Antifa is everywhere
- Alberto Toscano
- 20 ore fa
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Trump e la Paura Rossa

Mentre Trump rilancia la guerra al terrore contro l’opposizione interna, che cosa significa antifascismo e quale l'uso che il Presidente americano ne fa?
Un articolo di Alberto Toscano che chiarisce come la grottesca resurrezione della vecchia paura rossa ha come vero bersaglio il movimento antifascista di massa e popolare emerso in risposta all’occupazione delle città statunitensi da parte degli agenti federali che l’amministrazione Trump ha scatenato contro lavoratori e famiglie migranti, così come contro cittadini colpiti da profilazione razziale e chiunque accorra in loro aiuto.
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Giovedì 13 novembre, il Segretario di Stato Marco Rubio ha annunciato che quattro gruppi europei – «gli Antifa Ost, con sede in Germania, insieme ad altri tre gruppi Antifa violenti in Italia e Grecia» – erano stati ora designati come «Specially Designated Global Terrorists» (SDGT) e sarebbero stati aggiunti alla lista delle «Foreign Terrorist Organizations» (FTO) una settimana dopo.
«Antifa Ost» – nota anche come la «banda del martello» – è già stata oggetto di procedimenti giudiziari in Germania e in Ungheria, dove si presume abbia attaccato, nel febbraio 2023, alcuni partecipanti al raduno neonazista «Giorno dell’Onore», che si tiene ogni anno a Budapest. Gli stessi episodi avevano portato al processo della docente e attivista antifascista italiana Ilaria Salis, che è stata liberata dagli arresti domiciliari in Ungheria solo quando è stata eletta al Parlamento Europeo per l’alleanza Verdi e Sinistra, ottenendo così l’immunità parlamentare. È probabile che la scelta di questa specifica formazione militante sia stata il risultato dell''attività di lobbying del partito tedesco di estrema destra Alternative für Deutschland e del governo ungherese, il cui Primo Ministro Viktór Orbán era stato accolto calorosamente alla Casa Bianca la settimana precedente.
Gli altri tre gruppi, due greci e uno italiano, non sono realmente «Antifa», ma formazioni anarchiche rivoluzionarie responsabili di alcuni attacchi con pacchi bomba ed esplosivi contro caserme della polizia e ministeri, e, nel caso della Federazione Anarchica Informale/Fronte Rivoluzionario Internazionale italiana, della gambizzazione del direttore generale di un’azienda di energia nucleare oltre dieci anni fa. L’affermazione del Dipartimento di Stato americano secondo cui questi gruppi «cospirano per minare le fondamenta della civiltà occidentale attraverso i loro brutali attacchi» è iperbolica; l’idea che minuscole formazioni dotate di mezzi rudimentali possano essere ostacolate dal non poter accedere a conti bancari statunitensi è improbabile.
Perché, allora, tanto clamore attorno a gruppi minuscoli e marginali che non rappresentano alcuna minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti?
Il punto chiave è nella dichiarazione di Rubio. Essa identifica queste recenti designazioni come organizzazioni terroristiche quale parte del sostegno al National Security Presidential Memorandum-7 (NSPM-7), che – due settimane dopo l’assassinio del fondatore di Turning Point USA, Charlie Kirk, e tre giorni dopo l’ordine esecutivo di Trump «Designating Antifa as a Domestic Terrorist Organization» – indicava l’«antifascismo» come il «grido di mobilitazione» di una rete ampia, ben finanziata per quanto nebulosa, intenzionata a rovesciare lo Stato americano, a diffondere anti-capitalismo, anti-cristianesimo e anti-americanismo, e a promuovere «estremismo in materia di migrazione, razza e genere».
Come hanno osservato diversi analisti legali, pur essendo il terrorismo interno definito dal Codice degli Stati Uniti, «nessuna legge prevede la possibilità di designare un’organizzazione come gruppo di terrorismo interno». Ciò non significa, però, che gli ordini presidenziali e i memorandum siano privi di effetti. Al contrario: come ha osservato Thomas E. Brzozowski, ex consigliere per il terrorismo interno al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, anche se la designazione di «Antifa» potrebbe non resistere a una revisione legale, «può comunque svolgere il lavoro della legge nelle strade, nei dipartimenti di conformità bancaria e sulle piattaforme social». O, nelle parole del professor Steve Vladeck della Georgetown Law, «lo spettro di etichettare gruppi come "organizzazioni terroristiche interne" è un esercizio di simbolismo legalmente vuoto ma retoricamente pericoloso», che spinge individui e istituzioni a una conformità anticipata. Come in molte altre azioni dell’amministrazione Trump, l’esecutivo preferisce prima sparare in alto e poi fare domande, trovando basi legali retroattive per il suo eterno spettacolo di attivismo esecutivo. Come conclude Brzozowski: «La democrazia non muore nell’oscurità; può essere soffocata in pieno giorno da una serie di dichiarazioni che infrangono le norme e che non vengono mai veramente smentite».
L’amministrazione statunitense – particolarmente ansiosa di identificare connessioni tra «Antifa» e ONG progressiste o istituzioni della società civile che possa poi perseguire o chiudere – sta certamente cercando di stabilire, o quantomeno simulare, un’autorità legale. Il memorandum NSPM-7 suggerisce che il Procuratore Generale possa designare organizzazioni di terrorismo interno. La Procuratrice Generale di Trump, Pam Bondi, ha tentato di farlo nell’imputazione di ottobre contro i membri di quella che ha definito la «Cellula Antifa del Texas del Nord», presumibilmente responsabile dell’attacco armato del 4 luglio a un centro di detenzione del DHS ad Alvarado. La definizione di Antifa come «impresa militante composta da reti di individui e piccoli gruppi che si richiamano principalmente a un’ideologia anarchica rivoluzionaria o marxista autonoma» ricalcava da vicino quella già avanzata il 22 settembre.
Ma, per quanto intimidatoria, la designazione di terrorismo interno è ancora troppo giuridicamente vuota per realizzare le ambizioni repressive dell’amministrazione, come delineato da Stephen Miller in seguito all’omicidio di Kirk. Parlando al vicepresidente JD Vance, che stava conducendo il podcast di Kirk, Miller – che aveva anche definito il Partito Democratico «un’organizzazione estremista interna» – ha promesso che tutte le risorse investigative e punitive del governo federale sarebbero state dedicate a «identificare, interrompere, smantellare e distruggere queste reti e rendere di nuovo l’America sicura per il popolo americano».
L’8 ottobre, alla Casa Bianca è stata convocata una tavola rotonda per discutere di «Antifa». Vi hanno partecipato Trump, Miller, la Segretaria della DHS Kristi Noem, il direttore dell’FBI Kash Patel, la Procuratrice Generale Pam Bondi e un gruppo di influencer e attivisti dell’estrema destra, tra cui Jack Posobiec – noto per aver diffuso la teoria del complotto «Pizzagate». Posobiec, che ha informato i partecipanti alla riunione che Antifa «esiste in varie forme da quasi cento anni, in alcuni casi risalendo alla Repubblica di Weimar in Germania» (cioè, al fascismo!), ha inoltre affermato che ora avrebbe «collegamenti internazionali in tutta l’Europa occidentale». Il commentatore mediatico di destra Andy Ngo ha suggerito che il «braccio internazionale» di Antifa debba essere designato come organizzazione terroristica straniera (FTO). A un giornalista che gli chiedeva se fosse intenzionato a spingere per tale designazione, Trump ha risposto affermativamente, dicendo: «Facciamolo, Marco [Rubio]».
Considerati gli enormi poteri discrezionali connessi all’inclusione nella lista delle foreign terrorist organizations (FTO), soprattutto per quanto riguarda le accuse di sostegno materiale e finanziario – come testimonia il processo degli «Holy Land Five» nei primi anni 2000 – non sorprende che nell’amministrazione Trump si parli con insistenza della possibilità di trattare «Antifa» come una FTO. Poiché “Antifa” non indica un’organizzazione formale, ma la più vaga rete di gruppi e identità, e dato che il governo statunitense è ben disposto ad applicare l’etichetta ai bersagli più diversi – dai gruppi anarchici greci alle mobilitazioni contro i raid dell’ICE – una designazione come FTO scatenerebbe un arsenale repressivo potenzialmente illimitato. L’«International Anti-Fascist Defence Fund», un’organizzazione che raccoglie fondi per antifascisti colpiti dalla repressione statale, compresi quelli in Ungheria, ha già chiuso la sua infrastruttura di raccolta fondi negli Stati Uniti in risposta agli ordini di Trump.
Come osserva Brzozowski, una designazione come organizzazione terroristica straniera potrebbe comportare di tutto: dalla revoca della cittadinanza «per qualsiasi cittadino naturalizzato che abbia partecipato a una contro-manifestazione, donato a un fondo per la difesa legale o espresso sostegno a principi antifascisti», fino a procedimenti di responsabilità civile; da forme invasive di sorveglianza previste dal Foreign Intelligence Surveillance Act a un effetto raggelante sulla libertà accademica e sulla ricerca. La possibilità di designare come terrorista qualsiasi forma di opposizione politica che possa essere associata all’antifascismo (o all’anticapitalismo, all’antiamericanismo e all’ant Cristianesimo) con tutte le conseguenze che ne derivano è l’obiettivo, poco segreto, che l’amministrazione – Miller in particolare – sta perseguendo.
Sebbene l’assassinio di Kirk possa aver fornito il pretesto accelerante per questa offensiva giuridica e retorica contro l’antifascismo, vale la pena ricordare che la prima amministrazione Trump aveva già tentato di collegare «Antifa» al terrorismo. Facendo riferimento ad alcune proteste del 2017 a Berkeley contro raduni e oratori dell’estrema destra, così come al «doxxing» di agenti dell’ICE, il 5 gennaio 2021 Trump pubblicò un memorandum su Antifa, chiedendo all’allora Segretario di Stato Mike Pompeo di indagare sulla sua possibile classificazione come organizzazione terroristica. Trump avrebbe in seguito amplificato le affermazioni secondo cui la rivolta di estrema destra del 6 gennaio al Campidoglio sarebbe stata compiuta da membri di Antifa infiltrati, in collaborazione con il «deep state».
Il vero obiettivo di questa fragile e grottesca resurrezione della vecchia paura rossa – in cui «Antifa» viene immaginata, in modo del tutto implausibile, come una rete terroristica capace di rivaleggiare con l’ISIS per minaccia e sofisticazione – non sono i piccoli gruppi periferici coinvolti in atti di violenza ad Alvarado o Budapest. Il vero bersaglio è il movimento antifascista di massa e popolare emerso in risposta all’occupazione delle città statunitensi da parte degli agenti federali che l’amministrazione Trump ha scatenato contro lavoratori e famiglie migranti, così come contro cittadini colpiti da profilazione razziale e chiunque accorra in loro aiuto. A Chicago, questa pratica antifascista quotidiana ha tessuto una rete di molteplici pratiche dal basso – «pattuglie di comunità, risposte rapide, accompagnamento scolastico, acquisto solidale dai venditori, suonare i clacson e fischiare» – e ha trovato eco anche nel governo cittadino, con il sindaco Brandon Johnson che ha chiesto alla folla del raduno «No Kings» del 18 ottobre: «Siete pronti a combattere il fascismo? Siete pronti a distruggere l’autoritarismo una volta per tutte?». La difesa dei migranti contro una macchina di deportazione violenta e razzista mostra come il vero antifascismo si costruisca attraverso pratiche di solidarietà e non abbia bisogno né di etichettarsi come “Antifa” né di nominare esplicitamente il fascismo come proprio bersaglio. Lo stesso si potrebbe dire del movimento degli encampments contro il genocidio di Israele a Gaza, che ha reinventato, per il nostro momento oscuro, l’internazionalismo che è tratto distintivo dell’antifascismo.
Ma un antifascismo popolare di massa, capace di contrastare l’offensiva repressiva di Trump, con le sue teorie del complotto su «Antifa», dovrà anche attingere più a fondo alle basi materiali ed economiche della lotta contro l’autoritarismo. Come dimostrano le retate nei luoghi di lavoro condotte da ICE e CBP, gli sforzi dell’amministrazione Trump per instaurare una sorta di stato di polizia di frontiera si manifestano come un attacco contro una classe lavoratrice multirazziale, ma in particolare latina. Mettere le solidarietà antifasciste al centro dell’opposizione a Trump e ai suoi accoliti significherà anche rendere esplicito come la lotta contro la politica della paura, della gerarchia, del privilegio e del dominio sia radicata in una visione e pratica alternativa della vita collettiva, in cui la sicurezza e il benessere di una persona non si fondano sull’insicurezza e sulla privazione degli altri.
Rivolgendosi direttamente a Trump, il discorso di accettazione di Zohran Mamdani dopo la sua vittoria alle elezioni per il sindaco di New York ha offerto una formulazione suggestiva di ciò che potrebbe significare l’antifascismo come piattaforma politica generale. Come ha detto: «se c’è un modo per terrorizzare un despota, è smantellare le condizioni stesse che gli hanno permesso di accumulare potere»– condizioni che, nel caso dell’ascesa di Trump nel mondo immobiliare newyorkese, includevano lo spennare gli inquilini, gli sgravi fiscali facilitati da politici corrotti, l’indebolimento dei sindacati e lo svuotamento del potere degli immigrati.
In una mossa tattica per evitare le retate massicce dell’ICE e il taglio dei fondi federali che il Presidente aveva minacciato contro New York e il suo imminente “sindaco lunatico comunista al 100%”, Mamdani ha sfruttato il proprio carisma e la dipendenza di Trump dallo spettacolo in un incontro sorprendentemente cordiale alla Casa Bianca il 21 novembre. Pur insistendo con ostinazione sui temi della casa e dell’accessibilità come terreno comune, Mamdani non ha ritrattato la sua caratterizzazione della politica di Trump. Quando un giornalista ha cercato di incalzarlo chiedendogli se pensasse ancora che il Presidente fosse un fascista, un gioviale Trump ha suggerito: «Puoi semplicemente dire di sì. È più facile. È più facile che spiegare tutto quello che pensi». In dichiarazioni successive, Mamdani ha confermato che le sue opinioni non erano cambiate.
Resta da vedere se l’offensiva di charme di Mamdani riuscirà realmente a rimandare o attenuare l’agenda anti-migranti e repressiva dell’esecutivo, anche se sembra altamente improbabile che Trump limiti l’azione dell’ICE a New York mentre la scatena su Chicago. Consapevole del poco sostegno di cui gode tra le élite governative, incluso nel suo stesso partito, Mamdani sta evidentemente cercando di evitare che la sua agenda municipale socialdemocratica venga sabotata fin dall’inizio. Questo spiega due decisioni recenti che hanno provocato costernazione tra i suoi sostenitori: la riconferma della commissaria della NYPD Jessica Tisch, sostenitrice del broken windows policing e responsabile della repressione delle proteste contro il genocidio; e la sua opposizione al fatto che il leader della minoranza alla Camera Hakim Jeffries, nonostante la sua politica apertamente pro-Israele, il centrismo inefficace e la decisione di unirsi ai repubblicani nel voto a favore di una mozione che condannava gli «orrori del socialismo», potesse essere sfidato da qualcuno più a sinistra.
Se una politica antifascista quotidiana deve mettere radici e costruire un senso comune politico, a livello municipale e oltre, dovrà trovare modi per esercitare pressione dal basso sugli eletti che, anche quando sono tra i più progressisti, sono costretti dal realismo e dall’istinto di sopravvivenza a scendere a compromessi parziali con poteri che stanno avanzando l’agenda dell’autoritarismo. Il compito che ci attende non è solo resistere al fascismo, ma costruire movimenti, istituzioni e forme di potere popolare che attacchino le fonti stesse della sua attrattiva – dall’insicurezza di massa all’impunità delle élite. Non dobbiamo limitarci a lottare contro gli effetti del fascismo, ma smantellarne le cause.
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Alberto Toscano insegna alla Simon Fraser University. È autore di vari articoli e libri sull’operaismo, sulla filosofia francese e sulla critica al capitalismo razziale, di cui è uno dei punti di riferimento nel dibattito internazionale. Per DeriveApprodi ha pubblicato: Tardo fascismo. Le radici razziste delle destre al potere (2024).








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