Abbiamo trovato in uno dei cassetti dei nostri archivi un breve testo, senza titolo, firma e data. Ma come data si tratta però, molto probabilmente, dell’anno 2004, cioè diciotto anni fa. L’argomento è il progetto di trasformare la rivista «DeriveApprodi», fin lì a periodicità irregolare, in mensile. Risulta curioso, ma forse anche utile, rileggere quel testo a così lunga distanza per via di due paradossi. Il primo è che solo un anno dopo, con il suo numero 25, la rivista decise di chiudere. Le motivazioni di quella scelta furono, diciamo così, politiche, e furono lungamente argomentate nell’editoriale, ma possono essere sintetizzate con l’aver avvertito che una lunga fase di movimento, inaugurata dalla «Pantera» nel 1990, andava esaurendosi e che quindi occorreva reimpostare, un’altra volta «da capo», e un’altra volta «senza tornare indietro», ricerca, analisi e relativa strumentazione. Il secondo è che da lì a poco la rivista cartacea, in quanto tale, nelle sue svariate «forme», sarebbe andata per la quasi totalità in irrimediabile rovina, a fronte del velocissimo e tumultuoso rivoluzionamento indotto dalla Rete. Per fare «DeriveApprodi» cartacea allora ci si metteva 4, 5, a volte 6 mesi, oggi «Machina» pubblica quotidianamente. Più paradossale di così. E per meglio comprenderlo, questo paradosso, ci sono utili le riflessioni sullo sviluppo e le trasformazioni della Rete elaborate nel tempo da Benedetto Vecchi, che oltre a dirigere per decenni le pagine culturali de «il manifesto» fu tra i fondatori della rivista DeriveApprodi. Di queste sue riflessioni suggeriamo la lettura soprattutto delle ultime, purtroppo inconcluse, raccolte nel recentissimo volume Tecnoutopie. (S.B.)
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La ricerca teorica e politica di «Derive e Approdi», e prima di «Luogo comune», si è concentrata nel corso degli anni ’90 sulle modifiche del modo di produzione, sulla composizione della nuova forza lavoro, sulle strategie possibili di resistenza e antagonismo di quest’ultima.
Il passaggio della rivista da una periodicità quadrimestrale a quella mensile non dovrebbe modificare questo indirizzo di ricerca, che ha trovato nella realtà concreta del lavoro e della sua organizzazione la migliore conferma. Si tratta invece di articolarlo diversamente, per cogliere le dinamiche di lungo periodo in atto anche nelle loro espressioni più attuali e contingenti. Si tratta, in altre parole, di adoperare gli strumenti concettuali messi a punto in questi anni per interpretare e decodificare i fatti salienti della cronaca politica e sociale, siano essi i nuovi venti di guerra, il contratto dei metalmeccanici, la crisi, tutta interna al capitalismo, del dogma neoliberista o le forzature costituzionali come quella sul federalismo.
Allo stesso tempo, il mensile dovrebbe approfondire e allargare ulteriormente la sua ricerca teorica, offrendo un retroterra non solo culturale ma immediatamente politico all’attuale movimento anticapitalistico globale, intrecciando nel modo più stretto il lavoro sui concetti (sulla loro crisi e trasformazione) con quello sui fatti.
Una serie mensile di «Derive» dovrebbe infine accentuare il suo carattere di piena internità al movimento no-global, sia offrendo un ampio spazio alla documentazione nazionale e soprattutto internazionale, sia prendendo posizione sulle scadenze che lo stesso movimento si troverà ad affrontare. Questo, sia chiaro, non significa schierarsi, di volta in volta, con l’una o l’altra area che dovessero eventualmente fronteggiarsi all’interno del movimento. Significa invece esprimersi puntualmente sulla situazione concreta con cui l’intero movimento deve confrontarsi. Dunque, per limitarsi all’oggi, con la stretta del controllo sociale e politico che ha già fatto seguito agli attentati di New York, accelerando e accentuando una trasformazione delle tecniche di controllo e repressione che era comunque già in atto. Oppure con l’offensiva sociale a tutto campo che sta già mettendo in opera il governo di centrodestra, sostenuto da uno schieramento che per la prima volta da anni riunisce tutte le varie anime del capitalismo italiano e sovranazionale.
La rivista intende infine dar conto, dal punto di vista sia narrativo che grafico, delle innovazioni linguistiche elaborate dai laboratori culturali del movimento. Dovrebbe infine essere aperta a tutte le voci riflessive del movimento italiano e internazionale. Alle analisi di filosofi, economisti e giuristi di ogni tendenza. A differenza della pur utile «Carta», non vuole però essere una «raccolta di voci» ma una proposta strutturata di scenari teorici e pratici possibili, nonché un luogo di esplicito confronto ed elaborazione comune all’interno del movimento.
In concreto, pensiamo a una rivista divisa in tre sezioni portanti, più una serie di rubriche.
La sezione centrale dovrebbe essere costituita da un dossier teorico, formato da un articolo più approfondito e da una serie di contributi dialettici. I filoni di ricerca su cui strutturare i dossier sono
quelli identificati in questi anni dal lavoro della rivista stessa:
A) Analisi ravvicinata dell’economia basata sul sapere, l’informazione e il linguaggio.
B) Rapporto, quanto più possibile concreto e basato su reportages e interviste, sulla nuova
organizzazione del lavoro, intesa come modello sul quale si riarticola anche il lavoro operaio più tradizionale.
C) Il migrante come figura chiave delle forme di vita contemporanee, nelle cui abitudini e nel cui ethos si possono cogliere usi e costumi di tutta la forza lavoro postfordista.
D) Messa a fuoco della categoria politica di «moltitudine» in sostituzione di quella di «popolo», a cui sfugge il lavoro dipendente contemporaneo. I «molti» che restano «molti» sulla scena pubblica, senza convergere in Uno sintetico: questo ci pare il punto ancora incompreso su cui gravano molte difficoltà di teoria dell’organizzazione.
E) Ridefinizione della nozione di «cittadinanza» e di «diritti» Ruolo del giuslavorismo, rapporto movimenti/pensiero giuridico.
F) Le risposte possibili alla crisi strategica della democrazia rappresentativa (i Forum).
G) La crisi e le possibili trasformazioni della figura etica per eccellenza della modernità: il militante politico.
H) Forme della soggettività: consumi culturali, immaginario, simboli. Filosofia e scienze: i percorsi del materialismo.
I) Le trasformazioni, coerenti alle modifiche della produzione e dell’organizzazione del lavoro, dei sistemi del controllo sociale, con particolare attenzione al modello americano: la privatizzazione dello spazio, la costruzione tendenziale di enclaves militarmente protette, il passaggio dal sistema inclusivo e panottico a quello escludente e coloniale (Los Angeles).
La sezione di attualità dovrebbe affrontare ogni mese i due o tre elementi centrali nella cronaca politica, rintracciando i collegamenti nascosti con gli indirizzi di ricerca teorica. Ad esempio, il federalismo estremo e tendenzialmente secessionista come altra faccia della globalizzazione, opposta ma rigorosamente omogenea. La crisi seguita agli attentati di New York e Washington Come trasformazione della categoria politica della guerra, da conflitto tra Stati a guerra civile permanente. L’offensiva sociale del governo Berlusconi come tentativo di riordinare l’intero universo del lavoro, fordista e post, in stretta coerenza con le esigenze del capitalismo globale.
La sezione sui movimenti si propone di rendere pubblici i materiali prodotti dalle realtà di movimento, italiane e internazionali. Ma anche di funzionare come «luogo comune» di confronto, dibattito e scambio, nonché di tracciare un collegamento preciso tra le tematiche più tradizionali del movimento no global e l’opposizione sociale all’offensiva del governo. Pensiamo che i Social Forum debbano diventare, più di quanto già non siano il luogo di coordinamento e organizzazione dell’opposizione reale.
A separare le tre sezioni portanti dalle rubriche, dovrebbe essere una pagina sulla Memoria: il riesame cioè di un evento storico che aiuti a interpretare la più stretta attualità.
Le rubriche dovrebbero comprendere un racconto sul presente o su un futuro possibile.
Un fumetto d’autore.
Recensioni su cinema, musica, arte ed editoria. Gli oggetti da recensire non devono necessariamente essere le ultime uscite. Può essere utile tornare sulla produzione passata di scrittori, cineasti e musicisti per dare conto della realtà contemporanea. Ad esempio: Ballard e la guerra, Dick e i sistemi di controllo sociale, Carpenter e il colonialismo in
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