocio, irregolarità e mescolanza, ma dove trovarli, se i confini non ci sono più? E’ semplice se continuano ad attraversare qualcosa, pur in assenza di confini, è segno che ci devono essere degli sconfini.


E anticipazioni se ne possono avere?

Perbacco! Quelle poi saranno annunziate a tempo debito.


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Elisabetta Palisi


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Giorgio Mascitelli ha pubblicato due romanzi Nel silenzio delle merci (1996) e L’arte della capriola (1999), e le raccolte di racconti Catastrofi d’assestamento (2011) e Notturno buffo (2017) oltre a numerosi articoli e racconti su varie riviste letterarie e culturali. Un racconto è apparso su volume autonomo con il titolo Piove sempre sul bagnato (2008). È stato redattore di «alfapiù», supplemento in rete di «alfabeta2», e attualmente del sito letterario «Nazione Indiana».

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