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Tette al popolo

L'immagine della donna nella Rivoluzione Francese


Olympe de Gouges, nome d’arte della scrittrice Marie Gouze, fu l’esponente più in vista tra le molte militanti rivoluzionarie che alla lotta contro l’ancien régime unirono quella per i diritti delle donne. Allo scoppio della rivoluzione, Olympe aveva nutrito grandi speranze e proclamato: «La donna pretende di beneficiare della Rivoluzione e di reclamare i suoi diritti all’eguaglianza!». La rivoluzione la deluse molto presto. Solo due anni più tardi, lamentò: «Questo sesso disprezzabile e rispettato, è diventato dopo la rivoluzione rispettabile e disprezzato». Non per questo Olympe si arrese. Nel Postambule della sua Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (14 settembre 1791) scrisse:


Donna, svegliati; la campana a martello della ragione risuona in tutto l’universo; riconosci i tuoi diritti. Il possente impero della natura, non è più assediato dai pregiudizi, dal fanatismo, dalla superstizione e dalle menzogne. La bandiera della verità ha dissipato tutte le nuvole dell’inganno e dell’usurpazione. L’uomo schiavo ha moltiplicato le sue forze, ha avuto bisogno di ricorrere alle tue per spezzare le sue catene. Diventato libero, è diventato ingiusto contro la sua compagna. O donne! Donne, quando cesserete di essere cieche? Quali vantaggi avete avuto dalla rivoluzione? Un disprezzo più marcato, un disdegno più evidente. (…) Qualunque siano le barriere che vi si oppongono, è in vostro potere abbatterle; basta che lo vogliate.


Già nel Preambolo si era rivolta ai rivoluzionari maschi per sollecitarli a meditare sulle proprie responsabilità riguardo alla condizione di sudditanza delle donne.

Uomo, sei capace di essere giusto? È una donna a porti la domanda; le riconoscerai almeno questo diritto. Dimmi, chi ti ha dato il potere sovrano di opprimere il mio sesso?

Nella propaganda rivoluzionaria, l’abuso nei confronti delle donne era stato riconosciuto, ma raffigurato in modo a dir poco ipocrita, come risulta dalla seguente immagine (fig.1) intitolata appunto Il Grande Abuso.


Fig.1


Questa immagine riadatta alla donna una più volte replicata figurazione simbolica del contadino sulle cui spalle gravano un prete e un aristocratico. In questa variante la donna del popolo viene usata come bestia da soma da una suora e una nobildonna. L’oppressione della donna è dovuta ad altre donne. L’ingiustizia sociale viene ripartita per genere. Da notare: la donna del popolo ha le tette di fuori.

Olympe de Gouges nel 1793 venne condannata alla ghigliottina per cospirazione contro-rivoluzionaria. Il Feuille du salut public, un organo semiufficiale, così chiosò l’esecuzione:

È acclarato che se la legge ha punito questa cospiratrice, è stato perché lei aveva dimenticato le virtù che si addicono al suo sesso.

La protesta di Olympe non era stata affatto un caso unico ed eccezionale. Molte doglianze erano state presentate dal 1789 al 1793 contro la diseguaglianza economica tra uomini e donne nei conventi, contro il dispotismo dei padri di famiglia, per l’istruzione delle fanciulle, per l’autonomia legale dopo i 21 anni, per il divorzio. Alcune di queste ottennero dei risultati: in merito ai diritti di successione (legge costituzionalizzata nel 1791), allo stato civile e al divorzio (legge adottata nel settembre 1792), al diritto all’istruzione (1793). Ma le conquiste sul piano di principi, non avevano dato luogo a rilevanti conseguenze pratiche: in tribunale restava difficile ottenere giusti riconoscimenti sul piano della successione; la legge sullo stato civile e sul divorzio era stata soggetta a restrizioni, abolizioni e ridefinizioni successive fitte di limitazioni. Quanto al diritto all’istruzione, va osservato che al tempo, le donne analfabete in Francia erano almeno il 70%. A Landeville, nei Volsgi, su 36 matrimoni registrati negli anni tra il 1715 e il 1730, 23 mariti sono in grado di firmare con il loro nome, mentre 32 donne firmano con una croce. Il problema sociale è vistoso, e sono le donne colte, borghesi e aristocratiche, ad avvertirlo come grave, rivendicando per le altre quella relativa emancipazione che hanno già ottenuto, anche se tali rivendicazioni non riescono a definire un piano organico per il miglioramento della condizione femminile.

Quanto alle rivoluzionarie militanti, vennero più che caldamente invitate, dopo la rivoluzione, a tornare al loro abituale ruolo di mogli e di madri. Il 30 ottobre 1793, l’Assemblea vietò i club femminili. Per protesta, l’attrice Claire Lacombe che nel maggio aveva formato con Pauline Léon e Théroigne de Méricourt la Società delle donne rivoluzionarie repubblicane, si presentò al consiglio comunale di Parigi con il berretto frigio. Il presidente Pierre Chaumette l’apostrofò così:


È orribile, innaturale, per una donna voler diventare un uomo. Da quando è diventato decente per una donna abbandonare i suoi pii compiti domestici e la cura dei bambini, per radunarsi in luoghi pubblici e schiamazzare dalle gallerie? (…) Il vostro dispotismo è l’unica forza cui non possiamo resistere, perché è il despotismo dell’amore, opera della natura. Nel nome della natura stessa, state al vostro posto.


Il 20 maggio 1795, la Convenzione escluse delle donne dalle assemblee, se non accompagnate ciascuna da un uomo. Il 23 maggio decretò:


Tutte le donne devono rientrare alle loro case, fino a nuovo ordine. Quelle che verranno sorprese per strada, in gruppi di più di cinque, un’ora dopo l’emissione di questo ordine, saranno disperse con la forza e in seguito arrestate finché sia ristabilito l’ordine pubblico a Parigi.


Il ritratto ideale della donna repubblicana, è quello della giovane madre che allatta (fig.2) e della Carità che assiste la numerosa prole (fig.3).


Fig. 2; sotto, fig. 3


Mary Jacobus nel suo saggio Incorruptible Milk: Breast-feeding and the French Revolution, incluso nell’antologia Rebel Daughters: Women and the French Revolution (Oxford University Press, New York, Oxford, 1992), considera, nell’iconografia rivoluzionaria francese, l’improvviso fiorire del seno nudo e più specificamente del seno materno, proprio mentre gli uomini al potere negavano diritti alle donne. Parte da un orgoglioso proclama inviato nel 1791 all’Assemblea Nazionale dalle donne di Clermont-Ferrand:

Noi facciamo succhiare ai nostri bambini un latte incorruttibile, e che noi depuriamo a tale effetto, con lo spirito naturale e gradevole della libertà.

Questa rivendicazione polemizza contro il vezzo delle donne aristocratiche di affidare l’allattamento alle balie? La rivoluzionaria provvede da sola: in questo sta l’incorruttibilità del latte? In realtà, osserva la Jacobus, l’affidamento alle balie era praticato anche tra le donne che lavoravano nell’artigianato cittadino, le donne di condizione inferiore allattavano personalmente per il semplice motivo che non potevano permettersi una balia, oppure lavoravano come balie. Il proclama andrebbe dunque letto in altro modo, e cioè come la rivendicazione di un ruolo primario nelle relazioni famigliari e sociali: l’allattamento diretto crea una relazione intima tra madri e figli, ed esprime un legame naturale che va affinato con il gusto per la libertà. L’incorruttibilità starebbe nel contemperare il clima di una società libera con la natura del rapporto fisico da persona a persona, o meglio da persona che nutre persona, cioè che si occupa degli altri. Quando per spiegare una frase si deve ricorrere a tali e tante spiegazioni, viene il sospetto che le si attribuiscano troppi significati. Credo assai più probabile che le donne di Clermont-Ferrand rivolgendosi all’Assemblea, al di là del tono enfatico, avessero semplicemente voluto dire: ricordatevi delle madri!

Tuttavia l’interpretazione della Jacobus getta luce sulle rappresentazioni allegoriche della donna a seno nudo e della donna nutrice, che proliferano nel periodo rivoluzionario. In una di queste immagini (fig.4) si rappresenta La Francia Repubblicana che Offre il suo Seno a tutti i Francesi.


Fig.4


L’immagine, più seduttiva che materna, esplicitamente patriottica e di gusto neoclassico, anticipa La Libertà che guida il popolo (1830) di Eugène Délacroix, simbolo della Repubblica, a tette scoperte, scalza, con il berretto frigio, tricolore nella destra, fucile a baionetta nella sinistra (fig.5).


Fig.5


Ora: il berretto frigio, come si è visto, era stato negato alle donne, tanto quanto l’uso delle armi, ma come rinunciare alle tette scoperte? Fanno amazzone, fanno madre, e fa sempre piacere vederle.

In un medaglione del 1793 che reca la scritta Régéneration Française (fig.6), si rappresenta il monumento di una sorta di sacerdotessa egizia che sprigiona zampilli di latte dalle tette, cioè La Fontana della Rigenerazione da elevare sulle rovine della Bastiglia e riprodotta anche in stampe e quadri (fig.7).


Fig.6


Fig.7


Jacobus riporta il commento di un osservatore d’epoca, sconcertato dalla stravagante divinità femminile:

Vorrei proprio sapere perché è pettinata in quella foggia. Siamo Francesi, e col pretesto che siamo stati corrotti nei costumi morali come nei monumenti, vogliono cambiarci in Egiziani, Greci, Etruschi.

Anche la Fraternité viene rappresentata a seno scoperto (fig.8).


Fig.8


L’immagine femminile viene celebrata e al contempo usata in un’ambigua rappresentazione che mescola esibizione sessuale e maternità, e relega la donna rivoluzionaria al ruolo di cittadina tanto divinizzata quanto prepolitica, adibita alla cura dei bimbi e ad offrire le tette al popolo, come nutrice e come seduttrice. Non hanno il pane, mangino brioche, mutato in Non hanno il pane, si attacchino alle tette.

Questa celebrazione-strumentalizzazione della donna non si limiterà alla propaganda della rivoluzione borghese vittoriosa, si estenderà alla donna proletaria protagonista della rivoluzione mancata del 1848, come vedremo esemplarmente nel successivo capitolo, dedicato alle illustrazioni dei Mystères du Peuple di Eugène Sue.

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