top of page

Visioni. avventure nell’arte contemporanea



Pubblichiamo una recensione di Simona La Neve all’ultimo lavoro di Manuela Gandini, Visioni Avventure nell’arte contemporanea (Haze, 2022).


* * *



Una potente sintesi tra corpi e tecnologia, un diario privato che si trasforma in rubrica giornalistica, caffè zuccherato con il sangue e «nuovi modi di stare nel quotidiano» tramite i protagonisti più recenti dell’arte contemporanea. La critica e curatrice Manuela Gandini trasforma un gesto rituale di sopravvivenza intima, in uno pubblico, collettivo e catartico fino a divenire carta in Visioni. Avventure nell’arte contemporanea (Haze, 2022). E così mentre i giorni di maggio 2020 per il nostro Paese sono già l’inaugurazione distopica di libertà associate a nuove norme di comportamento, il testo di Gandini ci mostra visioni diariali numerate dalle date, incastonate nel formato del «post» digitale. Un testo che è conquista di tattiche di sopravvivenza, strategia capace di dissacrare gli statuti dello scrivere tradizionale, nel periodo in cui alcune penne dell’arte tacciono, i white cube sono desolati e i corpi biascicano.

Le «storie plurali dell’arte contemporanea» sono impreziosite nel libro da immagini e Qr-code, singoli contributi che troviamo tra le 238 pagine e che restituiscono la natura digitale della placenta in cui si è sviluppata questa raccolta. Mesi prima – ce lo racconta l’autrice – le palpebre non si accucciano per il riposo e Gandini inizia a scrivere testi sull’arte come «cura dell’anima, rinascita e trasformazione dell’immaginario». Dapprima i testi sono indirizzati all’amica anestesista rianimatrice al San Gerolamo di Monza e due mesi dopo, divengono fatto collettivo di condivisione più ampia. Sono aneddoti di ricerche, interviste, tratteggio di artisti nel loro contesto, riorganizzazione della memoria dell’autrice che restituisce le sue «divinità benevolenti affacciati alle nuvole» a chiunque abbia il tempo – e ne abbiamo avuto – di canalizzare attimi di caffè in modalità differenti. Così si mimetizzano – dietro la liturgia sociale sanguinosa del pandemico – nomi potentissimi da togliere il fiato come tra altri Marina Abramović, Joseph Beuys, Frida Kahlo, Paul Klee, Yves Klein, Andy Warhol. Nonostante viene poi compiuto un lavoro quasi archivistico per ristabilire il profilo di alcune donne nell’arte, del recente e, meno recente passato, la raccolta è però più diversificata e ricca. Ci sono personalità dell’arte, dello spettacolo, politica quotidiana del Paese e grandi temi internazionali, in un «giorno per giorno» che scoperchia quel «mosaico intra-temporale» introdotto nelle prime pagine del libro. Se al principio artisti contemporanei tra loro condividono lo stesso spazio di carta, con il passare delle pagine diariali, si arriva allo «scompiglio scritturale» che accoppia, divide e moltiplica possibilità in un metodo storico-filologico cangiante. Edvard Munch è ad esempio posto al fianco del poeta della Beat generation Allen Ginsberg. A sua volta, l’Icaro dell’espressionismo astratto di Henri Matisse è raccontato, invece, nella stessa posa grafica dell’universo di Patti Smith, «da Coney Island a Manhattan». Vengono poi proposti segnali molteplici di quella che ci viene raccontata come un’arte che individua presagi. Ce lo diceva Nanni Balestrini, nella consapevolezza dei disagi del nostro tempo, ma anche René Magritte, negli uomini sospesi a mezz’aria, distanti, come in procinto di seguire profeticamente la normativa del distanziamento in Golconda (1953), o Aldo Mondino con la serie Dervisci (1993) negli uomini matematicamente uniti da polarità in antitesi. Le tre artiste lituane del gruppo Neon Realisme alla scorsa Biennale di Venezia, vincitrici del Leone d’Oro, sembrano poi proporre indizi di ciò che avverrà negli spazi pubblici. Segregazione nella vicinanza, ridondanza e unguenti sulle mani. Se «viene rimproverata all’arte contemporanea la capacità di cogliere il presente, forse addirittura di guardarlo, e tanto più di disseppellire il futuro»[1], alcuni artisti sembrano aver concepito le loro ricerche proprio come nodi temporali. E, in un’insolita risposta alle litanie dei telegiornali, l’autrice ce ne mostra molti. C’è l’aria racchiusa in un’ampolla di Duchamp, i volti coperti che evocano la profetica cancellazione dell’identità visuale tratta dai lavori di John Baldessari, gli Achrome dedicati al pane di Piero Manzoni. Sono storie sincroniche concesse in spazi scritturali sempre più dilatati, fino a divenire libro. Il testo prosegue così, agile, pulsa di dolore senza soccombere, in un arco temporale in cui tutto accade al nostro pianeta. Tra scandali trampiani nelle fondamenta della democrazia americana, l’uccisione di George Floyd, figlio di una generazione di mostri ancora vivissimi e, voci in filodiffusione che ci ricordano il bilancio disastroso di un’epoca. È così che l’autrice, mentre gli spazi della cultura sono disabitati, accede come una messaggera e portavoce, nei luoghi simbolo degli anni recenti, accostati anche ad altri privati. Sono occasione di visioni antropologiche e caffè ristretti. La casa di Yoko Ono o di Rosa Parks – colei che si rifiuta nel 1955 di cedere il posto su un autobus a un bianco – o spazi più simili a un’azione situazionista come Gallery Night, opera ambientale dell’artista Milli Gandini, madre dell’autrice. Visioni. Avventure nell’arte contemporanea ci concede artisti e luoghi che, come unguento, si sostituiscono a quello dei morti per Covid19 e all’Amazzonia che brucia d’estate. Il problema dei valori è perciò al centro di molti contributi, per frammenti, mentre altri fanno da scenario distopico. Non ci si riferisce ai valori in senso etico ma a quel qualcosa con cui dobbiamo fare i conti prima o poi. Quanto può guardare dietro nel tempo l’ «angelo della storia» di Paul Klee mentre si veste di un ruolo archivistico e d’inchiesta, a stretto giro con la violenza e la morte? In una detonazione di contenuti, Visioni. Avventure nell’arte contemporanea, cerca perciò la risposta dove risiede malattia e medicina: nell’ambiente virtuale e nelle pagine del recente passato. Questa è un’opera trasgressiva invero proprio perché utilizza lo spazio digitale Facebook e Instagram e, solo dopo, la sua restituzione sfogliabile. In una deflagrazione dell’inconscio del pensiero intellettuale perbenista contemporaneo, che esclude lo spazio social, come luogo d’intellettualizzazione per eccellenza del pensiero critico, Gandini snocciola strategie per sviluppare differenti possibilità di contrapposizione binaria. Salute-malattia, vita-morte, cultura egemone-cultura subalterna e, al contempo spazio virtuale-spazio reale. È la scelta che Gandini compie arrivando al cuore della differenza tra «cultura» e «vita quotidiana». E questo lo ottiene studiandola questa differenza, ponendoci un rimedio e divenendo operatrice militante. D’altronde l’autrice, che ha collaborato anni per «Il Sole 24 Ore», «La Stampa» e «Diario», durante le guerre balcaniche è a Sarajevo con il Gruppo Trio. Nella visione di metà dicembre 2020 dichiara: «L’arte, durante la guerra, era la cosa più radicale che si potesse fare»[2]. E oggi? Cosa fare oggi che esseri microcellulari e gigantomachie del potere e della violenza politica ci spingono verso una graduale armonia della crudeltà – ancor più capitalista sotto la docile espressione «forza di legge»? È urgente attivare la selezione di nuove tattiche di sopravvivenza alla «quotidianizzazione» della fine del mondo. Questo di Gandini è un valido tentativo tramite i filtri cangianti dell’arte che sa prevedere e offrire patrimoni inversi alla disperazione. Artisti, poeti, letterati, musicisti, continueranno a nascere, parlare e suonare note che armonizzino con la vita anziché flirtare con la morte degli altri – suggerisce l’autrice di Visioni. Avventure nell’arte contemporanea. Allora qual è il senso del nostro attaccamento al corpo mentre esso stesso si oppone all’idea di eternità e, si mescola al nostro spirito divorato? L’arte è un mezzo. Affidarsi all’arte, alla cultura, per sbarrare gli occhi e riconoscerci tra morti viventi.



























[1] C. Bishop, (2013) Museologia radicale. Ovvero, cos’è «contemporaneo» nei musei d’arte contemporanea?, Johan & Levi, Monza 2017, pp. 23-34. [2]. M. Gandini, Visioni. Avventure nell’arte contemporanea, Haze-Auditorium, Milano 2022, p. 147.

bottom of page