La dissidenza politica, religiosa e temporale del Grupo Chaclacayo
I corpi antieroici, anacronistici e mostruosi di Helmut Psotta, Sergio Zevallos e Raul Avellaneda durante gli anni del conflitto armato peruviano.
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Come loro, i senza gloria,
i senza grazia,
la cattiva gente di strada,
dei quartieri profondi,
dei voli in caduta libera,
loro, i meticci
eroi tristi dei romanzi gialli
carne da cannone, carne da prigione
bassi fondi dove si sente
l'aria dei tempi.
Puttane e travestiti
Droga e soldati
Confrontarsi con i propri desideri, con la propria mancanza di desiderio.
Nella città disgregata e in rovina
Metafore di sopravvivenza
In una casa senza porta.
Come si può salvare ciascuno?
C'è solo la separazione:
poi, l'attesa dei ricongiungimenti,
l'emozione del risveglio finalmente.
- José Alberto Velarde, Casa sin puerta (Puno, 1954)
Pensando ai vari momenti che caratterizzano e scandiscono la vita di un albero, la mitologa Giuliana Furci afferma che il suo preferito è quando la pianta crolla al suolo. Furci sostiene che quest’ultima non è importante soltanto quando è in vita e tutti la possono ammirare, ma anche – e soprattutto – quando, tramite la sua decomposizione, serve il mondo in modo invisibile. Il processo di trasformazione di energia che noi chiamiamo decadimento ha assunto una valenza ingiustamente negativa: non ci può essere rigenerazione senza degenerazione. È dunque necessario che le cose marciscano e ciò, secondo Furci, vale anche per le idee e gli ideali. In questo senso tutto quello che non appartiene più al vivente, che viene declassato come «materia morta» o che viene lasciato indietro e considerato uno scarto, diventa al contrario estremamente interessante per guardare e comprendere la società .
Tra il 1982 e il 1994 in Perù il Grupo Chaclacayo – un collettivo artistico composto da Helmut Psotta, Sergio Zevallos e Raul Avellaneda – ha fatto esplodere e poi ricombinato i brandelli della cultura popolare sudamericana. Attraverso l’utilizzo di materiali di eccedenza come rifiuti e detriti urbani e l’impiego di allestimenti economici anti-glamour, il gruppo ha mescolato e unito rappresentazioni del dolore mistico e del martirio religioso con immagini di corpi torturati e mutilati. A causa del contenuto della loro arte: rappresentazioni religiose omoerotiche e travestite, l’utilizzo di bare e resti corporali, escrementi, fluidi e riferimenti a cadaveri e corpi deturpati, gran parte delle loro attività sono state invisibilizzate e oscurate per molto tempo in Perù. Quest’ultimo, in quegli anni, era impegnato in un conflitto armato che ha visto la morte di oltre 70.000 persone. È proprio nel contesto di un regime così violento che il collettivo è riuscito a sopravvivere e resistere, continuando a produrre esperimenti artistici che affrontassero la brutalità della violenza da parte dello stato militare nei confronti dei corpi queer e insurrezionalisti.
Non si tratta, però, soltanto di dissidenza: il loro è stato un tentativo di produrre soggettività anormali e devianti che potessero annullare le identità di genere e sociali, attraverso l’utilizzo di un vocabolario sadomasochista e rituale per esorcizzare gli effetti oppressivi dell'ideologia, della religione e del colonialismo. L’intento era di presentare un corpo ibrido, ricomposto e costituito da ciò che il sistema aveva escluso e lasciato indietro. Un corpo ricombinato formato da rifiuti culturali e sociali, non solo urbani. Le azioni e le rappresentazioni del Grupo Chaclacayo a tema religioso sono un tentativo di far rivivere le storie di devozione androgina e rituali di travestimento che sono stati costantemente soppressi nel corso della Storia. Sia lo Stato che il mercato producono, infatti, relazioni di status biopolitico non solo attraverso strategie di contenimento spaziale, ma anche - e soprattutto - attraverso i confini temporali. Ad alcune pratiche culturali vengono dati i mezzi per continuare, altre vengono stroncate o lasciate morire sulla carta. Alcuni eventi contano come storicamente significativi, altri no. Alcune esperienze umane contano ufficialmente come lecite, viceversa di altre. Coloro che sono costretti ad aspettare (spesso spaventati dalla violenza), coloro le cui attività non compaiono sulla linea temporale ufficiale, sono rispettivamente – e spesso contemporaneamente – neri, donne e queer. I meccanismi statali di periodizzazione del tempo hanno plasmato ciò che può essere vissuto come formazione sociale o vita individuale: prima che la paga oraria quantificasse il tempo, lo stato coloniale è intervenuto nella temporalità , iscrivendosi nei corpi attraverso il calendario, distorcendo i ritmi indigeni e rappresentandoli come arretrati e superstiziosi. Nascite, matrimoni e morti hanno sostituito ed escluso, ad esempio, iniziazioni, amicizie e contatti con i morti. In molti luoghi, il progetto neoliberista continua a ricostruire il tempo in queste modalità che dipendono esclusivamente dal movimento del capitale.
Le ideologie nazionali, i valori familiari tradizionali e la devozione cattolica fanno parte di una forte matrice sociale conservatrice in Sud America. Pratiche politico-sessuali anomale si confrontano e sovvertono questa matrice intervenendo nei codici che dividono il corpo sociale in soggetti «normali» e soggetti «malati», in sessualità «corrette» e sessualità «sbagliate», in persone che meritano di vivere e persone che meritano di morire. L’opposizione ai concetti di normalità (corporea, sessuale, sociale e mentale), assunta sia dai corpi queer che dai corpi crip, non sostiene l’inclusione nei valori della maggioranza, ma piuttosto una trasformazione radicale di certi sistemi di significato e strutture sociali che etichettano la norma. Il potenziale politico di questi corpi, come mezzo per combattere l’egemonia degli standard eterosessuali e normodotati, risiede nella loro capacità di fratturare la comprensione collettiva di ciò che è un corpo sociale desiderabile, mettendo così in discussione il benessere riproduttivo/sessuale e morale delle persone. Nelle opere del Grupo Chaclacayo, la presenza di corpi protesici, scheletri, cadaveri e mummie, utilizzati per allestire scene di annientamento, suggerisce una guerra diversa, che va oltre il conflitto armato peruviano, sotterranea e inosservata: la guerra dichiarata contro esseri effeminati, strani e persone definite mostruose o malate. Il corpo queer offre un’alternativa alle due figure di genere ed eterosessuali del «progresso»: il fecondo corpo femminile materno, che genera la storia naturale, e l’eroico corpo maschile, che genera la storia nazionale. All’interno di questo dualismo il corpo queer, non riproduttivo, è etichettato come mostruoso. Quest’ultimo è una soglia, come sostiene Rosi Braidotti , segna il confine tra ciò che viene riconosciuto come normalità e ciò che invece è anomalia, sfida l’ordinario e si beffa del prevedibile.
Nell’epigrafe iniziale José Alberto Velarde si chiede «come si può salvare ciascuno?» e risponde «c’è solo separazione», forse aveva compreso quanto riconoscere le differenze di ciascuno fosse fondamentale. Forse per andare contro un’idea di unità piatta e uguale è necessario che ciascuno, come Pedro Lemebel ci insegna, «parli in nome della sua differenza». Forse la differenza è la chiave per far emergere il conflitto che sì, porta alla separazione, ma anche «all’attesa dei ricongiungimenti» e quindi, alla convivenza. E forse, se il mostro è una soglia, abiterà in una casa senza porta. E quella che ai tempi di Velarde era una casa, oggi è diventata un condominio, e chissà quanti bambini lo stanno guardando.
Immagini
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Alessia Riva è una giovane curatrice e critica d’arte contemporanea, scrive per varie riviste tra le quali «Artribune» e ha recentemente curato «(Im)possible Ecolologies» all'orto Botanico di Roma. Studia alla NABA di Milano.
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