Siamo dentro la capsula magica del Teatro Out Off di Milano, diretto da Mino Bertoldo, per omaggiare Joseph Beuys, mentre fuori tutto scorre nell’inceppo pandemico tra le forze oppressive del potere occulto. Siamo dentro una sorta di rito purificatore con l’intento – più volte dichiarato da Manuela Gandini e Susanna Schoenberg – curatrici del palinsesto, di ri-connetterci alla grande energia centrifuga e anti-tradizionale del pensiero e della prassi artistica di Beuys che resta, senza ombra di dubbio, l’artista più rilevante del secondo Novecento. Artista che ha scardinato sia il modo di concepire l’opera d’arte sia il ruolo dell’artista nella sfera stessa dell’arte ma soprattutto nella sfera pubblica e politica. Essere un artista significava per Beuys condurre un’esistenza di prossimità con gli/le altr*, ricercando e attivando una relazione di mutua collaborazione per comprendere ed entrare nelle profondità dei misteri che avvengono sulla Terra: ciò che accade intorno a noi, accade anche dentro di noi. La sua più grande motivazione personale era di operare nella sfera della solidarietà sociale: nel 1940, conclusi gli studi al liceo di Kleve, decise di iscriversi alla facoltà di medicina, specificamente in pediatria. La guerra mutò radicalmente i suoi progetti e la sua visione della vita. Venne infatti arruolato nella Luftwaffe, come pilota di bombardiere. Nel 1943 precipitò insieme al suo «stuka» in una desolata pianura di Crimea, durante una nevicata potente. Secondo la sua mitologia personale, fu una tribù di Tartari a trovarlo sepolto, semi-congelato con una compromettente ferita al capo. I nomadi – in questa versione – lo curarono coprendolo di grasso e avvolgendolo nel feltro. Questo avvenimento costituisce la genesi e l’attenzione di Beuys ai materiali naturali, portatori/conduttori di calore: elemento ricorrente nell’intera produzione artistica. Non solo calore visto come elemento fisico. Calore come forza ancestrale. Energia protettiva della Grande Madre Terra. Perché ricordare Beuys oggi? E perché farlo in Italia? L'Italia era per Beuys l’emblema di una civiltà arcaica – quasi idillica, preindustriale, legata al suo ambiente naturale, custode delle sue tradizioni e della cultura contadina. Una sorta di culla. Un serbatoio di saperi ancestrali. Tutto questo flusso di pensiero si stempera dentro una speciale maratona in streaming, in cui si susseguono performance, letture, conferenze trans-disciplinari e trans-generazionali. Va in scena il grande pensiero di Beuys. Una grandiosa ri-attivazione sapientemente curata da Manuela Gandini e Susanna Schoenberg, che si sono completamente donate nell’invitare intellettuali, artisti e professionisti di diverse discipline. Un mix illuminate. Una catarsi potentissima per sprigionare nuova luce per questo momento di buio collettivo.
Il lascito più prezioso dell’intero operato di Beuys è sicuramente il restare in ascolto – profondo e solenne – del regno animale, vegetale e minerale, per poter entrare in connessione e relazione con l’umano – che in questo momento storico, costernato da violente e repentine crisi politiche e spirituali, è offuscato. Per Beuys l’arte era un media di coscienza sia della realtà umana sia della realtà/mondo. Tra le sua azioni socio-politiche, vorrei ricordare quella relativa all’Università e al mondo della formazione e quella relativa alla sfera più politica. Beuys aveva causato difficoltà al Direttore dell’Accademia di Düsseldorf prima, e poi al Ministro delle Finanze, impuntandosi sulla questione di voler accettare nel proprio corso gli studenti respinti agli esami di ammissione: non era una forma di promozione lassista, bensì una messa in discussione di parametri di ammissione scolastica superiore ponendo l’accento sull’istituzione universitaria, la quale non è per chi è già in grado di fare, ma per chi vuole riuscire e non possiede ancora gli strumenti specifici per fare. Sul piano strettamente politico tra gli anni ’70 e inizio anni ’80, Beuys fu coinvolto nella nascita del movimento dei Verdi – forza transpartitica e non ideologizzata. La linea di questo movimento – com’è noto – è inequivocabilmente rivolto ai problemi ambientali ed ecologici e al problema della difesa della natura: focus che ha caratterizzato gli ultimi anni della sua attività. Prima che le ultime luci del palco dell’Out Off si spengano, vorrei far riverberare, oltre le pareti nere, lo spirito nomadico che Beuys ha incarnato, rivolto – con tenacia e fermezza – alla ricerca dell’eredità antropologica che l’uomo stesso ha demenzialmente trascurato o meglio cancellato per far spazio alle brutalità del pensiero e delle azioni del capitalismo prima o del turbo capitalismo dopo. Possiamo ancora oggi parlare di natura? Cos’è oggi il naturale? Siamo dentro eco-sistemi irreparabilmente compromessi e devastati. Credo, alla luce di questa maratona, che i semi più proficui del pensiero beuysiano, siano la possibilità di osservare e rinominare il paesaggio antropizzato, naturale e non ampliando il concetto politico di ecologia. Ecologie e nuove forme di arborizzazione sono all’orizzonte di un’umanità malata e de-umanizzata. SuI confine del Politico, dell’umano, del naturale, vorrei vedere spargere semi per una nuova consapevolezza dell’esistenza/esistente.
Grazie Beuys da tutt* noi.
Joseph Beuys a 100 anni dalla nascita.
Letture, performance, video, incontri e testimonianze a cura di Manuela Gandini e Susanna Schoenberg.
con: Giulia Amato, Artway of thinking, Elena Arvigo, Ilaria Bellotti, Alessandro Bergonzoni, Stefano Boeri, Flavio Bonetti, Luigi Bonotto, Michele Bonuomo, Bazon Brock, Cambio di Frequenza, Chiara Camoni, Andrea Contin, Pierangelo Dacrema, delleAli Teatro, Liora
Epstein, Hambi bleibt, Arahmaiani Feisal, Michelangelo Jr Gandini, Piero Gilardi, Karin Harrasser, Jana Jess, Kompostistische Internationale, Christina Lammer, Carmen Losmann, Lome Lorenzo Menguzzato, Marzia Migliora, Alessandra Moretto, Peppe Morra, Daria Nazarenko, Giulia Niccolai, Francesca Pasini, Patrizio Peterlini, Michelangelo Pistoletto, Sergio Racanati, Rainer Rappmann, Hans Ulrich Reck, Ute Reeh, Hans Peter Riegel, Evamaria Schaller, Marco Scotini, Kuai Shen, Johannes Stüttgen, Antonio Syxty, Italo Tomassoni, Haiqing Wang, Irina Yang. E con la partecipazione degli studenti di Susanna Schoenberg dell’Accademia di
Düsseldorf, degli studenti di Romano Gasparotti dell’Accademia di Belle Arti di Brera e degli studenti di Manuela Gandini del campus milanese di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti.
11, 12, 13, 14, 15 maggio, ore 21:00 – live streaming sui canali Youtube Facebook del Teatro Out Off.
Mostra: Der Fehler fängt schon an, wenn einer sich anschickt Keilrahmen und Leinwand zu kaufen, a cura di Patrizio Peterlini. Opere della Collezione Luigi Bonotto.
11 maggio > 19 dicembre 2021.
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