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«Alfabeta» (1)



Nel quadro dei materiali preparativi ai convegni riguardanti i «quattro decenni della controrivoluzione», che DeriveApprodi e la rivista «Machina» intendono organizzare nel corso del 2023, inauguriamo la pubblicazione della collezione completa della rivista «alfabeta» (1979-1988).

Qui i primi quattro numeri. Il testo di accompagno è tratto dal libro Alfabeta 1979 – 1988. Prove d’artista nella collezione della Galleria Civica di Modena, Mudima, Milano 2017.


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Alfabeta: quotidiano, periodico o rivista?

di Mario Bertoni


Già. Parlare di qualsiasi cosa significa interrogarsi sulle intenzioni che hanno spinto l'autore(gli autori) a fare quellacosa, a farla in quel modo, per cui quella cosa è quello che è come è. Parlare di «Alfabeta», almeno per me, ha comportato un revival, l'attivazione di un come eravamo (per niente nostalgico), rinverdito dallarilettura dell'editoriale del primo numero (maggio del 1979) E così, ho vissuto il mio bravo flashback fatto disensazioni contrastanti, positive e negative. E siccome queste si intrecciano strettamente con le intenzioni degli autori (di quel nutrito gruppo di intellettuali «di area milanesee di sinistra»), tralascerò di dire che cosa mi trovava concorde allora e che cosa no.

Intanto il pubblico individuato nella generazione «del riflusso», quella «post sessantottesca» (o sessantottarda?), che farebbe pensarea una pubblicazione di letturee recensioni «di desiderio, di godimento..., una fuga nel non politico, nel neo religioso, nel neo magico» Niente di più sbagliato. «Alfabetà», già nel suo esordio, dichiara di puntare su «letture di necessità, perché i libri non vivono da soli, stabiliscono dei riferimenti, richiamano un tessuto intertestuale, parlano proprio perché fanno parlare accanto, dietro, davanti a loro altri testi»È questo lavoro intertestuale prodotto da «Alfabeta» che trasforma letture disordinate e occasionali in una rete elastica in cui fare entrare in connessione (rete e connessione: non c'erano ancora Internet e tutte le tecnologie digitali) gli argomenti, gli oggetti, i temi, le storie e le teorie più distanti e variegate. In altre parole, si prendano le monadi chiuse di un dizionario (le definizioni dei vocaboli) e le si aprano: le si possono mettere in relazione con tutto quello che accade (una poesia visiva, una partita di calcio, l’Odissea, una scoperta interplanetaria, un libro di biochimica, un film) Con la possibilità, da parte di uno dei collaboratori, di riprendere il discorso di una recensione in un numero successivo e dirottarlo o ampliarlo, a seconda di quello che «il filo»,o l'urgenza del presente, gli suggerisce. Dopo di che, ildiscorso intertestuale si estende alla composizione delle pagine, al rapporto tra testi, immagini e «riquadri», dove la monotonia della pagina stampata(da leggere) viene trasformata in un concerto Fluxus, con le Prove d'artista, con poesie della neoavanguardia, con servizi fotografici (e visto che ci siamo, con l'arricchimento dei supplementi sul design, sulla grafica, sull'ecologia, convegno «Abitare la Terra»...) Chiarito il formato della rivista e il pubblico a cui intende rivolgersi, chiediamoci qualeera il panorama editoriale nel quale «Alfabeta'» si inseriva, posto che, per ammissione unanime dei suoi collaboratori (redattori), la pubblicazione dalla quale avevano tratto l'impulso primo e più aderente alle loro intenzioni, era stata «The NewYork Review of Books», ma in versione meno pop e cartoons, la rivista americana nata nel 1963 e oggi ancora in vita. Dopo di che è possibile ipotizzare un'area di riferimento, almeno in Italia. Per quanto riguarda l'area relativa all'informazione libra­ ria, le pubblicazioni si sono accresciute nel corso del tempo: «Leggere» nasce nel 1988, sotto la direzione di Rosellina Archinto, avendo come mo­ dello l'anglosassone «The Times Literary Supplement»; «Tuttolibri», sup­ plemento del sabato del quotidiano «La Stampa», ha iniziato la sua attività nel 1975; e poi l’«Indice», nato nel 1984, caratterizzato dai ritratti di Tullio Pericoli e dai disegnidi Franco Matticchio. Per ammissione dello stesso Gianni Sassi, art director, editore,discografico, «intellettuale analogico, perché la sua epoca era così» (affermazione di Monica Palla), tuttavia, nell'analisi dei flussipositivi e negatividelle vendite, il confronto sull'erosione o conquista di nuove parti di mercato va fatto, e questa è una sorpresa, con i lettori di «Panorama», di «L'Espresso» e di «la Repubblica». La quale affermazione sottintende che i lettori delle ultime tre testate siano gli stessi (o prossimi) a quelli di «Alfabeta» (analisi delle copie vendute eflussi positivi e negativialla mano). E infine, echiedo scusa per dirottareil discorso verso un'amenità, il quadro non è completo senza la citazione di «Analfabeta», giornale satirico della sinistra più estrema. In tutti i casi, i paragoni, pur avendo ragioni d'essere relative al formato, alla periodicità, all'area in cui trovare lettori, alle recensioni di libri ed eventiculturali, risultano nella sostanza impropri, perché «Alfabeta» è un unicum ineguagliabile e ineguagliato nel panorama culturale, non soltanto italiano.

Tutto questo ci permette, tuttavia, di avviarci al nocciolo della questione, racchiuso nella domanda del titolo. Perché? Perché, come dice giustamente Mario Spinella (vedi Seminario della redazione del 22 febbraio 1987) «Alfabeta» è un ibrido, e fa di questa fisicità spuria la propriaforza: «periodicità spuria, intermedia, fra le rivistetri o quadrimestrali che ospitano la saggistica e i settimanali e i quotidiani che informano in modo superficiale e ridondante». Credo che quello che per Spinella è un problema di giusto equilibrio tra informazione di secondo grado e taglio saggistico sia il carattere (e l'anomalia) di «Alfabeta». Ha il formato del quotidiano (con un uso del b/n estremamente più raffinato e controllato), ha la cadenza mensile propria del periodico, ma con un taglio molto più ricco e accattivante, dal punto di vista della politica culturale, della politica e della cultura (anche se di politica in senso stretto non si parlamai) Rimane la rivista: ma come poteva una pubblicazione come «Alfabeta» mettersi al livello «ridondante» (per usare l'espressione di Spinella) nell'uso e nellestrategie comunicative senza snaturare completamente il proprio status fisiologico?



Immagine: George Brecht, 1971.



Di seguito è possibile scaricare i numeri 1-4 della rivista:






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