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Occupare l'immaginario con il Boomernauta

Intervista a Giorgio Griziotti


Occupare l'immaginario con il Boomernauta
Immagine: Bert Theis, From Fight Specific Isola to Isola Utopia, 2015. Collection Bert Theis Archive, Lussemburgo, Milano

L’ultimo gran bel libro di Giorgio Griziotti (Cronache del Boomernauta. Gaia e le metatecniche selvagge, Mimesis, 2023) è un viaggio nel tempo, alle origini della setticemia di Gaia, il pianeta terra, una malattia il cui portato distruttivo nei confronti dell’ambiente e dei suoi abitanti è intimamente connesso all’uso improprio della meta-tecnica da parte degli umani. Un virus presente da sempre, che il sistema capitalistico ha accelerato incredibilmente fino a generare una situazione ritenuta irreversibile. Da questo punto di vista, dice l’autore, gli attivisti della Sfera Autonoma tenteranno di costituire un blocco rivoluzionario multispecie per cercare, tutti insieme, di fare regredire il morbo. Ci riusciranno? Al lettore l’ardua sentenza.

In questa intervista, invece, pur seguendo le Cronache del Boomernauta, faremo il percorso inverso, partiremo dalla fabula per tornare alla realtà, perché le questioni «fantastiche» del libro di Griziotti credo facciano incredibilmente parte della nostra realtà quotidiana. Del resto in un capitolo centrale del libro lui stesso scrive che: «in tali condizioni era ormai impossibile aggrapparsi a una nuova utopia. I segni premonitori erano arrivati quando la fantascienza e in generale la fiction erano diventate incapaci di evadere dalla realtà come nel passato: l’immaginario di scrittori e sceneggiatori non riusciva più a produrle, ma solo a copiare il reale». Allora, possiamo cominciare.

 

 

***


FMP:   Appena ho iniziato a leggere le «Cronache del boomernauta» mi sono venute in mente due cose. La prima riguarda il grande storico francese, George Canguilhem, che spiegava che nei periodi prerivoluzionari le teorie scientifiche, per essere veicolate e diffuse, erano costrette a travestirsi da «religioni». La seconda cosa, in qualche modo vicina alla prima, riguarda il Marx de «Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte», quando dice che gli uomini fanno la loro storia nelle circostanze determinate dai fatti e dalla tradizione «e proprio dalle epoche di crisi rivoluzionaria essi evocano con angoscia gli spiriti del passato per prenderli al loro servizio; ne prendono a prestito i nomi, le parole d’ordine per la battaglia, i costumi, per rappresentare sotto questo vecchio e venerabile travestimento e con queste frasi prese a prestito la nuova scena della storia». Insomma, anche le tue Cronache mi sembrano una sorta di «travestimento», quindi la domanda iniziale: perché hai scelto di parlare dei tuoi temi cari, in generale dello sviluppo capitalistico, adottando lo stratagemma della Fabula? ed anche, secondo te siamo oggi in un periodo «pre-rivoluzionario»?

 

GG: Quanto espresso nel racconto può essere considerato quasi un rovesciamento del concetto di «resurrezione dei morti» descritto da Marx nel 18 Brumaio. Il Boomernauta è già oggi un personaggio del passato ma l’operazione è diversa da quella descritta dal nostro venerato (tris)nonno Karl.  È un vecchio attore che, essendo costretto a viaggiare in altre dimensioni dello spaziotempo,  prende a prestito «i nomi, le parole d’ordine per la battaglia, i costumi» e le macchine di ciò che pensa di aver visto nelle sue peregrinazioni per narrare uno dei possibili scenari futuri.

Per rispondere più precisamente alla tua domanda ti dirò che mi sono ritrovato in questo processo creativo in quel periodo un po’ speciale della prima fase del Covid 19 quando,  in una specie di limbo della sospensione del tempo e nel surreale delle città deserte, c’è stato per me il momento di svolta.

Ormai sappiamo che il Covid è stato solo l’inizio a partire dal quale la sequenza di trasformazione della realtà si accelera bruscamente in un’angosciante fantascienza distopica: la crisi dovuta al deteriorarsi fulmineo dello stato della biosfera, la concretizzazione della minaccia di un’era di guerre fra imperialismi e di guerre neocoloniali genocidarie, il degradarsi della qualità di vita per la grande maggioranza, sono alcune delle manifestazioni tangibili.

Ho percepito il tutto come l’inizio di una nuova fase, forse di una nuova era e le ipotesi sulle quali stavo lavorando sino a quel momento mi sono sembrate di colpo inadeguate rispetto alla nuova realtà in cui vivevamo.

La mia fabula speculativa, come scrive Giuliano Spagnul nella prefazione, è un tentativo di inoltrarsi in un nuovo campo dell’immaginario. Un modo di entrare in un mondo FS, un acronimo che, secondo Donna Haraway, sta per FantaScienza, Femminismo Speculativo, Fabula Speculativa, Fatto Scientifico.

Il Boomernauta è innanzitutto una figura politica, considerando che ha partecipato come militante ai movimenti degli anni sessanta e settanta.  Il suo modo di esporre le vicende del futuro è politicamente orientato e lui non lo nasconde. Ma è anche un «personaggio concettuale», a la Deleuze e Guattari, che opera diagnosi, prospettive e analisi che descrivono un piano di immanenza e che interviene nella creazione stessa dei concetti che lo popolano. Tutto ciò si svolge attraverso diffrazioni dello spacetimemattering [1]  termine cardinale  della filosofia di Karen Barad che indica come queste tre entità emergano attraverso le intra-azioni  – che si producono nell’incontro fra lo sguardo novecentesco del Boomernauta e le vicende di futuri prossimi e reconditi.

La modalità FS offre un margine di libertà rispetto ad una certa «rigidità» della saggistica. Il mio approccio saggistico tecno-sociopolitico forse aveva trovato il suo limite con Neurocapitalismo che era basato sul mio vissuto.

Non saprei dirti se ci troviamo in un periodo pre-rivoluzionario. Tuttavia, nel racconto emergono chiaramente tutte le difficoltà nel fronteggiare un contesto che richiederebbe urgentemente una rivoluzione in grado di fermare la diffusione, apparentemente inarrestabile, della setticemia di Gaia, prima che sia troppo tardi. È chiaro che questa situazione mette in pericolo non solo gli esseri umani, ma anche molte forme di vita sulla Terra, sebbene la sopravvivenza di Gaia stessa non lo sia. Si pone immediatamente la grande sfida, per esempio, di superare il dogma newtoniano, così caro al capitale, di una realtà basata su una materia inerte e misurabile, in cui solo gli umani (noi diremmo piuttosto: le classi dominanti) hanno il potere di agire. Non è possibile a mio parere, immaginare una rivoluzione che agisca ancora dentro il quadro concettuale delle rivoluzioni del XX secolo.

Abbiamo bisogno dell’emergenza di una teoria basata su un’ontoepistemologia che corrisponda a una realtà radicalmente e drammaticamente diversa da quella dell’era precedente. Non è facile visto che è già passato un secolo dalle prime rivelazioni della fisica quantistica che ha reso obsoleta quella newtoniana. Magari anche i tentativi di occupare l’immaginario ci possono aiutare. E poi questa teoria esisterà solo avendo in sé la forza di tradursi in una prassi che non potrà che essere rivoluzionaria, vista la gravità della situazione.

 

 

FMP:Una curiosità: nel breve capitolo che chiude la prima parte del libro, dal titolo «Solo i nostri nemici ci capiscono», a proposito di «quella parte di classe politica, giudiziaria e mediatica che aveva fatto fortuna e prosperato su quella lontana sconfitta dei loro coetanei» scrivi che «ora in tarda età si compiacevano di avere questa opportunità di riallacciare i rapporti (di forza) a parti invertite. E non era poi tanto diverso dal ritrovare vecchi amici, partiti lontano e fatti rientrare per forza, per poi rievocare i bei tempi sui media mainstream. Insomma fra coetanei implicati nelle stesse vicende distanti non c’erano tante difficoltà di comunicazione ci si poteva capire senz’altro e questo era bello e gratificante per gli uni, un po’ meno per gli altri». Immagino che quanto dici ti sia capitato nella tua esperienza di vita, o perlomeno hai avuto modo di notare questo fenomeno. Me ne vuoi parlare? Vuoi fare degli esempi (indipendentemente dai nomi e cognomi)?

 

GG: Nel racconto c’è un riferimento alle vicende di certɘ rivoluzionari(e) che hanno vissuto l’epopea del lungo ’68 italiano e in particolare alla tragedia d’una sconfitta generazionale in un paese in cui la perversità diffusa si concentra, come la radioattività nei funghi, nelle classi dirigenti politiche, mediatiche ed economico-finanziarie. Nella frase da te citata, il Boomernauta usa una pesante ironia per denunciare la strumentalità con cui questa classe padrona, anche dopo mezzo secolo, continua ad infierire sugli sconfitti per fini carrieristici ed elettoralistici. C’è un episodio abbastanza recente che sembra corrispondere bene al racconto. Si tratta della vicenda degli-delle italianɘ, in media nonnɘ ultrasettantenni, rifugiatisi in Francia da 40 o più anni, di cui il governo italiano, con una perseveranza degna di miglior causa, ha chiesto per decenni l’estradizione sino alla sentenza finale di rifiuto emessa dalla giustizia francese del 2023. Una sentenza basata sul principio di diritto europeo che il danno arrecato a queste persone sarebbe stato molto più grave del beneficio ai cosiddetti «parenti delle vittime», il veicolo usato da una casta dirigente allo sbando di un paese smarrito nel suo declino. Mentre scrivo queste righe giunge un’ulteriore conferma minore di questo immutabile comportamento.  In occasione della scomparsa di Barbara Balzerani, ex BR (27 anni in carcere) e scrittrice di grande talento e sensibilità, la docente di filosofia Donatella di Cesare, internazionalmente riconosciuta, ha espresso la sua commozione sui social con una frase di solidarietà generica rivolta alla causa rivoluzionaria. La Casta Perversa, compatta nell’abituale fronte unico, che va dai fascisti al PD, rimasta senza argomenti sulla vicenda francese, ha avidamente afferrato questa opportunità ripetendo la solita litania di insulti e minacce concrete contro ogni presunta simpatia per la generazione rivoluzionaria del Boomernauta, mentre nello stesso tempo appoggia ed aiuta il genocidio dei palestinesi.

 

 

FMP: Un capitolo del libro è dedicato alle Tecnologie degli Affetti Multispecie (TAM), definite come un sistema tecnologico di interazioni e connessioni emotive fra umani e nonumani. Puoi dirci come ti è venuta l’idea delle TAM? Aggiungo che, al termine del capitolo, scrivi che «si adottò per le TAM lo stesso approccio utilizzato per il free software: succhiare il miele prodotto dal General Intellect, peraltro in grande declino rispetto ai tempi in cui il (tris)nonno Karl ne aveva rilevato l’esistenza». Cosa intendevi dire parlando del grande declino del General Intellect? E’ solo un escamotage letterario o ritieni che questo declino sia presente?

 

GG: Le Tecnologie degli Affetti Multispecie sono uno dei mezzi che la Sfera Autonoma adotta per tentare di far fronte alla gravità della setticemia di Gaia. Questa grave infezione è causata dal morbo nekomemetico, un virus immateriale che colpisce gli esseri umani e si manifesta attraverso un particolare comportamento patologico distruttivo dell'ambiente. In altre parole, si tratta di una spasmodica ricerca umana di rientrare a far parte di Gaia, con l'obiettivo di ribaltare l'orientamento attuale della tecnoscienza, guidato dal binomio Stato-capitale e sempre più caratterizzato da guerra, distruzione e accumulazione.

Per quanto riguarda il General Intellect il Boomernauta si riferisce a un periodo che fa seguito a quello in cui siamo vivendo. A questo proposito, viene da chiedersi oggi come spiegare che nel XX secolo ingenti movimenti di massa costituiti da tante persone poco istruite se non analfabete siano riusciti a realizzare grandi rivoluzioni mentre nel XXI, nonostante i continui exploit tecnologici ed uno spettacolare innalzamento dell’istruzione media globale, si stia ricadendo nell’abisso del populismo fascista; per di più il fenomeno sembra ancora più accentrato nei paesi più ricchi.  Non so se questo fatto giustifichi il proposito sul «grande declino del General Intellect»; tuttavia la situazione contemporanea conferma che i tanto vantati sviluppi tecno-scientifici non solo non portano di per sé alcun progresso sociale, ma anzi possono essere usati per approfondire la regressione individualista/egoista  in cui siamo immersi.

Il proposito del Boomernauta fa riferimento anche alla big delusion del free software, per dirla con Morozov. Evidentemente anche lui, come molti di noi, aveva sperato che la grande epopea del free software non venisse, come tante altre pratiche alternative, completamente recuperata ed integrata alla produzione capitalista. 

Nel proseguimento del racconto, il Boomernauta attenua leggermente la sua affermazione precedente, spiegandoci che gli attivisti della Sfera Autonoma riescono, almeno per un certo periodo, a recuperare il controllo di tecnologie strategiche.  L’obiettivo è di utilizzarle come piattaforma tecnologica per entrare in una fase di creazione di un comune che provochi una recessione della setticemia di Gaia. Una co-creazione costituita dalle intra-azioni di umani, nonumani, materia e tecnologie (macchine) che intraprende un tentativo rivoluzione multispecie.

 

 

FMP: Verso la fine del libro c’è un breve capitolo molto suggestivo dal titolo ”Wormhole» (un tunnel spaziale che collega due diverse regioni dello spazio tempo), nel quale si narra che il Boomernauta si trova in un futuro imprecisato in cui incontra dei clan che gli fanno dei racconti per lui particolarmente preziosi. Tra cui «il timore di incappare in zone-trappola in cui ogni individuo perdeva la propria identità e la propria essenza. Queste zone erano caratterizzate da una iper-sollecitazione dell’attenzione, con visioni vorticose di dettagli insignificanti che rendevano impossibile concentrarsi. Le persone venivano sopraffatte da emozioni sconosciute, di origine indeterminata, che le confondevano e le destabilizzavano e infine la loro volontà veniva prima indebolita e poi si affievoliva fino a quasi scomparire». Questo brano mi riporta alla mente il tuo concetto di Bioipermedia (in Neurocapitalismo) ed anche molti altri studi e ricerche sull’attenzione che potremmo definire «preoccupanti». Vorrei adesso chiederti: quanto questo brano, secondo te, è distante dal reale? quanto invece fa parte del nostro quotidiano?

 

GG: Il Wormhole trasporta il Boomernauta in un futuro indefinito e molto distante dalle vicende del XXI e del XXII secolo, che costituiscono le parti centrali del libro. Questa è l'opportunità che gli permette di sciogliere alcune incertezze sul futuro dell'umanità e di Gaia, e di scoprire le condizioni di vita neoprimitiva dei pochi sopravvissuti rimasti «liberi».  La tua citazione fa riferimento al loro timore di cadere in misteriose zone-trappola che li priverà di questa libertà.  Nella trascrizione del racconto non mi sono reso conto che questa condizione potesse far pensare, come tu giustamente osservi, all’egemonia che le piattaforme del capitalismo esercitano da tempo nel bioipermedia[2]. Si tratta però di una situazione capovolta rispetto al nostro quotidiano contemporaneo poiché sono altre componenti di Gaia che esercitano questa egemonia per impedire agli umani di causare nuovi collassi.

D’altronde, ritengo che anche in altri passaggi del racconto si nascondano tra le righe considerazioni, allusioni, indicazioni concettuali che non emergono in prima lettura. E questo vale anche per me. Per esempio solo ora mi sto veramente rendendo conto che le TAM e le altre tecnologie, descritte dal Boomernauta e utilizzate dalla Sfera Autonoma, sono macchine affettive-discorsive-materiali che, agendo in uno intreccio inscindibile (entanglement) con tutte le componenti di Gaia, tentano di sovvertire un presente calamitoso. Il racconto quindi sembra iscriversi nella corrente di pensiero di un nuovo materialismo, di un Postumanesimo critico femminista, di cui fanno parte Donna Haraway e Karen Barad. Ma è una verifica che sto facendo a posteriori, e di cui il Boomernauta era più cosciente di me. 

 

FMP: Arriviamo al termine del libro cercando di non spoilerare il finale. A tal fine semplifico molto: un ruolo determinante lo mantengono i «nonumani» (l’insieme del nonumano che fa parte di Gaia comprese le forme evolute di Intelligenza Artificiale) che consentono agli umani di continuare a vivere, ma come «neoprimitivi», perché l’utilizzo che hanno fatto della meta-tecnica è stato disastroso. Ad una lettura veloce, superficiale, si potrebbe pensare che ritieni che siano terminate oggi le possibilità di civilizzazione. Ma non credo, forse sbaglio, che tu voglia dire questo. Vuoi argomentare? 

 

GG: Nella risposta precedente ho anticipato parzialmente la condizione dei neoprimitivi a cui ti riferisci. Nel racconto non ci sono affermazioni definitive rispetto alla civilizzazione. Come arguisce Giuliano Spagnul nella prefazione, nel viaggio del Boomernauta «che srotola uno dei tanti fili immaginabili da un lontano passato a un incerto futuro oltreumano, si esercita quella “pratica di modellamento” co-creazione rischiosa di cui ci parlava Haraway e che ci impone al posto di rispondere alle domande, di interrogare le domande stesse. Non come facciamo a sopravvivere, ma perché dovremmo sopravvivere». 

Che questo possa prestare il fianco a un nichilismo ormai più che scontato è inevitabile, quanto oggi è inevitabile assumere che le pratiche rischiose del racconto siano un passaggio necessario «per trovare nuovi valori, non più assoluti, ma che nella loro parzialità possano dirsi situati nella vita, nell'ambiente, nei rapporti con gli altri esseri umani e non. Valori capaci di creare un mondo che nel suo continuo ricrearsi metta in grado la realtà di poter durare ancora». Questa è la conclusione di Spagnul e credo che abbia centrato in pieno il punto.

Io, da buon ingegnere, cercherei di completare la risposta alla tua domanda sulle possibilità di civilizzazione con un approccio più materialista ma altrettanto dinamico, considerando che la materia non è inerte ma ha una sua agentività. La questione, a mio parere, si pone innanzitutto sul significante civilizzazione. Se questo termine fosse confinato all’insieme delle pratiche discorsive-materiali che hanno caratterizzato l'evoluzione dell'umanità fino al punto catastrofico attuale allora credo sinceramente che non ci sia via d’uscita. Il Boomernauta si è reso conto di ciò proprio nell'episodio dell'incontro con i neoprimitivi in un futuro lontano. Dopo aver criticato il concetto di civilizzazione, ne menziona un altro: quello di «biocenizzazione»: «La biocenizzazione sembrava essere il risultato di una lotta vinta contro la sepsi di Gaia, anche se nel lungo periodo del suo emergere nelle reti della vita, molte specie, generi e famiglie si erano spente o fortemente indebolite, come era successo per quella umana».

 

FMP: Il Boomernauta viaggia nel tempo, incontra soggetti, umani e non, nuovi mondi e tecnologie speciali. Osserva anche una lotta determinante, tra la Gov neolib (che diventerà Gov Q) e la Sfera Autonoma, ossia la galassia di movimenti provenienti dal basso.

Ritorniamo un momento alla storia reale. Un tempo, come sai, la Sfera Autonoma, nonostante i diversi gruppi da cui era formata, aveva comunque qualcosa di unificante, se non altro per il fatto di muoversi nell’ambito della lotta di classe, quindi l’identificazione di un comune nemico. Oggi, al contrario, questa dimensione è più sfumata, dal momento che spesso si lotta per obiettivi particolari che non sempre incidono al livello del «modo di produzione capitalistico». Qual’è il tuo pensiero in merito? Cosa credi che, oggi, possa far diventare più efficaci le tante lotte della Sfera Autonoma?

 

GG:      La mia prima osservazione è che forse l'obiettivo da porsi non è solo quello di impattare il «modo di produzione capitalistico». Proprio a questo proposito il racconto cerca di mettere in evidenza che non ci sono vie d'uscita, rivoluzionarie o meno, dall'impasse della setticemia di Gaia che possano essere attuate esclusivamente dagli umani. L'impresa rimarrà un'utopia finché non saremo in grado di far crollare lo scenario antropocentrico e teologico che ha radici nella filosofia occidentale sin dai tempi di Aristotele. In questa visione liberal-newtoniana l’umano è l’agente dominante in una realtà costituita da una «natura» al suo servizio e da una materia inerte. Quest’ultimo presupposto sulla non-agentività della materia è stato scientificamente confutato dalla fisica quantistica, e purtroppo anche quando, a partire da Alamogordo e poi Hiroshima, il più piccolo dei più piccoli frammenti, il cuore dell'atomo è stato rotto con una tale violenza che ha scosso la terra e il cielo. Tuttavia le grandi forze del sistema della Gov Neolib (quella che governa il sistema mondo) sono pronte ad ogni distruzione, compresa quella atomica, pur di impedire il crollo dello scenario mortifero in cui viviamo.

A questo proposito vorrei citare il proclama della Sfera Autonoma nel racconto del Boomernauta: «Non avevamo capito che il morbo nekomemetico esisteva da tempi remoti mentre il capitalismo, nella storia dell’umanità ed ancor più in quella di Gaia, è solo una breve e feroce parentesi che ha aggravato la situazione sino a renderla critica. Solo quando ci siamo accorti del nostro errore d’inversione di causa ed effetto abbiamo intuito che la nostra strategia non avrebbe mai funzionato.  Piuttosto di cercare di farla finita con il capitalismo in uno scontro frontale dal dubbio esito per arrestare globalmente la pandemia – ammesso che ormai fosse possibile fermare la totalità di un apparato così vasto, articolato, mortifero e complesso – dobbiamo cercare di vincere la pandemia non solo per farla finita con il capitalismo ma per evitare vie d’uscita caotiche, autodistruttive ed in fin dei conti suicide. C’è ancora una dernière chance che dobbiamo assolutamente cogliere per smentire la falsa profezia antropocentrica secondo la quale sarebbe più facile immaginare la fine del mondo che non la fine del capitalismo e questo non può che passare attraverso l’alleanza delle classi umane dominate con le altre componenti di Gaia».

Tornando all'attualità, è importante sottolineare che la presa di coscienza di questa situazione riguarda soprattutto la Sfera Autonoma ed i movimenti provenienti dal basso. Come hai giustamente evidenziato, spesso si combatte per obiettivi specifici che non sempre influenzano direttamente il «modo di produzione capitalistico».  Ed è altrettanto vero quanto afferma Maurizio Lazzarato, autore di una delle analisi geopolitiche contemporanee più coerenti, che le lotte e le pratiche alternative e antagoniste si scontrano ovunque con il pugno di ferro del comando capitale-Stato, che reprime tali movimenti non appena percepisce anche il minimo segnale di pericolo, che sia reale o immaginato. Purtroppo però, richiamare le lotte di classe del XX secolo e la straordinaria capacità politica del compagno Lenin non è più sufficiente come unico antidoto. Molti hanno tentato questa strada, ma non funziona più come una volta. Le ragioni sono molteplici, legate allo sconvolgimento di Gaia evocato in precedenza, e ci sono anche quelle storiche: la vittoria strategica del capitalismo sui movimenti rivoluzionari globali del ’68, consolidata dal crollo del blocco sovietico nel 1989, il condizionamento delle soggettività di diverse generazioni ad un individualismo egoistico durante mezzo secolo di neoliberismo quotidiano, e infine il grande tradimento di una ex-sinistra alleata al capitale. Questi fattori, insieme ad altri, impossibili da trattare qui in modo esaustivo, hanno condotto a una progressiva egemonizzazione delle forme di rivolta delle classi subordinate da parte delle forze populo-fasciste, alleate del capitalismo. In assenza d’una prospettiva rivoluzionaria di rovesciamento dello scenario liberal-newtoniano le forze reazionarie hanno campo libero nell’incitare le masse a proteggere egoisticamente la propria miseria relativa di fronte all'avanzare di un caos climatico e sociale globale. Salvo Nanni Moretti è difficile credere al «sol dell’avvenire»[3] d’una molto ipotetica vittoria (finale? definitiva? globale?) sulla Gov Neolib, che per di più possa miracolosamente guarire Gaia con un colpo di bacchetta magica. Di fronte ad una situazione tanto compromessa molti di noi abbassano le braccia e qualcuno proclama addirittura che ogni lotta sarà vana. È possibile che sia così, ma non lasciar presa è una questione ontologica.  Anzi, forse questo è il momento opportuno per cercare di liberare l’immaginario dalla terribile tenaglia individualista in cui è stato saldamente imprigionato. Questo è il messaggio del Boomernauta. 



Note

[1] Il termine «spacetimemattering» di Karen Barad è una parola creata per descrivere il modo in cui la materia e lo spaziotempo emergono attraverso le intra-azioni e siano intrinsecamente legati. Il concetto fa parte della teoria filosofica dell’Agential Realism.

[2] il Boomernauta conosceva il concetto cfr. nota 6 a P. 25.:  «Con mio grande compiacimento mi accorsi che il Boomernauta nonostante le sue peregrinazioni aveva letto Neurocapitalismo ed anzi per un momento mi illusi che fosse per questo che mi aveva fatto visita. In ogni caso riporto qui il passo del libro relativo al “concetto di bioipermedia  che nasce per definire l’insieme delle continue interconnessioni e  interazioni dei sistemi nervosi e dei corpi con il mondo tramite il complesso dei dispositivi, delle applicazioni e delle infrastrutture reticolari. Per estensione la sfera bioipermediatica diventa l’ambito in cui la compenetrazione delle coscienze umane con queste tecnologie diventa talmente intima da generare una simbiosi in cui avvengono modificazioni e simulazioni reciproche”». 

[3] Titolo del film di Nanni Moretti del 2023


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Francesco Maria Pezzulli sociologo e ricercatore indipendente. Ha insegnato presso l’Università La Sapienza di Roma e svolge attività di ricerca e inchiesta nel Laboratorio sulle Transizioni, il mutamento sociale e le nuove soggettività dell’Università degli Studi di Roma Tre. Si occupa delle tematiche inerenti lo sviluppo capitalistico e il mezzogiorno italiano.


Giorgio Griziotti è stato uno dei primi ingegneri informatici usciti dal Politecnico di Milano. Ha acquisito in seguito una lunga esperienza nel campo delle TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione). La sua partecipazione al movimento autonomo italiano negli anni Settanta lo ha posto nella condizione di svolgere gran parte della sua attività professionale all’estero. I suoi più recenti saggi sono apparsi nelle opere collettive: Creative Capitalism, Multitudinous Creativity, Lexington Book, Londra, 2015, La Moneta del Comune, Alfabeta2-Derive&Approdi, Roma, 2015. È uno degli animatori del collettivo internazionale «Effimera».

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