Si addentra nella narrativa gotica contemporanea, la terza uscita di In cerca di altre mappe: rassegna bimestrale sul fantastico femminista di Giuliana Misserville (dopo «Decolonizzare la fantascienza» e «Io non scrivo afrofuturismo»). Le «nuove vampire», a partire dagli anni Ottanta del Novecento, fanno saltare i canoni del gotico settecentesco: dicono il desiderio lesbico, vivono il Black Arts Movement e le comunità afroamericane, sanno coltivare amicizia e socialità, sono capaci di «creare altre e diverse possibilità di vita». Praticano la lotta politica «per sovvertire un ordine del mondo fondato sulla libido maschile».
* * *
Molta acqua è passata sotto i ponti da quando Carmilla seduceva la giovanissima Laura nel racconto di Joseph Sheridan Le Fanu del 1871. Quella rivisitazione del mito della succhiasangue da parte dello scrittore irlandese è restata indelebile nella mente di chi ama il gotico dando luogo nei decenni a innumerevoli riscritture e traduzioni cinematografiche che su quelle due personagge costruivano le trame e gli sviluppi più diversi; sviluppi su cui non starò a soffermarmi rimandando all'analisi tra antropologia e letteratura di Franco Pezzini [1]. Una tradizione fatta saltare in aria nel 1979 dalla comparsa della Contessa Nosferatu, per la penna di Angela Carter. La raccolta di Carter intitolata The Bloody Chambers (La camera di sangue) conteneva all'interno un racconto, La signora della casa dell'amore, imperniato su una discendente di Nosferatu che non trova consolazione all'orrore della sua condizione e che prova una «tremenda riluttanza per il ruolo» cui è costretta, quello di erede di «un'autorità soprannaturale» che comanda la folla di ombre e presenze che tormentano e prosciugano il territorio circostante. Lei scoprirà, grazie ai tarocchi e a un bel paio d'occhi virili, che il rito di seduzione e morte può essere scombinato e che il suo destino non è così inesorabile. Sceglierà per sé altro, dunque: lasciare andare il bell'ufficiale preso da tenera pietà per la compromessa salute di lei, e morire in un'alba che vede finalmente la luce penetrare nell'orrido e putrescente castello.
Da allora, molte scrittrici si sono cimentate con la figura della vampira, e intuendo il di più di libertà che gli strumenti del fantastico consentivano loro, l'hanno resa la perfetta icona della necessità/opportunità di travalicare i confini, tutti i confini, non solo quelli tra la vita e la morte ma soprattutto quelli tracciati dalla morale patriarcale binaria e eterosessuale. Un notevole passo in avanti rispetto al corto circuito che segnava la nascita del romanzo gotico in un momento, la metà del XVIII secolo, che vedeva i nuovi processi di industrializzazione e urbanizzazione provocare le modificazioni sociali che strutturano tuttora la nostra contemporaneità e lo racconta benissimo Maya De Leo in Queer. Storia culturale della comunità LGBT+ (Einaudi, 2021).
Fuori dalla cittadella
Se nel giro di boa di metà settecento i confini della cittadinanza venivano tracciati espellendo i gruppi sociali ritenuti portatori di diversità, il romanzo gotico comincerà a raccontare vampiri, mostri e esseri creati artificialmente, ossia i paria del fantastico, estromessi dalla normalità e dalla naturalità borghese. Nel giro di boa più a noi vicino, gli anni settanta del secolo scorso vedranno la venuta sulla scena di nuove soggettività che faranno di quei e (soprattutto) quelle paria, strumenti efficacissimi per sovvertire un ordine del mondo fondato sulla libido maschile. In ambito letterario, ma non solo.
Nascono dunque molto politicizzate, nel senso migliore del termine, le nuove vampire degli anni Ottanta, un decennio in cui le revisioni dei topoi gotici articolavano storie di alterità e marginalità, proponendole, in alcuni casi, come rappresentazioni affermative di soggettività non conformi.
La narrativa gotica è stata utilizzata spesso negli anni Ottanta per dire il desiderio lesbico e, come scrive Phyllis M. Betz in The Lesbian Fantastic, i generi popolari si sono ben prestati a veicolare tali trame anche presso il pubblico eterosessuale:
La trama suggerisce qualcosa di ambientato nel futuro o in un altro luogo, ancora sconosciuto; la risposta del lettore richiede quindi un aggiustamento nelle interpretazioni dei personaggi, degli incidenti e del significato della storia fantasy. La possibilità consente inoltre al lettore di sfondare consapevolmente i confini di ciò che è appropriato e di trasgredire tali standard nel rispondere alle rappresentazioni di ideologie e comportamenti socialmente costruiti [2].
L'immaginario chiamato in campo dalla narrativa di genere faciliterebbe dunque l'attraversamento dei confini, sollecitando direttamente nel pubblico sentimenti e emozioni fatti di disconnessioni, ambiguità, meraviglia o terrore.
In un certo senso, attraverso il lavoro e le personagge di Jewelle Gomez, Jody Scott (I Vampire [3] del 1982), Katherine V. Forrest (O Captain, My Captain [4] del 1987) e altre, affiora l'idea che il tema della vampira possa collaborare sul piano letterario, alla costruzione della soggettività lesbica e nera (sempre Gomez) e sul piano politico fiancheggiare l'opera di rafforzamento delle comunità che al lesbismo si rifacevano.
Nuove mitologie
Il romanzo dell'autrice e attivista lesbica afroamericana, Jewelle Gomez, The Gilda Stories [5], vincitore del premio Lambda per la narrativa lesbica e la fantascienza/fantasy lesbica, viene considerato il primo romanzo che mette in scena una vampira nera. Come raccontato dalla stessa Gomez, la sfida era dare vita a una nuova mitologia, liberando la figura del vampiro dal quadro culturale ristretto dell'Occidente caucasico e immetterlo in una scena più ampia. Per creare una storia che potesse funzionare per il suo pubblico, Gomez ha riconnesso la sua protagonista all'attivismo degli anni Settanta e per far ciò ha utilizzato le opere artistiche di quel periodo come le poesie del Black Arts Movement, le canzoni del movimento femminista e i giornali letterari delle attiviste lesbiche; tutto per trasformare «il dolore dell'oppressione in arte» [6]. Non fu facile per Gomez trovare un editore e smarcarsi dal doppio pregiudizio che albergava sia nella comunità nera sia nel mondo editoriale e cioè che la speculative fiction fosse un genere scritto da bianchi. Al contrario il romanzo coniuga il tema vampirico con la rievocazione storico finzionale dello schiavismo già operata da Octavia Butler nel suo Kindred del 1979. The Gilda Stories ha come protagonista una vampira nera e lesbofemminista che viene seguita nelle varie esperienze della sua lunghissima vita: è una schiava in fuga nella Louisiana del 1850 che viene salvata da Gilda, una vampira che gestisce un bordello chiamato Woodards; le donne del bordello divengono la sua s/famiglia e la educano al vampirismo e alla vita oltre la morte. Nel romanzo sfilano la California del 1890, il Missouri del 1921, il Massachusetts del 1955, la New York del 1981, il New Hampshire del 2020 e la «Land of Enchantment» nel 2050, anni in cui il Nord America deve affrontare la catastrofe ambientale. Questa successione di situazioni e periodi storici consente a Gomez di articolare le tematiche che più le interessano come la razzializzazione e l'empowerment femminile nei contesti più diversi.
Il romanzo è percorso da altre due linee di ragionamento, s/familistica la prima e di sapore marxista la seconda. Entrambe anticipano discussioni a venire. Il sangue, per Gilda, non è il fondamento della solidarietà familiare o ancora di più razziale perché sono le idee sul sangue a dividere le persone in razze. La s/famiglia- e uso appositamente un termine venuto in auge in tempi più vicini a noi con il make kin not babies di Donna Haraway - di Gilda è tenuta insieme da esigenze relative all'essere consolati, al vivere in armonia, al desiderio e al bisogno reciproco. E The Gilda Stories tratta il capitalismo come un sistema sociale ed economico a cui bisogna resistere perché produce mostri il cui percorso verso il profitto è pieno di corpi sfruttati. I vampiri di Gomez invece praticano lo «scambio equo», come «prendere parte alla vita» stando attenti a «non prendere la vita»»: prendono il sangue necessario al loro sostentamento ma non uccidono, con una forma di rispetto per le altre creature che ritroveremo nelle vampire del nuovo millennio.
Infine, la comunità di donne messa in scena da Gomez è una comunità generatrice di forza. Come sottolinea Margherita Giacobino [7], il romanzo è il ritratto di una comunità di donne che si sostengono a vicenda nel percorso che le porta a diventare autonome rispetto al mercato del desiderio maschile.
Il romanzo di Gomez confuta così la tesi dell’asocialità del vampiro e si inserisce nella femminilizzazione di questa figura letteraria, istituendo una linea che afferma, partendo dalla Carmilla di Le Fanu [8], passando per Shori, la vampira nera creata dalla penna di Octavia Butler per finire alla vampira trans di Lizzie Crowdagger, la capacità di coltivare l’amicizia e la socialità in gruppi di individualità affini, selezionati e finalizzati a creare altre e diverse possibilità di vita.
Anche le modalità riproduttive di vampire e vampiri si inseriscono nel dibattito contemporaneo sul futuro della riproduzione umana. L'immortalità del vampiro può essere letta (è sempre Jenkins ad affermarlo) come un possibile futuro al di fuori del futurismo riproduttivo. E come sottolineava Sue Ellen Case [9], il vampiro ribalta il binomio vita/morte alla base dell'ontologia occidentale abbracciando la presunta innaturalità di una sessualità che nega la riproduzione; il desiderio vampirico è un desiderio queer che turba lo status quo etero della società e che altera anche la dimensione lineare del tempo.
Vampire del nuovo millennio
Così non è più il sangue l'ossessione delle nostre vampire quotidiane. Piuttosto lo è la riflessione su che ne è dell'umano in un mondo che, travolto dal disagio della postmodernità, allestisce nuove barriere e nuove ferali contrapposizioni. E, ancora, che cosa noi siamo dispost* a riconoscere come naturale, dal momento che il confine tra naturale e artificiale è oggetto nel tempo di continui mutamenti e negoziazioni e già molte analisi e molte narrative hanno introiettato la lezione di Donna Haraway e del suo Manifesto Cyborg [10].
Se poi si volesse leggere la figura delle nuove vampire attraverso le questioni attinenti all'identità e ai molteplici transiti che tutt* ci riguardano, ci troveremmo catapultat* in uno dei nodi più significativi della contemporaneità. La studiosa statunitense Jessie Stone, fondatrice dei [11] transgender studies, ha immaginato il vampiro Lestat che, novello antropologo, utilizza il suo sguardo cyborg [12] per indagare i meccanismi della costruzione della soggettività, in relazione alla «rottura delle dicotomie interno/esterno, soggetto/oggetto, materiale/spirituale» resa visibile e praticabile dal movimento delle donne [13] e che rimanda alla dicotomia per eccellenza costituita dal binarismo maschio/femmina. Scrive Stone:
Il vampiro Lestat ha il potere di conferire il Dono oscuro, la facoltà di creare dei nuovi vampiri. Anche questi nuovi vampiri acquisteranno la pericolosa consapevolezza della parzialità dello sguardo mortale. [...] La loro consapevolezza dei limiti della visione umana e la loro capacità di visione non dipendono soltanto dal Dono oscuro, ma dal loro essere cyborg, allo stesso tempo parte di una comunità e separati, interni e esterni, sulla sottile estraneità del filo spinato che, secondo Anzaldùa, segnala dolorosamente i pericolosi limiti esterni dell’esperienza tra culture, economie e soggettività diverse. La loro stessa esistenza invoca uno sconvolgimento degli schemi di classificazione che mette in questione la tradizionale formazione dell’identità.[...]
Questo nuovo Dono oscuro consiste nel saper diffondere lo sguardo del vampiro trasformato, la conoscenza e la visione che rendono visibili la costruzione della soggettività e le giunture che tengono insieme la superficie del reale. Noi che viviamo ai confini tra il vecchio e il nuovo mondo delle epistemologie sicure e quello emergente delle strumentalità del cyborg, dobbiamo affrontare il problema del Dono oscuro reale, non quello metaforico. Se i vampiri della soggettività esistono veramente, nessuno di noi si può più sentire al sicuro nelle sue posizioni del soggetto tradizionalmente delimitate, in questi luoghi familiari di un mondo in rapida trasformazione. [...] Il vampiro della soggettività è in grado di vedere il gioco dell’identità da un metalivello, di cogliere le possibilità di voci e posizioni multiple del soggetto, la rifrazione infinita del desiderio. Il suo sguardo si è ineluttabilmente trasformato. Il Dono oscuro non permette di tornare a un modo di vedere le cose meno problematico. Chi lo riceve si trasforma per sempre.
Contrariamente a quanto temuto da Auerbach [14], al passaggio di millennio la figura del vampiro che già negli anni Novanta - e Stone lo dice chiaramente - stava subendo metamorfosi sottili e fluide, riesce dunque ad acquisire nuove e stimolanti configurazioni.
Negli ultimi due decenni, a firma maschile si fanno strada narrazioni che incrociano il tema vampirico con scenari apocalittici di epidemie e diffusione incontrollata di virus, magari aiutate dal cinema (vedi il film Io sono leggenda di Francis Lawrence del 2007, ennesima trasposizione del romanzo di Richard Matheson del 1954); mentre la serialità televisiva punta molto sulla rappresentazione di scontri tra gruppi rivali, cacciatori e cacciati, e adolescenti in crescita.
Le scrittrici percorrono invece altre traiettorie e le loro vampire sono immerse in una dimensione etica che incrocia le elaborazioni femministe e queer e fornisce nuovi spunti di discussione. Le loro protagoniste declinano altre modalità d’essere femministe, lesbiche, vegetariane, intersezionali, poliamorose, transgender e postumane.
Rimane aperta infatti la domanda sulla relazione che la narrativa gotica intrattiene con la riflessione sul postumano e sul transumano. In un interessante saggio su Sam J. Miller, Valentina Romanzi (ContactZone vol.2/2020) dà largo spazio alla teorizzazione di Rosi Braidotti:
Il continuum natura-cultura può essere inteso come un legame ininterrotto, non gerarchico e relazionale tra la materia vivente. È il modo di Braidotti di rappresentare la dissoluzione della visione antropocentrica dell'uomo e la perdita di squilibrio di potere nelle interazioni tra attori viventi. Implica l'uguaglianza nel legame tra l'uomo e le altre specie, l'uomo e la natura in generale, e anche le forme di vita umane e non biologiche. [...] Il marchio di postumanesimo di Braidotti è ciò che lei chiama "postumanesimo critico", in opposizione alle altre due correnti principali che identifica. Abbraccia una prospettiva post-antropocentrica che ruota attorno a ciò che lei chiama zoe, vita non umana (o meglio, non solo ) [15].
Le nuove vampire affermano un mondo che ha spedito in soffitta l'idea che l'uomo sia il centro dell'universo e la concezione proprietaria del mondo: i legami transpecie che intrecciano sono più vicini alle ultime elaborazioni harawayane che alle narrazioni speculative sul cyborg e la possibilità di uploadare la mente umana (Romanzi).
La visione post-antropocentrica è variamente condivisa dalle nuove vampire. Anche Eve, nella magnifica interpretazione di Tilda Swinton nel film di Jim Jarmusch Solo gli amanti sopravvivono (Only Lovers Left Alive, 2013), cerca di non nutrirsi di sangue naturale [16] e passa in rassegna col compagno Adam i quartieri abbandonati dopo che la crisi economica degli anni Novanta ha colpito le zone periferiche di Detroit. Per Adam e Eve sono i cosiddetti essere umani i veri mostri, gli zombie, che consumano e gettano via, senza avere memoria del passato e incuranti di ciò che li aspetta. Come i vampiri di Twilight, anche loro sembrano porsi proprio l’interrogativo di Judith Butler su che cosa rende le nostre vite degne di essere vissute: la loro risposta è la cura della memoria.
Nel 2005 vengono pubblicati tre romanzi che rinnovano il genere e parlano di autonomia, etica della cura e nuove modalità del maschile e del femminile. Finalmente anche in Italia qualcosa si muove e la trilogia di Mirta/Luna [17], firmata da Chiara Palazzolo, alza l'asticella e inventa una narrativa di genere che nulla ha da invidiare sul piano letterario al mainstream. Palazzolo racconta la ricerca della propria libertà da parte di una sopramorta, riconnettendo la sua vampira con l'autonomia e senso di sé di tradizione femminista; ma nella trilogia, coltissima per i tanti riferimenti e citazioni di opere gotiche del passato, l'autrice opera anche una affascinante mediazione tra linguaggio letterario a tratti anche sperimentale, e linguaggio pop.
Come si è visto, sempre meno le creature vampire si attestano sul binomio seduzione/morte, laddove la seduzione mortifera un tempo annichiliva l’umano e il o la malcapitata fungeva da pasto erotico. Ora quel corto circuito sembra essere un residuo del passato. L'apprendistato di Shori, la vampira messa in scena da Octavia Butler in quello che è il suo ultimo romanzo, La luce del sole (Fledgling), e a cui è stata sterminata la famiglia, dà modo all’autrice di ideare e strutturare la cultura degli Ina, una specie particolare di vampiri che vivono in simbiosi con gli esseri umani (chiamati per questo simbionti) costituendo un nuovo tipo di famiglia poliamorosa. Octavia Butler miscela sapientemente gotico e fantascienza sociale per mettere in scena una sorta di matriarcato utopico [18] che tenta di evitare le insidie dell'ansia gerarchica che secondo l'autrice ha guastato lo sviluppo culturale e biologico della nostra specie.
Anche se di scrittura molto veloce e sciatta, la saga di Twilight [19] di Stephanie Meyer, è stata un fenomeno mediatico di tale rilevanza che è difficile non parlarne. Consumismo e conformismo hanno molto a che fare con la costruzione del mondo di Twilight anche se il giudizio sulla saga di Meyer non è assolutamente unanime. Accanto a studiose fortemente critiche, altre hanno messo in rilievo piste di riflessione dai contenuti più generosi. Tra queste Monia Andreani, che a Twilight ha dedicato uno studio assai acuto. Andreani sostiene come il ciclo di Meyer proponga nuove maschilità [20] e femminilità suscitate da un orizzonte comune segnato dall’etica della cura, non più confinata alla dimensione privata e alle relazioni ma relativa anche alla dimensione pubblica.
I personaggi della saga di Twilight sono prodotti dalla cultura degli Stati Uniti e nascono nel periodo di lutto collettivo dopo le vicende dell’11 settembre. In quanto vampiri hanno dimestichezza con la morte: sono morti alla loro vita umana, al calore del loro corpo, alle relazioni con gli altri umani, e sono entrati, senza consolazione alcuna, in una eternità di lutto. Nessuno dei loro cari li ha potuti piangere e ha potuto dare loro sepoltura, sono spariti nell’invisibilità di una vita da reietti, senza identità e senza potersi congedare dalle persone amate. Ormai vampiri, potrebbero vivere da soli nella loro condizione superiore, senza mettere a repentaglio la loro sicurezza per aiutare chi è diverso, eppure non è questo che fanno. Proteggono gli umani dal rischio di patire le sofferenze che loro hanno vissuto nell’impossibilità di morire e di trovare pace. La posizione di vantaggio su tutti gli altri, così come Butler [Judith n.d.r.] descrive la condizione di supremazia del «primo mondo» rispetto al resto dell’umanità, serve loro solo come spinta per riconoscere la vulnerabilità fisica degli altri e la propria vulnerabilità nel coinvolgimento emotivo [21].
Questo riconoscersi tutt* vulnerabili anche se in modi diversi, espost* alle possibilità di una vita che non vale la pena di essere compianta (Judith Butler), la preoccupazione stessa di non cibarsi di umani rende il ciclo di Meyer (ma non so se lei nel suo integralismo sarebbe d'accordo) molto vicino a dissolvere l’umano in tutta la complessità del vivente, biologico o artificiale che sia. Un movimento che sembra scorrere nella trama dell'ultimo romanzo di Chiara Valerio, Così per sempre (Einaudi 2022), che in un certo senso ripristina l'equazione ottocentesca dell'identificazione della vampira con il male, lasciando al Dracula di Giacomo Koch l'onere di tessere una relazione con la vita aperta su una temporalità queer. Tuttavia, secondo Alessandro Giammei [22] il romanzo di Valerio «Ci invita a immaginarci senza fine nell’età dell’apocalisse permanente, ci sottrae l’alibi di una distinzione tra scienze e lettere, ci mostra che l’umanesimo è tutto ancora da farsi. Sfuma i confini tra le cose, superando le distinzioni cartesiane tra bestie e persone, organico e inorganico, eternità e immortalità». E il romanzo di Valerio sta a dimostrare come il territorio del fantastico sia ormai divenuto estremamente appetibile e come siano oramai del tutto porosi i confini tra i generi e la narrativa mainstream.
Vorrei concludere queste righe accennando a un racconto di una scrittrice francese che ha al suo attivo diverse narrazioni fantastiche, Liza Crowdagger. In Révolution avec une vampire del 2018, Crowdagger mette in scena Léna, una giovanissima vampira che è alla sua seconda trasformazione, la prima da uomo a donna e la seconda da umana a vampira; Léna ha quindi alle sue spalle un doppio transito che lei vive come due rivoluzioni personali. Entrambe le rivoluzioni sono determinate dal momento storico (e ucronico) rappresentato nel racconto: obbligata a cercare di che vivere con la prostituzione, è stata iscritta nella lista nera e buttata fuori da Parigi dal momento che i francesi, spaventati dalla presenza sempre più insistente dei vampiri, li hanno scacciati dalle grandi città che si sono chiuse al loro interno costruendo delle grandi muraglie di protezione munite di posti di guardia per impedire a* mort* viventi di entrare. Non c'era voluto molto tempo perché oltre alle creature della notte venissero bandit* dalle città ubriach*, delinquenti, e prostitut*, insomma tutte le figure marginali e reiette della società
Léna viene salvata da Eléonore Trotsky un'anarchica che la trascina nella lotta politica per la riaffermazione dei diritti di tutt* le soggettività escluse, perché vampir* e uman* lottano assieme contro tutte le oppressioni. Il racconto è breve ma incisivo e la presa dell'Eliseo (nuova presa della Bastiglia) che Eléonore sta organizzando forse non sarà solo un atto simbolico. Come scrive Daniela Brogi ne Lo spazio delle donne (Einaudi 2022), è venuto il tempo che soggettività tenute ai margini si approprino del centro della scena. Ma forse questo è già successo da tempo e solo la classe politica di una nazione in caduta libera fatica ad accorgersene.
Note [1] Pezzini ha dedicato vari studi alla figura della vampira. Cfr. Le vampire, scritto assieme a Arianna Conti (Castelevecchi 2005) e Cercando Carmilla. La leggenda della donna vampira (Ananke 2000). [2] Phyllis M. Betz, The Lesbian Fantastic. A Critical Study of Science Fiction, Fantasy, Paranormal and Gothic Writing, Jefferson, North Carolina, and London: McFarland & Company, 2011, p. 197. Per ogni pubblicazione mancante del corrispettivo italiano, la traduzione è mia. [3] La protagonista di Jody Scott, in I Vampire del 1982, ha il nome di Sterling Oblivion, una vampira di settecento anni che lavora come manager in una scuola di danza di Chicago e che ha una relazione lesbica con Virginia Woolf, che non è la scrittrice che tutt* conosciamo ma un* alien* di nome Benaroya. Insieme Sterling e Benaroya dirigono una corporazione che attua un progetto di manipolazione genetica volto al miglioramento della razza umana. [4] Il racconto di Forrest narra l'attrazione reciproca, mentre sono in missione di salvataggio galattico in una pericolosa zona di asteroidi, tra la luogotenente Harper e la capitana Drake, che si rivela essere una vampira. [5] Jewelle Gomez, The Gilda Stories, Firebrand Books, Ithaca, NY, 1991. È recente la notizia che la regista Cheryl Dunye (autrice del film Watermelon Woman, 1996 ) ha comprato i diritti del romanzo per trarne una serie tv. [6] Cfr. Jerry Rafiki Jenkins, Race, Freedom, and the Black Vampire in Jewelle Gomez's The Gilda Stories, «African American Review», 2013, Volume 46, Numbers 2-3, Summer/Fall, pp. 313-328. [7] cfr. Margherita Giacobino, Guerriere, ermafrodite, cortigiane. Percorsi trasgressivi della soggettività femminile in letteratura, Il Dito e la Luna, Milano, 2016. E' prevista nel 2022 una riedizione rivista e accresciuta del volume (Giacobino 2022) da parte di Somara! Edizioni. [8] Nina Auerback, autrice di saggi fondamentali sul gotico come Our Vampires, Ourselves del 1995, ha sottolineato come Dracula si ponga come la distruzione della possibilità dell'amicizia femminile instaurata e raccontata nella Carmilla di Le Fanu. Cfr. Nina Auerbach, My Vampire, My Friend: The Intimacy Dracula Destroyed, In Blood Read: The Vampire as Metaphor in Contemporary Culture, edited by Joan Gordon and Veronica Hollinger, 11–16. Philadelphia: University of Pennsylvania Press, 1997. [9] Cfr. Sue Ellen Case, Tracking the Vampire, in «Differences» 1991, 3(2), pp. 1–20. [10] La prima versione del Manifesto Cyborg esce nel 1985 su «Socialist Review». Da sottolineare che le posizioni di Haraway sul postumano si sono negli ultimi anni ulteriormente modificate fino al «Siamo humus, non Homo, non Antropos; siamo compost, non postumani» del 2016, in Donna Haraway, Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto, trad. di Claudia Durastanti e Clara Ciccioni, NOT 2019, ed. elettronica. [11] Scrittrice e studiosa degli anni ’90, Allucquère Rosanna Stone (Jessie Stone), autrice nel 1991 di The Empire Strikes Back: A Posttransexual Manifesto, testo considerato fondativo dei transgender studies, dirige attualmente l’Interactive Multi- media Laboratory dell’Università di Austin (Texas). Nel 1995, Stone pubblica The War of Desire and Tecnology, at the Close of the Mechanical Age, tradotto in italiano da Feltrinelli nel 1997 col titolo Desiderio e tecnologia. Il problema dell’identità nell’era di Internet. La citazione che segue è a pp. 200-201. [12] Lestat è il vampiro protagonista del ciclo aperto da Anne Rice con Intervista col vampiro pubblicato nel 1976. Una serie di romanzi coi quali Rice rinnova le tematiche vampire e in cui tuttavia poche sono le personagge che vivono di luce propria: anche la piccola Claudia che vive la sua giovanissima età come una prigione imperitura. [13] Come scriveva Simonetta Spinelli, Del sesso e di altre aliene quotidianità, «DWF», nn. 13/14, 1991. [14] Nina Auerback, in Our Vampires, Ourselves, sosteneva (era il 1995) che la narrativa sui vampiri alla fine del Ventesimo secolo stava perdendo la sua potenza come mezzo per rappresentare e interrogare i conflitti politici e sociali. Tutto il contrario di quello che poi è avvenuto, dal momento che gli anni 2000 vedono comparire figure importanti che molto dicono del mondo che ci circonda. [15] Valentina Romanzi, Plural Identities in Sam J. Miller’s Blackfish City, «ContactZone», vol. 2/2020, pp. 71-72. [16] In realtà si tratta del sangue che gli ospedali raccolgono per le trasfusioni. [17] Sono tre i romanzi che raccontano la vicenda di Mirta/Luna: Non mi uccidere (2005), Strappami il cuore (2006), Ti porterò nel sangue (2007); editi tutti e tre da Piemme. Nel 2021 dal primo romanzo è stato tratto un film dallo stesso titolo per la regia di Andrea De Sica; sulla trasposizione romanzo/film si può ascoltare la puntata del podcast La mano sinistra con un'intervista a Silvia Calderoni: https://www.spreaker.com/user/la_mano_sinistra/1x10-arte-vampira-della-motocicletta [18] Cfr. Jerry Canavan, Octavia E. Butler, University of Illinois Press, Chicago 2016, ed. elettronica. [19] Il ciclo di Twilight, pubblicato tra il 2005 e il 2008 e trasposto anche in cinque film, è composto da cinque romanzi tutti pubblicati in Italia da Fazi. [20] E proprio sulla nuova maschilità rappresentata da questi nuovi vampiri, qualcuno si è avventurato a parlare di «evirazione del vampiro» a opera dello sguardo femminile: https://www.salon.com/2011/07/29/emasculation_of_the_modern_vampire/; controllato l'ultima volta il 12 settembre 2022. [21] Monia Andreani, Twilight. Filosofia della vulnerabilità, ev Casa editrice, Treviso 2011, p. 113-114. [22] Alessandro Giammei, Quando il mito del vampiro supera le distinzioni cartesiane tra bestie e persone, in «Domani», 11 maggio 2022.
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