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Palantir e il tecno-fascismo statunitense


Nikita Kadan, Procedure room, 2009-2010, particolare
Nikita Kadan, Procedure room, 2009-2010, particolare

In questo nuovo articolo, Alberto Toscano si sofferma sulla nuova campagna di reclutamento apparsa nei campus Usa promossa da Palantir l’appaltatore della difesa che si occupa dell’analisi dei dati e ci spiega come funziona negli States il connubio tra complesso militare-industriale e il nazionalismo autoritario del governo Trump. La leadership dell'azienda insiste sul fatto che «il vero mandato della Silicon Valley sia quello di consolidare la supremazia militare degli Stati Uniti e dell’Occidente, una nostalgia reazionaria per i giorni felici della Guerra Fredda e la sua fusione tra Stato, ingegneria e capitale», rivelando come tecno-nazionalismo e tecno-militarismo contemporanei non riguardano solo la costruzione di infrastrutture per il controllo e la violenza da parte dello Stato, ma anche la promozione di ideologia e simbolismo.


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Una nuova campagna di reclutamento è apparsa nei campus universitari d'élite degli Stati Uniti lo scorso aprile. In scuole come la Carnegie Mellon, la Cornell e la Penn, i manifesti affissi nelle fermate degli autobus, su sfondo nero, hanno lanciato un avvertimento inquietante: «è arrivato il momento della resa dei conti per l'Occidente», prima di accusare la maggior parte delle aziende tecnologiche di non prendere in considerazione lo «l’interesse nazionale» quando decidono «cosa deve essere costruito». Al contrario, Palantir, l’appaltatore della difesa che si occupa dell’analisi dei dati e dirige questa campagna di reclutamento, ha dichiarato di non limitarsi a costruire prodotti tecnologici «per garantire il futuro dell’America», ma di fatto «per dominare».

Il messaggio implicito della pubblicità riecheggia la convinzione della leadership di Palantir, tra cui il fondatore Peter Thiel e l’amministratore delegato Alex Karp, che il vero mandato della Silicon Valley sia quello di consolidare la supremazia militare degli Stati Uniti e dell’«Occidente», una nostalgia reazionaria per i giorni felici della Guerra Fredda e la sua fusione tra Stato, ingegneria e capitale.

In questa versione del nazionalismo tecnologico, il make America great again si traduce in una spinta al dominio, certo, contro gli avversari stranieri ma anche contro il «capitale woke», il consumismo effeminato e un sistema universitario dedicato alla giustizia sociale e alla diversità (i manifesti di Palantir sono stati pubblicati in concomitanza con una nuova iniziativa che invita i liceali di talento a «saltare l'indottrinamento» dell'istruzione superiore in favore di una borsa di studio Palantir di quattro mesi).

Palantir ha solide ragioni per organizzare la sua corsa al reclutamento. Sebbene i critici abbiano gongolato quando le sue azioni sono brevemente crollate, dopo l’annuncio dei dazi di Trump, la capitalizzazione azionaria di Palantir è attualmente di oltre 270 miliardi di dollari, più del triplo del suo valore lo scorso settembre. Inoltre, la capacità dell’azienda di coltivare contatti di alto livello tra il personale della sicurezza nazionale ha fruttato una serie di contratti governativi legati all’accelerazione dell’autoritarismo trumpiano.

Palantir ha già collaborato con la SpaceX di Elon Musk e con l’appaltatore di AI e robotica Anduril (un’altra azienda tecnologica a tema Signore degli anelli guidata da un altro imprenditore di estrema destra) per iniziare a costruire la «cupola d’oro» di Trump, una versione statunitense del sistema di difesa aerea Iron Dome di Israele. Sta inoltre collaborando con il Department of Government Efficiency (DOGE) di Musk per creare un’interfaccia di programmazione di applicazioni che consentiranno alla Sicurezza nazionale di setacciare i dati del fisco per trovare altri contribuenti privi di documenti da espellere.

Ad aprile Palantir, che da tempo si vanta delle sue collaborazioni con militari, poliziotti e agenti di frontiera, ha vinto un contratto da 29,8 milioni di dollari con l’ICE per migliorare il suo distopico Immigration Lifecycle Operating System. Ovvero, volto a fornire informazioni molecolari e in tempo reale sugli immigrati che il governo cerca di monitorare, detenere ed espellere. L’azienda si appresta a revisionare il sistema di gestione dei casi investigativi dell’ICE per tracciare al meglio le «popolazioni» target attraverso centinaia di categorie di dati, dal colore degli occhi ai tatuaggi, dall’indirizzo di lavoro ai numeri di previdenza sociale.

L’attività di ricerca e sviluppo fascista di Palantir non si ferma ai confini degli Stati Uniti: l'azienda e Karp hanno sbandierato il loro sostegno ideologico e materiale a Israele, che porta avanti il genocidio a Gaza. Nel gennaio del 2024, in occasione di una riunione straordinaria del consiglio di amministrazione a Tel Aviv, l’azienda ha pubblicizzato la sua partnership strategica con il Ministero della difesa israeliano, fornendogli tecnologia per la guerra, tra cui forse la sua Piattaforma di intelligenza artificiale, venduta come un modo per incorporare chatbot alimentati da modelli large-language nei processi decisionali in tempo reale nelle zone di guerra. La leadership dell’azienda ha chiarito che la sua concezione della supremazia occidentale implica la difesa intransigente del sionismo all’estero e del nazionalismo di estrema destra in patria.

In tutto questo, è diventato chiaro che Palantir rappresenta il sodalizio tra l’industria tecnologica con il nazionalismo autoritario molto più dei goffi saluti nazisti di Musk, del pronatalismo da tabloid e del trolling «dark MAGA». Come ha scritto di recente lo studioso di tecnologia Jathan Sadowski, «fin dall’inizio, lo scopo di Palantir è stato quello di fornire... il “piano ontologico” al fascismo, aiutandolo a fornire ai suoi obiettivi ideologici una realtà materiale».

In altre parole, Palantir sta costruendo l’infrastruttura digitale per integrare le molteplici forme di violenza e controllo dello Stato su cui si basa l’autoritarismo contemporaneo: dal software necessario per le deportazioni di massa all’AI utilizzata nelle guerre contro i popoli colonizzati.

Ma Palantir non costruisce solo per dominare, vuole anche dirci perché. Meno di un mese dopo l’insediamento di Trump, Karp ha pubblicato il suo libro, The Technological Republic: Hard Power, Soft Belief, and the Future of the West, scritto insieme al responsabile degli affari di Palantir, Nicolas W. Zamiska. Il libro è un bizzarro e prolisso miscuglio di testi neo-conservatori, riflessioni pseudo-erudite e brochure aziendali (e, a quanto pare, mostra forti segni di un possibile uso dell’intelligenza artificiale).

Nel suo sforzo di tenere insieme l’elogio degli ingegneri della Silicon Valley con una fragorosa richiesta di riarmare l’«Occidente», la Technological Republic dipinge una visione del futuro in cui le intuizioni sulla creatività tratte dallo studio degli sciami di api o dai dipinti di Jackson Pollock sono messe al servizio della garanzia di un dominio tecnologico di ampio spettro. Al centro c’è il lamento per il fatto che un’élite liberale compatta ha esaurito il coraggio morale e il dinamismo tecnologico dell’Occidente proprio mentre si trova ad affrontare la rivoluzione dell’intelligenza artificiale e l’emergente egemonia cinese. Dietro la vaga retorica della guerra culturale, non è difficile scorgere la reazione rabbiosa di Karp e Palantir alla resistenza organizzata dai tech workers  – attraverso campagne come #NoTechForIce o Tech Workers Coalition – al progetto di costruire per dominare.

Così come Karp ha sottolineato l’impegno della sua azienda per la supremazia israeliana, allo stesso modo il suo libro parla di una «sinistra» perseguitata dallo spettro della Palestina. L’amministratore delegato di un’azienda che trae enormi profitti dai sistemi di sorveglianza e di estrazione dei dati, incaricati di espellere dissidenti e persone prive di documenti, Karp scrive in modo sprezzante di chi vuole restare anonimo durante gli accampamenti contro la guerra di Israele a Gaza. Cita uno studente che dice: «se do il mio nome, perdo il mio futuro». Con una stupefacente mancanza di autoconsapevolezza commenta: «il velo protettivo dell’anonimato potrebbe [...] derubare questa generazione dell’opportunità di sviluppare un istinto di reale possesso di un’idea, della ricompensa della vittoria nella pubblica piazza, così come dei costi della sconfitta».

Si tratta dello stesso libro che, in una variante della teoria della cospirazione del «marxismo culturale», tratta Orientalismo di Edward Said come il principale colpevole dell’evirazione di un mondo accademico costruito intorno alla civilizzazione occidentale – e, quindi, come un contributo alla vacillante supremazia tecnologica degli Stati Uniti. Come dichiara Karp, il libro del critico palestinese-americano ha destabilizzato «un intero modo di essere accademico nell’establishment universitario», è stato «il veicolo attraverso il quale il mondo accademico sarebbe stato rifatto».

La Technological Republic rivela che il tecno-nazionalismo e il tecno-militarismo contemporanei non riguardano solo la costruzione di infrastrutture per il controllo e la violenza da parte dello Stato, ma anche la promozione di un’ideologia indistinguibile da chi prova a venderti qualcosa. Palantir trae profitto non solo dal modo in cui la paura dei migranti, dell’intelligenza artificiale, delle prossime guerre combattute da sciami di droni, mobilita le risorse dei governi, ma anche dal discorso e dal clamore. La capitalizzazione azionaria della sua azienda è quadruplicata nell’ultimo anno, superando di gran lunga la crescita dovuta ai ricavi. Questo vuoto è colmato dalla speculazione, cioè dalle parole e dalle idee sul futuro. Il futuro che Karp vende è un futuro in cui l’alternativa è la rovina (la supremazia geopolitica e tecnologica cinese) o il dominio (statunitense). Dietro tutte le lamentele della Technological Republic sulla crisi di fiducia nell’«Occidente», ciò in cui Karp vuole davvero farci credere è Palantir, cioè il vecchio business della guerra, del razzismo e della repressione commercializzato attraverso una nuova e luccicante interfaccia.


***


Alberto Toscano insegna alla Simon Fraser University. È autore di vari articoli e libri sull’operaismo, sulla filosofia francese e sulla critica al capitalismo razziale, di cui è uno dei punti di riferimento nel dibattito internazionale. Per DeriveApprodi ha pubblicato: Tardo fascismo. Le radici razziste delle destre al potere (2024).


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