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Introduzione al volume «Antonio Negri. Costituzione. Democrazia. Impero. Moltitudine. Comunismo»


Immagine: Arrigo Lora Totino
Immagine: Arrigo Lora Totino


Pubblichiamo l'introduzione al volume «Antonio Negri. Costituzione. Democrazia. Impero. Moltitudine. Comunismo» che sarà pubblicato per la collana «essentials» di DeriveApprodi. Attraverso cinque concetti chiave, il libro ci fornisce delle utilissime chiavi di lettura per capire il pensiero di Toni Negri.


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Teorico e militante politico letto e discusso in tutto il mondo, Antonio Negri è una delle figure più importanti del panorama filosofico contemporaneo. Il suo pensiero ha arricchito i movimenti sociali degli ultimi decenni e ha contribuito in modo determinante alla diffusione globale dell’operaismo italiano di cui Negri è stato, negli anni Sessanta e Settanta, uno dei principali protagonisti. La sua storia, politica e personale, è stata di recente raccontata in un’autobiografia ricca e articolata, significativamente intitolata Storia di un comunista. Da questa narrazione emerge il profilo di una vita poliedrica, che ha attraversato con forza i movimenti sociali italiani degli anni Sessanta e Settanta, ha conosciuto il carcere e l’esilio durante gli Ottanta e i Novanta e ha infine ritrovato un progetto di trasformazione radicale della società nei movimenti alter-mondialisti degli anni Duemila.

Il pensiero di Negri nasce e si sviluppa all’interno di una molteplicità di congiunture e processi storici. Esso attraversa la seconda metà del Novecento e approda, infine, al nuovo millennio, nel quale guadagna una notorietà globale. Al di là delle sue svariate riformulazioni, dagli esordi ai suoi ultimi sviluppi tale pensiero appare segnato dalla volontà di mantenere unite la teoria e la prassi politica. Questa unione, tuttavia, non si traduce mai in gerarchia. Nel caso di Negri, non si tratta di subordinare la teoria alla prassi (sacrificando così la distanza e la temporalità lenta di cui necessita la prima in favore della prossimità e prontezza della seconda), né di avanzare una pretesa teorica sulla prassi (con il rischio di inficiare la possibilità della pratica stessa). Si tratta, piuttosto, di verificare la validità di entrambe in un movimento di azione reciproca, vale a dire nel contesto di un pensiero materialista in cui comprensione del mondo e sua trasformazione procedono di pari passo.

Questo nesso tra pensiero e azione accompagna tutta la produzione teorica di Negri, che inizia tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta nell’ambito della filosofia del diritto. Kant, Hegel, il formalismo giuridico e l’attività politica nei gruppi del cattolicesimo sociale lasciano presto spazio a Marx, al Psi e poi all’esperienza operaista degli anni Sessanta e Settanta. A metà del 1979, nell’ambito del «processo 7 aprile» che infligge un duro colpo alla galassia dell’Autonomia Operaia, si aprono, per Negri, le porte del carcere. Tra i principali capi d’imputazione spiccano quelli di associazione sovversiva e insurrezione armata contro i poteri dello Stato: un «teorema» accusatorio figlio del clima repressivo italiano degli anni Settanta, la cui fragilità sarebbe emersa in modo incontestabile nei decenni successivi, ma che, appena costruito, costa la galera a migliaia di militanti politici legati alla sinistra extraparlamentare. Nel caso di Negri, la privazione della libertà personale diventa l’occasione per sviluppare la sua riflessione su Spinoza, alla ricerca di una risposta alla sconfitta del movimento operaio e nel tentativo di riattivare, almeno sul piano ontologico, il meccanismo di liberazione tipico della lotta di classe.

Tra il 1984 e il 1997 Negri è esiliato in Francia, protetto dalla cosiddetta Dottrina Mitterand. Sono questi gli anni dell’amicizia (tra gli altri) con Gilles Deleuze e Felix Guattari, dei seminari a Paris VIII, all’École Normale Supérieure della Rue D’Ulm e al Collège international de philosophie, delle prime riflessioni insieme al giovane Michael Hardt. In questo periodo, il legame politico con l’Italia si esprime nei continui tentativi di aprire un discorso pubblico sull’amnistia per i detenuti politici degli anni Settanta. In questo contesto, nel 1997 Negri rientra volontariamente in Italia e finisce per scontare l’ultima parte della sua pena, estinta definitivamente nel 2003. Nel frattempo, la pubblicazione di Empire nel 2000 sancisce la consacrazione di Negri nel panorama intellettuale mondiale. Nel 2005 il «Nouvel Observateur» inserisce Negri tra i venticinque «grandi pensatori del mondo intero» (unico italiano insieme a Giorgio Agamben), definendolo una figura centrale per il rinnovamento del marxismo. Come emerge nelle pagine che seguono, a tale rinnovamento, grazie a cui il suo pensiero ha saputo influenzare i movimenti sociali globali degli ultimi due decenni, Negri ha dedicato la gran parte della sua opera. Il suo è un marxismo originale, innovativo, mai dogmatico, capace di partire da Marx per aprire un dialogo critico con diversi autori e problemi. Soprattutto, si tratta di un marxismo in grado di confrontarsi con l’attualità e

adeguarsi alle sue trasformazioni.

Lo scopo che si prefigge questo libro è duplice. In primo luogo, in modo conforme ai volumi della collana che lo ospita, esso vuole presentare e discutere il pensiero politico di Negri. Le cinque parole chiave che compongono questo lavoro permettono di rag-

giungere tale risultato. Ognuna di esse è approfondita da un punto di vista storico e teorico, attraverso una metodologia che prevede la compenetrazione di un piano diacronico e di uno sincronico. La ricostruzione del pensiero negriano e, insieme, la riflessione teorica sullo statuto della sua elaborazione permettono di mettere a fuoco il modo in cui Negri articola la sua filosofia. Questo doppio registro – restituzione del pensiero dell’autore e, al contempo, scavo storico e teorico al suo interno – consente di raggiungere sia chi non ha una conoscenza dettagliata dell’autore in questione, sia chi intende misurarsi criticamente con il suo pensiero. Negri, infatti, è uno tra gli autori marxisti più discussi degli ultimi tre decenni. Le sue tesi hanno suscitato dibattiti amplissimi, nelle accademie e in ambito militante, dentro e fuori il marxismo. In più di un’occasione, tuttavia, diversi aspetti del suo pensiero sono stati oggetto di aspre critiche frutto di interpretazioni fuorvianti. Queste critiche hanno spesso condotto a polemiche che non tengono conto della definizione dei concetti e ne riducono così lo spessore filosofico. Chiarire i termini fondamentali del pensiero di Negri attraverso queste cinque parole chiave aiuta, dunque, a misurarsi non solo con il pensiero dell’autore, ma anche con i dibattiti che esso ha suscitato.

Grazie a questo confronto è inoltre possibile raggiungere il secondo scopo di questo lavoro: mostrare la forza del pensiero negriano, che consiste nella sua capacità di risignificare alcuni tra i concetti politici più rilevanti dell’età moderna e contemporanea. Costituzione, Impero, moltitudine, democrazia, comunismo esprimono, nella loro complessa interazione, l’origina-

lità del pensiero politico di Negri.



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Elia Zaru è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna e cultore della materia presso il Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli Studi di Milano. È autore di Crisi della modernità. Storia, teorie e dibattiti (1979-2020) (ETS, 2022) e La postmodernità di «Empire». Antonio Negri e Michael Hardt nel dibattito internazionale (2000-2018) (Mimesis, 2019).

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