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Le Yeguas del Apocalipsis

Il fuoco arso dell’arte queer latino-americana che la dittatura non è riuscita a spegnere



La pratica artistica del collettivo cileno Yeguas Del Apocalipsis. Un viaggio tra storie di corpi dissidenti del genere, della dittatura e dello stigma legato alla malattia.


* * *


È il 1990. In Cile, da una sala del museo Nazionale di Belle Arti proviene la musica latina e sensuale di Liberdad Lamarque. Seguendo la melodia, si avverte il richiamo della luce rosso sangue emessa da uno degli schermi presenti, lo stesso dal quale proviene il brano.

Scopriamo essere di fronte al video Casa Particular, realizzato dalla documentarista cilena Gloria Camiruaga, in mostra al Museo Aperto: la prima grande esposizione, dopo l’apertura democratica del Paese, che comprende tutti i generi d’arte dalla performance, alle immagini in movimento.

È qui che incontriamo per la prima volta La Madonna, La Susanna, La Doctora, La Luisa… Che danzano ancheggiando divertite. Sono le locas, le donne transgender che popolano la Casa Particular, il bordello di Via San Camilo a Santiago. Raccontano storie di vita, di violenza subita e di morte, perché da lì a breve l’AIDS se le porterà via tutte.

In un passaggio del video, l’immagine di un arazzo appeso in una stanza del bordello - che rappresentava l’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci - sfocia in una rappresentazione dell’affresco fatto dalle Yeguas del Apocalipsis. Il collettivo di artisti chiede alle locas di realizzare un tableau vivant dell’Ultima Cena.

Al centro, si trova La Doctora - al posto di Gesù - che recita: «Questa è l’ultima cena, l’ultima cena di questo governo. Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue». Allude, guardando lo spettatore, sia alla fine della dittatura, sia all’arrivo del virus che stava lentamente consumando le sue amiche.

Di loro, oggi, non resta più niente. Il video è stato subito censurato per oscenità, ha causato grande scalpore tra i visitatori, ma questo le locas - le poche di loro rimaste – relegate ai margini, nell’umile quotidianità della Calle San Camilo, non lo sapranno mai. Delle loro vite, possiamo solo leggere qualche racconto contenuto nel libro Folle Affanno, Cronache del contagio di Pedro Lemebel.

È tra queste pagine che sono venuta a conoscenza del lavoro artistico realizzato dal collettivo Yeguas del Apocalipsis (Le cavalle dell’Apocalisse), fondato a fine anni Ottanta da Pedro Lemebel e Francisco Casas. Il loro intento è di manifestare dissidenza verso la dittatura di Pinochet e di porsi come possibile alternativa controculturale alle pratiche artistiche affermate nel paese (come l’Escena Avanzada), attraverso eventi, vicini alla performance, che accadono nello spazio urbano e dei quali resta poca documentazione scritta o fotografica. Senza mai avere come obiettivo l’inserirsi nella storia di alcuna tradizione artistica o letteraria, i loro lavori vogliono uscire dalle istituzioni artistiche per legarsi a luoghi alternativi e alle lotte sociali. Lemebel e Casas rivendicano la centralità del corpo, quel corpo – dissidente del genere - negato dalla dittatura e, attraverso quello, raccontano la storia che il Cile sta vivendo in quegli anni.

La loro poetica si riflette anche in tutti gli aspetti della vita quotidiana: due intellettuali marxisti che, sotto un regime repressivo di Destra, non rinunciano al diritto di vivere liberamente la loro identità̀ dichiaratamente e pubblicamente transgender. In particolare Pedro Lemebel, all’anagrafe Pedro Segundo Mardones Lemebel, rinuncia al cognome del padre tenendo solamente quello materno. Un gesto, come ci insegna bell hooks, politico e di rivendicazione molto forte per l’epoca.

Nel contesto dei dibattiti sulla transizione democratica cilena le Yeguas del Apocalipsis prendono l'omosessualità come slogan per uno spazio politico, rendendo esplicita la dimensione attivista e militante del loro lavoro. II 21 agosto 1989, le Cavalle dell'Apocalisse con cappotti, tacchi e calzamaglia, irrompono con un fuori programma sul palco del Teatro Cariola, interrompendo il discorso dell'attrice vincitrice del premio nazionale Ana González. Conquistata la scena, espongono una tela con lo slogan «Omosessuali per il cambiamento».

L’azione Estrellada del 1989 è stata realizzata in via San Camilo, il centro attivo del commercio sessuale di travestiti a Santiago. Il collettivo appare con il corpo dipinto di bianco e figure nere. Con la collaborazione della videomaker Gloria Camiruaga, installano delle lampadine per simulare un set cinematografico e tracciano sul marciapiede stelle fosforescenti in negativo e in positivo, ambientando la strada in stile walk of fame hollywoodiano. Secondo un comunicato stampa dell'epoca, la data dell'intervento coincideva con il compleanno del generale Augusto Pinochet, così quella notte il Fronte Patriottico Manuel Rodriguez (FPMR) produsse un blackout generale in tutta la città.

Il quartiere, rimasto spento, era illuminato solo dalla luce delle stelle fosforescenti stampate sul selciato. Prima del buio, dalla finestra di uno dei bordelli, le Yeguas hanno proiettato diapositive del servizio fotografico Lo que el sida se llevò (Ciò che l’AIDS ci ha portato via), che consisteva in 30 fotografie scattate da Mario Vivado. Le pose di Lemebel e Casas hanno rappresentato un omaggio a diverse figure culturali come Marilyn Monroe e Buster Keaton con capi che ricordavano il glamour delle dive dell'epoca d'oro di Hollywood.

Nel maggio 1997, gli Yeguas del Apocalipsis hanno partecipato alla VI Biennale dell'Avana intitolata L'individuo e la sua memoria. La loro azione consisteva in una conferenza-performance nel cortile adiacente del Wilfredo Lam Contemporary Art Center. Truccati, con tacchi alti e abiti neri, hanno appeso al muro uno slogan che recitava: Parlo per la mia lingua, il mio sesso e il mio social popolare.

Contemporaneamente è stato riprodotto l'audio del Manifesto (parlo in nome della mia differenza) di Pedro Lemebel, uno degli interventi più forti e di rottura che l’autore abbia mai scritto.


Non sono Pasolini che chiede spiegazioni

Non sono Ginsberg espulso da Cuba

Non sono un frocio mascherato da poeta

Non ho bisogno di maschere

Questa è la mia faccia

[…]

Il calcio è un'altra omosessualità camuffata

Come la boxe, la politica e il vino.

La mia virilità è stata sopportare le beffe

Ingoiare la rabbia per non ammazzare tutti

La mia virilità è accettarmi diverso

Essere codardo è molto più difficile

lo non porgo l'altra guancia

Porgo il culo, compagni

E quella lì è la mia vendetta

[…]


Gli interventi delle Yeguas – molti dei quali non registrati e appena trattenuti nell'oralità del mito urbano – si collocano in intersezioni critiche e scomode all'interno del panorama culturale e politico degli ultimi anni del Novecento, costituendo un precedente fondamentale per pensare alle relazioni tra arte, politica e sessualità in America Latina. Casas e Lemebel mettono in luce le esperienze, le lotte e le storie di quel tragico capitolo che appartiene alla comunità gay, ancora troppo spesso celato o cancellato dagli archivi e dalla memoria collettiva. Così facendo, l’eredità di questi due artisti è la spinta a non smettere mai di sforzarsi di immaginare collettivamente altri mondi, altre modalità di pensare, amare e lottare, senza accontentarsi di un presente che non deve e non potrà mai essere abbastanza. Queer, per dirla con Muñoz, «è proprio il desiderio di abitare altri modi di abitare il mondo».

Nel mito cristiano, l’Apocalisse è donna. Nella Bibbia si profetizza che la fine dei tempi sarà dominata da una regina lussuriosa con in mano un calice d'oro, colmo delle abominazioni e delle impurità della sua prostituzione. La fine di qualcosa è l’inizio di altro. Davanti a Casa Particular vedo l’Apocalisse nel volto magro e allungato di Francisco Casas che, timido, inizia a cantare guardandoci:


Malena canta il tango con la voce di un'ombra

Malena ha pena del bandoneon

La tua canzone ha il freddo dell'ultimo incontro

La tua canzone diventa amara nel sale della memoria

Non so se la tua voce è il fiore del dolore

Lo so solo per il rumore dei tuoi tanghi, Malena

Ti sento meglio, meglio di me

I tuoi tanghi sono creature abbandonate

Che attraversano il fango del vicolo

Quando tutte le porte sono chiuse

E i fantasmi della canzone abbaiano

Malena canta il tango con voce spezzata


Siamo lontani dai vertici spigolosi della chitarra elettrica. Lontani dai machos vestiti di pelle. Lontani dalle rock band degli anni ’90. Le curve femminili e sensuali della chitarra spagnola ci portano dall’altra parte. Ci mostrano quel bacino rivoluzionario, omosessuale e guerriero che si nasconde nei margini, tra le pieghe buie delle capitali dell’America Latina. È qui che si annidava, in quegli anni, una militanza corporea che voleva far sentire una voce nuova, un discorso proprio, frammentato e balbettante.



Immagini

Figura 1 Yeguas del Apocalipsis, Pedro Lemebel e Francisco Casas. Courtesy Archivio Yeguas del Apocalipsis

Figura 2 e 3 immagini tratte dal video Casa Particular di Gloria Camiruaga esposto nel 1990 in Cile al Museo Nazionale di Belle Arti nella mostra Museo Aperto. Con la partecipazione delle Yeguas del Apocalipsis. Courtesy Archivio Yeguas del Apocalipsis

Figura 4 Yeguas del Apocalipsis, De que se rie presidente, 1989. Courtesy: Archivio Yeguas del Apocalipsis.

Figura 5 Yeguas del Apocalipsis, Estrellada, 1989. Courtesy: Archivio Yeguas del Apocalipsis

Figura 6 e 7 Yeguas del Apocalipsis, Lo que el sida se llevò, 1989. Foto di Mario Vivado. Courtesy: Archivio Yeguas del Apocalipsis

Figura 8 Yeguas del Apocalipsis, VI Biennale dell’Avana, 1997. Courtesy: Archivio Yeguas del Apocalipsis

Figura 9 fermo immagine tratto da Casa Particular di Gloria Camiruaga, 1990. Courtesy: Archivio Yeguas del Apocalipsis.


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Alessia Riva è una giovane curatrice e critica d’arte contemporanea, scrive per varie riviste tra le quali «Artribune» e ha recentemente curato «(Im)possible Ecolologies» all'orto Botanico di Roma. Studia alla NABA di Milano.

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