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Progetto di trasformazione della Fiat Lingotto in Lingottoland




Nella primavera 1984, nell’ambito di Iniziativa verde, Romolo Gobbi redige un documento per trasformare la Fiat Lingotto in un centro polivalente autogestito di divertimenti, istruzioni, arte e cultura scientifica. Pubblichiamo questo testo, breve ed efficace, perché contiene – accennati o in forma allusiva – diversi elementi che ci permettono di riflettere sul decennio Ottanta: il processo di destrutturazione della città-fabbrica per eccellenza, Torino, il vorticoso processo di innovazione tecnologica (si parla di televisioni che diventeranno terminali per lavorare, fare la spesa, controllare il conto in banca o rinnovare il passaporto!), la strada imboccata dalla scuola e dal sistema di istruzione, la questione ambientale e la mercificazione del divertimento, l’immaginazione di nuovi spazi di aggregazione e formazione della soggettività. Il 22 giugno 1984, alla chiusura della mostra «Venti progetti per la ristrutturazione del Lingotto», Cesare Romiti non approvò nessuno dei progetti previsti ma condannò quello contenuto nel testo: «il futuro di Torino non potrebbe permettersi un Lingotto che fosse solo voragine, luogo di pure intenzioni ludiche o sperimentali, che ingoia soltanto risorse pubbliche o private».


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La prima forma di alienazione nelle società tecnologicamente avanzate è dovuta all’ignoranza dei principi elementari di funzionamento della maggior parte dei prodotti di uso corrente. Di questa ignoranza è soprattutto responsabile la scuola, il cui «sfacelo» è accelerato dalla sua crescente inadeguatezza a seguire-anticipare il progresso tecnologico scientifico. La tendenza verso una società dell’informazione permanente va favorita, ma bisogna opporsi radicalmente al sorgere «di una scuola globale che solo per il nome si differenzierebbe da un manicomio globale o da un carcere globale e dove istruzione, correzione e adattamento diventerebbero sinonimi» (Illich).

L’altra grande alienatrice è la televisione che invece di usare il suo enorme potenziale di trasmissione di informazioni scientifiche e di cultura, in generale scarica una valanga di merda nella testa degli spettatori. Lasciando da parte almeno per ora progetti di conquista e trasformazione della televisione e le illusioni di poterle fare concorrenza con le Tv libere, bisogna opporsi radicalmente alla «casalinghizzazione» forzata dell’abuso televisivo (6 ore di ascolto giornaliero nell’americano medio), tenendo conto che la tematica accentuerà il fenomeno trasformando il televisore in un terminale che consentirà di lavorare, fare la spesa, controllare il conto in banca, rinnovare il passaporto standosene a casa.

Per reagire a tutto ciò, Iniziativa verde propone di trasformare il Lingotto in un «centro polivalente di divertimenti, istruzioni, arte e cultura scientifica». Il progetto è stato definito «Lingottoland» in concorrenza e in polemica con la proposta (patrocinata alcuni mesi fa dalla General Motors) di insediare la Disneyland europea a Genova. Consapevoli della enorme superiorità dei mezzi audiovisivi (rispetto alla parola scritta) nel trasmettere informazioni, si potranno costruire grandi padiglioni istruttivi in campi specifici: storia e tecnologia dei mezzi di trasporto (ovvio), ma anche storia e tecnologia dei sistemi antinquinamento, delle macchine da scrivere, dei computer, dei mezzi di comunicazione delle informazioni ecc. Accanto a questo, e tenendo conto che il più formidabile mezzo di informazione-educazione è il gioco, proponiamo la installazione di «videogiochi intelligenti», con i quali si può insegnare tutto: a leggere, a disegnare, le lingue, la musica, la matematica ecc. Fa parte del gioco anche la favola, la finzione (fiction) e quindi: grandi ambienti fiction per l’insegnamento di storia, geografia, antropologia, scienze della natura, zoo automatizzati… Tutto questo finalizzato alla costruzione di «un’era nella quale la tecnologia venga usata per rendere la società più semplice e trasparente, sì che tutti gli uomini possano tornare a conoscere i fatti e ad adoperare gli strumenti che plasmano la loro vita; in altri termini disistituzionalizzare la scuola oppure descolarizzare la cultura» (Illich).

Il principio che rende il gioco particolarmente adatto alla trasmissione delle informazioni è quello della partecipazione soggettiva, mentre nell’insegnamento tradizionale si chiede solo ed esclusivamente passività. Lo stesso principio vale o dovrebbe valere anche per la trasmissione di altre forme di cultura come l’arte (dove finisce il gioco e dove comincia l’arte?). Quindi accanto a cose ovvie in un centro polivalente di divertimenti come sale da ballo, cinema, teatri, sale per concerti, musei ed esposizioni, attrezzature sportive, verrà realizzata tutta una serie di laboratori di danza, pittura, fotografia, musica, teatro, cinema ecc. nei quali sviluppare le attitudini dei fruitori e anche ricercare nuove soluzioni creative. In questo settore soprattutto potrà svilupparsi il principio dell’autogestione del proprio divertimento. Naturalmente anche su tutto il resto andrà affermato il principio del controllo dal basso delle iniziative permanenti ed effimere.

Perché concentrare tutto questo in un unico posto? Innanzitutto perché la socializzazione si potenzia là dove possono incontrarsi le vaste masse e inoltre è maggiore la possibilità di trovare un partner. Last but not least la lotta contro la televisione. Per fare concorrenza alla televisione, per riuscire a schiodare la gente dalle poltrone, bisogna vincere il telecomando e cioè l’unico elemento attivo nella passività del tutto: la possibilità di cambiare canale in continuazione dà l’illusione, non solo di sottrarsi alla pubblicità, ma di scegliersi il programma. Ora solo un centro polivalente di divertimenti crea una possibilità di scelta: ci si va perché si è sicuri di incontrare qualcuno e perché si sa che si troverà qualcosa da fare.

Si tratta dunque di dar vita a un nuovo tipo di produzione, non materiale, non inquinante, ma in grado di sviluppare una vasta occupazione diretta e indiretta. Una «fabbrica verde» che produce divertimenti, istruzione, arte e cultura scientifica. Un primo passo verso la soluzione di problemi attuali, ma anche un primo passo verso una società post-capitalistica.



Immagine: Fondazione Merz, Abbiamo amato tanto la rivoluzione, 2013 (l’editore resta a disposizione per gli eventuali aventi diritti)




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Romolo Gobbi, già docente di Storia dei movimenti e dei partiti politici all’Università di Torino, ha collaborato a varie riviste: «Quaderni rossi», «Gatto selvaggio», «classe operaia», «Contropiano». Ha pubblicato tra gli altri: La Fiat è la nostra università (1969), Operai e Resistenza (1973), Il ’68 alla rovescia (1988), I figli dell’Apocalisse (1993), Fascismo e complessità (1998), America contro Europa (2002), Semi, guerre e carestie (2019). Per DeriveApprodi uscirà nel mese di marzo la nuova edizione di Com’eri bella, classe operaia. È attore coprotagonista del docufilm Il decennio rosso (VideoAstolfoSullaLuna).

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