A dieci mesi dalla nascita di «Machina» si propone qui un sintetico bilancio nell’inconsueta forma dell’autointervista. Chiunque fosse interessato a intervenire sull’argomento può farlo scrivendo a: machina@deriveapprodi.org
Immagine: Ernesto Tuliozi, 1983
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In quale contesto è nato il progetto della rivista?
Machina è, per chi l’ha progettata e realizzata, una risposta alle problematiche di desocializzazione poste dal primo confinamento sociale totale. In quel contesto imprevisto e inedito la comunicazione in rete subisce una obbligatoria accelerazione, ma i contenuti degli scambi scontano immediatismo emotivo, confusione, anche superficialità. Machina è una reazione a quel caos, un tentativo di mettere ordine agli scambi comunicativi in un determinato circuito di relazioni politiche e culturali. Lo strumento pensato per tentare di strutturare questa rimessa in ordine è quello classico della ricerca collettiva: la rivista-laboratorio. Si sperimentano i pezzi della macchina da costruire attraverso una gestione inusuale di Facebook. Le sezioni della rivista nascono e si definiscono così, man mano, per argomenti e autori. Dopo tre mesi di questa sperimentazione quotidiana le sezioni sono strutturate per argomenti e hanno ciascuna uno o più curatori. Si passa nel corso dell’estate alla progettazione grafica e alla realizzazione del sito di supporto. A metà settembre la macchina è pronta per la messa in moto.
Che tipo di relazione esiste tra la casa editrice DeriveApprodi e la rivista?
DeriveApprodi è l’editore della rivista. Ha conferito la direzione e il coordinamento redazionale a una persona molto giovane che lavora al progetto a tempo pieno. La rivista rispetto all’editore mantiene una piena autonomia e non funziona banalmente da promozione pubblicitaria e amplificazione della sua produzione libraria. Infatti tratta tematiche più ampie e articolate e le sue sezioni non corrispondono alle collane librarie della casa editrice.
Come si rapportano tra di loro le diverse sezioni?
Machina è come una federazione di sezioni, ciascuna con la propria programmazione indipendente, tuttavia promuove tra le sezioni commistioni e scambi, progetti editoriali congiunti e linee di riflessione e approfondimento trasversali.
In quale tipologia pensate possa rientrare la formula editoriale scelta?
Andando per esclusioni. Intanto non si tratta di una rivista accademica di professori e professorini in carriera. Non è neppure una rivista con una progettualità teorica precostituita, così come è sempre stato per le riviste più importanti dell’area teorica «operaista» e «post operaista»; rispetto a questa tradizione costituisce piuttosto una certa eresia, così come era già stato per «DeriveApprodi» rivista negli anni Novanta. E non è una rivista-giornale, espressione di una qualche micro organizzazione che fornisce informazioni e discussioni, utili s’intende, sulle cronache politiche nazionali e internazionali. Neppure vuole aggiungersi alle numerose testate culturali, istituzionali o meno, dove individualità narcisistiche si scambiano compiaciuti esercizi di belle lettere perlopiù autoreferenziali.
Machina non è niente di tutto questo, almeno nelle intenzioni. Ciascuna sezione ha una curatela che ha strutturato proprie linee di ricerca e attorno a esse ha costruito un proprio specifico ambito redazionale e autoriale. Difficile quindi definire con certezza qual è la formula editoriale della rivista, proprio perché si tratta della sperimentazione di nuove modalità e metodologie di un lavoro culturale collettivo alquanto ampio e diversificato.
Pur riservando attenzione alla produzione delle altre sezioni l’obiettivo prioritario di ciascuna di esse nella fase di avvio della rivista, che ancora perdura, è di accumulare materiali con una qualche coerenza, in modo da poter configurare man mano con sempre maggiore chiarezza il proprio progetto. Ora si è ancora nella fase di un sistematico accumulo di materiali che verranno poi assemblati in quelli che chiamiamo gli «arsenali del sapere» indispensabili alla costruzione di nuovi immaginari trasformativi. Il tutto senza fretta e senza ansie.
Quali saranno i passi successivi a quelli in corso?
Con scadenze non troppo ravvicinate sono stati organizzati momenti di confronto assembleare tra curatori delle sezioni e autori. E un momento fondamentale per la verifica dello stadio di queste configurazioni pensiamo debbano essere le «scuole di Machina», che nelle intenzioni dovrebbero in futuro essere programmate con scadenza quadrimestrale o trimestrale. Crediamo infatti siano giunte a sufficiente maturazione una serie di riflessioni sui temi che animeranno queste scuole: il lavoro nella produzione e nella riproduzione, e nello specifico il ruolo sempre più centrale della «logistica»; gli universi della formazione scolastica e universitaria e della sanità; le questioni ambientali.
Esistono uno o più stili di scrittura specifici della rivista?
Machina assume quanti più stili di scrittura possibili e diversi formati per la circolazione dei contenuti: testuali, visuali, audio. Per questo, pubblica testi narrativi e saggi, clip audio-video, foto e poesie. Non è legata ai canoni ma, con poca riverenza e molto audacia, li attraversa.
La scelta della soluzione on line esclude la possibilità di produzioni anche cartacee? No, non la esclude. Sulla base dell’esperienza e l’esempio di «alfabeta2», diretta da Nanni Balestrini, e che aveva anch’essa la sua sede redazionale presso la casa editrice DeriveApprodi, prendiamo in considerazione l’ipotesi di poter editare con scadenza annuale un «almanacco di Machina» che raccolga un’antologia di testi pubblicati on line e un dossier tematico.
Oltre a questo occorre considerare che la sezione «scavi» della rivista è andata configurandosi come una piccola casa editrice interna riuscendo fin qui a editare in formato pdf, gratuitamente scaricabile, ben 8 libri, alcuni dei quali a compendio delle pubblicazioni realizzate dalla casa editrice, come nel caso di Raniero Panzieri, Romano Alquati e Guido Bianchini.
Quali articolazioni di eventi ha al momento, e prevede di avere nel prossimo futuro, la rivista?
Con il ripristino della possibilità di una socialità «in presenza» organizzeremo i festival itineranti di Machina, sulla scorta di una vasta esperienza in merito accumulata negli scorsi lustri: i festival di DeriveApprodi, Doc(k)s (che avvierà un suo nuovo corso come associazione dal prossimo autunno), Critical wine, Critical book&wine, le fiere di Book Pride (la prima) e di Bellissima.
Come si fa a collaborare con la rivista o a proporre dei materiali?
Per collaborare con Machina basta inviare una proposta alla redazione che la valuterà insieme ai responsabili della sezione di riferimento. In questi primi mesi di vita della rivista, sono state numerose le proposte arrivate in redazione, molte delle quali hanno poi trovato pubblicazione in una delle sezioni.
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