Una mostra di Laura Grisi
Stratificazioni di paesaggi tridimensionali, installazioni e videolinguaggi di natura, variegate ripetizioni di colore, frazioni di minuti dentro orologi in sequenza e sassi trattati come simboli aritmetici. Tutto ci induce a giocare mentalmente con lunghe cadenze di ascolto e ponderare le giustapposizioni esperibili nella modulazione del progetto artistico di Laura Grisi.
Al Muzeum Susch, in Engadina, la prima retrospettiva dell’artista italiana The Measuring of Time, curata da Marco Scotini, crea sbandamento sulla rinnovata percezione del rapporto tra realtà e eventualità. La meccanica del movimento presente in natura e le variazioni cosmologiche hanno ispirato il lavoro dell’artista che, dalla fotografia documentale, si assesta su rappresentazioni di tipo quantistico. Tali rappresentazioni rilette oggi si rivelano come ideale programmatico che anticipa questo nostro tempo di Riflessione, per meditare sulla struttura infinitamente variabile del mondo. Non è semplice raccontarne il lavoro, quasi quanto non è stato facile per i curatori reperire le opere di Laura Grisi, artista dimenticata per anni, nonostante la collaborazione con musei internazionali e famose gallerie, quali Leo Castelli, Francoise Lambert, Konrad Fischer e, in Italia, Ariete, Naviglio, Segno, Marlborough e La Tartaruga.
Lei, bella, colta e elegante, ha avuto la fortuna di viaggiare nell’ accompagnare il marito Folco Quilici, documentando le lunghe escursioni (1958/1964) con circa 5000 fotografie che significano percezioni simultanee e frammenti di realtà e difformità etniche e che inaugurano la sua attività artistica. Scotini inizia con il tributare all’artista i dovuti onori con un display fotografico che riprende l’ambiziosa esibizione The Family of Man (Moma, 1955), che includeva in una mostra museale ben 273 fotografi professionisti e amatoriali, alla quale purtroppo lei non aveva partecipato. L’esplorazione inizia nel labirinto sospeso di scatti che mostrano luoghi e identità disparate proprio alla maniera voluta da Edward Steichen.
Il grande dittico polimaterico Omaggio a Constable e Omaggio a Gainsborough, presentato nel 1966 alla Biennale di Venezia, mostra il nuovo ciclo intrapreso dall’artista che si spinge oltre la staticità della fotografia e ripete il visibile, con tecniche e materiali inconsueti, dando mobilità alla pittura del paesaggio. Silhouette di donna sfilano tra dettagli architettonici e si dinamizzano, con l’interazione dello spettatore, dietro le quinte in plexiglas di sipari in movimento che riprendono la mobilità dei flussi, creando teatrini paesaggistici ove tutto si combina, si altera, si moltiplica, ove tutto è possibile. La pluralità di letture dà significato alla rinnovata pratica della Grisi, la quale dopo il 1966 focalizza l’approccio artistico sull’analisi quantistica di fenomeni dell’habitat naturale, considerando l’instabilità del reale e la possibilità infinita di combinazioni e accadimenti che seguono l’andamento delle varianti cosmologiche.
Di quella ragazza che viaggiando tentò di quadrettare il tempo e diagrammare lo spazio-vita rimane la selezione di disegni (1964/1966) ove l’artista si concentra sulla contemplazione di variazioni dello stesso oggetto con giocosi ideogrammi colorati che mostrano i calcoli numerici di riverberi naturali, con un approccio cerebrale e metafisico.
Dentro questo Museo progressista, concepito nel rispetto delle grotte preesistenti e con grandi vetrate sulla valle, per lasciare squarci alla natura quieta di un paesino anacronistico, la mostra di Scotini segue le flessioni della metodica audace dell’artista, che negli anni 70 abbandona ogni tipo di rappresentazione, anche tridimensionale, e approccia l’arte sensoriale con la smania di esplorare la complessa tematica narrativa della creazione con film e installazioni.
Laura Grisi, con un accostamento tecnico-scientifico sperimenta ambientazioni che riprendono elementi naturali come la nebbia, il vento, l’acqua, il calore e la luce, coinvolgendo lo spettatore nella complessa interpretazione del canone del suo lavoro. La proiezione del primo film (Wind speed 40 knots, 1968), lo trascina in diversi contesti ambientali con la stessa forza dei differenti tipi di venti che l’artista riprende con in mano un anemometro. Nella sala della nebbia (Antifog, 1968), schermata da tende bianche, annaspa cercando il riferimento dei neon luminosi di 4 enormi antinebbia che lo sovrastano. Guardando il film in bianco e nero (The Measuring of Time, 1969) viene risucchiato dalle riprese vorticose della telecamera che mostrano l’artista seduta sulla spiaggia, nella titanica e lenta impresa di contare i granelli di sabbia prendendoli dalla mano e liberandoli nel vento. Il filmato catalizza e ipnotizza, inducendo a contare assieme a lei e arrendersi stremati, consapevoli di essere microparticelle di un macrocosmo in continua evoluzione. Nell’opera Pebbles (1973) alcuni sassi sono accostati in una ripetizione tantrica, e diventano le unità di calcoli matematici permutati e surrogabili in un lungo processo esponenziale e compulsivo, ritratto fotograficamente, che avvia una serie di accostamenti prorogabile all’infinito.
La combinazione tra la selezione dell’artista e la permutabilità operabile dal visitatore torna nell’opera Stripes (1974), ove le sequenze dei 6 colori dell’arcobaleno vengono enumerate graficamente in ben 720 giustapposizioni dipinte su 13 lunghi rotoli di tessuto. Questi sono distesi uno a fianco dell’altro e sono un impulso sulla considerazione dell’incomprensibile infinitezza di accozzamenti, che rimandano all’immensità di un altro dove. Nelle 360 foto, montate in 20 parti di Hypothesis about time (1975), l’artista mostra la permutazione dell’intervallo di un secondo, mettendo in discussione il rapporto tra passato presente e futuro in un gioco che rivendica un’attenzione cerebrale che diventa illogica.
Nel suo complesso percorso la pratica di Laura Grisi riesce a porci in un atteggiamento di devozione cosmologica verso questo nostro hic et nunc e la magia, iniziata con l’arcobaleno proiettato all’ingresso sul muro della grotta, da una rudimentale macchina costruita dall’artista, prosegue nella valle circostante, ove la natura si dispiega in tutto il suo splendore, inducendoci a respirare l’universo e considerare le infinite possibilità degli accadimenti per avere contezza dell’eventualità come espressione divina.
Laura Grisi: The Measuring of Time
A cura di Marco Scotini
5 giugno-dicembre 2021
Muzeum Susch
Surpunt 78
7542 Susch - Svizzera
Immagine: Laura Grisi, Scatola per giochi mentali, 1968
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